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La comprensione cresce?

Nel Seminario avevo il compito di condurre un laboratorio il cui titolo piut­tosto esteso era: La comprensione di uno studente cresce ad ogni successivo ascolto di uno stesso brano di lingua parlata autentica? Se la risposta è affermativa fino a quante volte possiamo far riascoltare quel brano ottenendo sempre un aumen­to di comprensione? Per rispondere a queste domande dati alla mano ho regi­strato vari studenti, scelti per disponibilità, in classi di 3° livello, vale a dire persone che avessero circa 160 ore di studio. Ho proposto a ciascuno di loro di fare una lezione d’ascolto singolarmente con me e li ho informati che avrei registrato, dopo ogni successivo ascolto del brano di lingua parlata, la loro esposizione di ciò che avevano capito.

All’inizio di ciascuna lezione ho chiarito con lo studente alcuni punti che ritenevo fondamentali:

  1. Qualsiasi cosa mi fosse venuta da lui mi sarebbe andata benissimo.
  2. Avrebbe avuto da me solo segni di assenso, come fa una persona che ascolta volentieri tutto ciò che le viene riferito, quindi sarebbe toc­cato a lui, dopo ogni ascolto, confermare o rivedere quanto prece­dentemente detto.
  3. Avrebbe potuto farmi domande di vocabolario subito dopo aver ascoltato o prima di riascoltare.
  4. Avrebbe stabilito lui la fine della lezione dicendomi “Basta, non ca­pisco niente di più. Non posso aggiungere nient’altro a quanto ho detto finora”.

Il brano proposto era un’intervista radiofonica all’avvocatessa Lagostena Bassi sull’inizio della professione, le difficoltà incontrate e il racconto del suo primo processo. Durata 4 minuti circa. Nessuno studente da me registrato ha ascoltato quest’intervista meno di 5 e più di 7 volte.

Per il laboratorio del seminario internazionale ho scelto di portare la registra­zione di uno studente che mi sembrava piuttosto rappresentativo e che aveva un modo di esporre abbastanza chiaro per non stancare eccessivamente gli ascol­tatori.

Per rendere interamente partecipe il lettore di quanto presentato durante il laboratorio dovrei trascrivere l’intervista e gli interventi dello studente, ma cre­do che molti sarebbero scoraggiati dalla lunghezza dell’articolo. Tralascio allora l’intervista poiché credo che la sola trascrizione di ciò che lo studente è andato via via esponendo sia di per sé ampiamente esaustiva ai lini di quanto si vuole dimostrare.

Dopo il 1° ascolto

Era difficile. Ci sono due donne. La prima donna ascolta la seconda che era. . .boh! una. . . Ia giornata. . . e la seconda comincia di raccontarlo. lei ha cominciato una profes­sione, una professione nuova e… probabilmente, non sono sicuro, ehm… avvocata. lei parla sul giorno e l’altra donna solo di tanto in tanto interrompe la conversazione e do­manda qualcosa. E… La… una volta la prima donna che comincia domanda come… non so, se qualcosa era un po’ maschilista e lei dice di sì, è così, e anche il suo marito è un poco maschile, dice, boh! E… questo è tutto.

Dopo il 2° ascolto

Il marito è antifemminista perché lui fa il lavoro di avvocato da tanto tempo quindi ha più esperienza, ehm. . lui anche ha detto qualcosa a sua moglie che. . . non so. . . che forse non era buona la prima volta e poco dopo la donna parla credo sul… di un caso che qualcuno quasi ha cominciato di piangere e… non so “Voglio un avvocato, voglio un avvocato!” e. . . dopo lei parla sui problemi con il magistratura. . . boh, non so quali problemi ha. E. . . ah sì, lei solo. . . lei fa un caso di giustizia quando lei è convinta che è giusto difendere il cliente, quindi quando lei ha trovato se è giusto o no continua. È tutto.

Dopo il 3° ascolto

L’inizio è un poco strano perché… boh! Ok, il giorno era terribile, mentissimo e… non so, qualcuno. . . ehm. . . ho capito male un nome. Il nome è Bassi, non so quale nome è, il nome della donna o il nome di un cliente, boh. Ma lei racconta dopo del suo primo processo e probabilmente lei è l’avvocata, forse anche il giudice. Lei era avvocato, ma poco tempo dopo gli studi, quindi era praticanta, e un cliente che ha fatto un. . . che è sbaglia­to, che era… come si dice… Ok, lui non ha voluto avere la praticanta come avvocata perché è una donna, quindi. . . è il problema dell’antifemminismo. Ehm. . . sì e dopo la donna che comincia tutto domanda che per lei è un gran problema della morale giustifi­care qualcuno in un processo, quindi probabilmente anche lei è avvocata o giudice. E. .. quindi la seconda donna risponde sì, anche per lei è un problema perché di tanto in tanto la magistratura dice “Ma. . . perché lei ha fatto vincere il gruppo che. . . che era. . . ecc. ” Quindi questa è la ragione perché io penso che forse lei o l’altra donna è una giudice. Ehm. . . Si, come ho detto, quando lei è convinta lei continua il processo. Ehm.. . devo ritornare all’inizio perché il marito viene rispettato molto, sì, e anche ha detto a sua mo­glie che la moglie deve differenziarsi. Probabilmente deve. . . Così lei è come gli altri, ma lei deve essere un poco diversa. Finito

Dopo il 4° ascolto

Ok. Il primo processo era un uomo che ha commetto un reato banale, ma comunque non ha voluto avere una praticanta come avvocato. Ma la seconda donna lavora per il suo marito o ha con il suo marito una cancelleria insieme e lei ha cominciato come avvo­cata dopo e il primo processo era così che il marito ha mandato lei a un.. . a un. . . come si dice… boh, ho dimenticato. Qui lei ha pensato che lei solo deve ascoltare il caso, ma c’erano nessun avvocato quindi lei ha detto: “Ok, io posso farlo “Quindi lei vuole, “Ma io sono una praticanta” Ehm… ehm… Sì. Anche, non lo so, lei deve rispettare i con­fronti del suo marito… boh… quali confronti? Ehm… Sì, questa volta è tutto.

Dopo il 5° ascolto

Ok. Sono sicuro. È avvocata. E l’altra donna. . . boh, è un’amica. Sì. La storia con il nome è questa: il giorno era orribile perché un cliente ha parlato con lei e ha usato il nome Bassi, ma Bassi è il nome del suo marito e . . . in questo modo la sua professione ha cominciato. Perché… probabilmente il marito ha detto: “Usa il mio nome perché tu lavori in mia cancelleria” e all’inizio lei ha pensato: “Sì, perché no, perché solo è una domanda della pronuncia, ma. .. io sono io” Ma dopo un certo tempo lei ha cambia­to la mente e . . . ha pensato che così non riesce mai di avere un certo. . . una certa fama e quindi… boh, probabilmente dopo un certo tempo ha cambiato il nome.

Dopo il 6° ascolto

Sono stato sbagliato perché Bassi non è il cognome del suo marito, ma la storia è giu­sta come ho detto, ma il nome è diverso. Ma Bassi … lei ehm… era chiamata Bassi, non so di che, ma . . . anche Bassi non è il nome vero, ma era un sviluppo, adesso si chia­ma Bassi in magistratura, ma anche si. . . le dà fastidio questo fatto e anche. . . non so. . . il giorno era orribile perché c’è un caso difficilissimo. Sì, il primo processo, I’uomo ha 40 anni e quando ha visto lei ha cominciato di piangere: “Ah, io ho una famiglia, que­sta donna non può difendermi!” Sì. Ah! Mi ricordo ancora: dopo un certo tempo era necessario per la donna differenziarsi dal marito, ma io non so quale nome lei ha. No, no. Certo, lei adesso si chiama Bassi, ma non ha più il nome del suo marito. Ehm… Sì, questo è tutto. Ma è possibile solo sentire la fine? Perché alla fine sono sempre più stanco. . . e credo alla fine è più che io non ho capito, la cosa con la morale. . . sì.

Dopo aver riascoltato la parte finale

Non lo so. Sì, che lei normalmente mai ha avuto problemi con la morale e… sì, questo è tutto perché… No. Non ho, capito più.

È interessante notare come l’aumento della comprensione non si verifichi esclusivamente con

l’aggiunta di nuovi temi
alcuni esempi dal 2° l’ascolto in poi: il lavoro del marito, un caso, pro­blemi con la magistratura, la convinzione nel difendere un imputato, il nome, il primo processo, differenziarsi, la cancelleria, la pronuncia del nome

nuovi particolari
comincia a parlare del primo processo dopo il 2° ascolto “…un caso che qualcuno quasi ha cominciato di piangere. . . ” e aggiunge particolari, defi­nendolo meglio come “primo processo”, dopo il 3° ascolto, dopo il 4°, dopo il 6°; la questione del nome, emersa dopo il 3° ascolto, si arric­chisce di particolari dopo il 5° e il 6° ascolto; il tema del maschilismo ‑ antifemminismo enunciato dopo il 1° ascolto si definisce meglio do­po il 3°, ecc.

ma anche con conferme di quanto precedentemente detto
dopo il 3° e 6° ascolto “. ..come ho detto, quando lei è convinta. . . “, “. . . Ma la storia è giusta come ho detto”; dopo il 5° ascolto “Ok. Sono sicuro. È avvocata. “; dopo aver riascoltato la parte finale “Sì, che lei normalmen­te mai ha avuto problemi con la morale”

e con smentite e correzioni
dopo il 3° ascolto “. . . devo ritornare all’inizio perché il marito. . . ” poiché la prima informazione che aveva capito sul “marito” era negativa, o dopo il 2° ascolto “Sono stato sbagliato perché Bassi non è il cognome del suo marito”.

Vale la pena ora soffermarsi sul numero di volte che questo studente ha ria­scoltato: quasi 7, inoltre, come ho detto precedentemente, nessuna delle perso­ne da me registrate ha ascoltato meno di 5 volte. Molti dei partecipanti al laboratorio hanno detto di non riuscire a far accettare ai propri studenti di ria­scoltare per più di 3 volte lo stesso brano.

Gli studenti che ho registrato non li ho scelti dalle mie classi, ma, con il crite­rio già descritto, da classi di miei colleghi, alla Dilit. È possibile che questi colle­ghi siano particolarmente bravi a convincere gli studenti del gran salto di qualità, del gran progresso che si può fare disponendosi all’ascolto con la voglia di trarre da quel brano di lingua autentica quanto più è possibile. Ciò di cui sono sicura però è che i miei colleghi sono convinti che il tempo passato a lavorare in quel modo è assolutamente proficuo.

È questa, secondo me, la soluzione al problema. Parlando di 6 o 7 ascolti una collega partecipante al laboratorio molto sinceramente ha detto: “Sì, ma io devo pur fare lezione!” È chiaro che se un insegnante dubita che il lavoro che lo studente fa in classe, durante una lezione di ascolto, dove mette in campo, alternandole, diverse abilità, dall’ascolto del brano da capire all’organizzazione di quanto capito per esporlo al compagno, dall’ascolto di quanto il compagno ha capito alla negoziazione per la scelta delle informazioni‑chiave come base su cui continuare a costruire, tutto nella lingua che sta studiando, dico, se un inse­gnante dubita che questo lavoro esclusivamente degli studenti, sia da ritenere meno utile, meno importante, meno proficuo del proprio ‘far lezione’ allora sì che è difficile attuarlo e convincere gli studenti dell’utilità, dell’importanza di un tale lavoro.

Ma qual è il vero problema? Forse è questo: durante una lezione d’ascolto l’insegnante è in disparte, fa da ‘tecnico del suono’ e, forse, da ‘vocabolario’. E un po’ difficile rinunciare al ruolo centrale che l’insegnante ha sempre avuto e accettare la centralità dello studente’. Credo che sia necessario riflettere un po’ su questo: sono gli studenti che non vogliono ascoltare più di tanto o siamo noi insegnanti che mentre loro lavorano sodo ci sentiamo dentro quel sottile senso d inutilità?