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La Ricostruzione di conversazione non funziona con tutte le classi, vero?

[N.d.r. come contributo alla risposta al quesito espresso nel titolo, pubblichiamo volentieri le parole di Antonio Arrivabene arrivateci tramite due email: una prima e l’altra dopo un’esperienza in classe.]

Prima dell’esperienza in classe

Ciao Christopher,

(…)

Attualmente mi trovo in Australia, a Melbourne. Sto facendo alcuni colloqui di lavoro e inizierò a insegnare in alcune scuole tra qualche giorno. Non conosco ancora i miei studenti. L’unica cosa che so di loro, oltre al loro presunto livello di competenza, è che si tratta di studenti anglofoni adulti che parlano, quasi tutti, solo la loro lingua madre.

In tutti i colloqui i miei intervistatori (direttori delle scuole e insegnanti loro stessi) mi ripetono che 1) gli studenti non sanno la grammatica della loro lingua madre perché non l’hanno mai studiata a scuola e quindi non sanno cosa significano i termini verbo, articolo, pronome, avverbio, ecc.; 2) che lavorano durante il giorno, che le loro lezioni serali sono spesso un passatempo e che vogliono divertirsi.

(…)

Dopo l’esperienza in classe

Ciao Christopher,

ti scrivo per comunicarti le reazioni dei miei studenti alla Ricostruzione di conversazione.

Innanzitutto una premessa. Devo imparare a non dare sempre retta alle convinzioni di molti direttori sugli studenti (incluse anche le mie a volte). Non conosco ancora bene i miei studenti, ma non credo che vogliano soltanto divertirsi. Se da un lato è vero che 3-4 classi abbinano questo appuntamento settimanale dell’italiano con un momento di relax e divertimento (alcune classi banchettano con vino e stuzzichini; ma ho anche notato che la presa che vino e stuzzichini hanno sugli studenti, diminuisce o scompare grazie al coinvolgimento dell’attività; durante la RC, per esempio, o durante un gioco nessuno studente ha mai sentito il bisogno di alzarsi e prendere qualcosa da mangiare o bere). Dall’altro lato a un mio sondaggio (in forma orale e scritta) hanno tutti dichiarato che vogliono curare tutte e 4 le abilità, la grammatica, la pronuncia e che vogliono viaggiare in Italia.

Per quanto riguarda la programmazione, quindi, seguirò la pista che suggerisci nei tuoi articoli Come insegnare una lingua straniera a principianti che studiano un’ora e mezza la settimana? e La programmazione e cercherò di proporre sempre una Ricostruzione di conversazione e un gioco.

E veniamo alla Ricostruzione di conversazione.

Come sempre la Ricostruzione di conversazione è un gran successo. È un gran successo in termini di divertimento e passione da parte degli studenti, coinvolgimento, impegno, attività mentale.

Ho provato a proporre la forma piena della RC, ma nello stesso tempo ho dovuto tenere in conto dei tuoi suggerimenti aiutando in alcuni casi gli studenti.

All’inizio gli studenti sono spaesati. Non sanno dove vuole condurli l’insegnante. Non hanno chiaro qual è l’obiettivo e qual è l’attività. Durante l’attività nascono spontaneamente delle domande e delle richieste di chiarimenti che io, gentilmente, rinvio con un gesto che vuol dire “ne parliamo dopo”.

Ho quindi ritenuto opportuno (ma penso sia uno dei vostri consigli che ho letto nel Bollettino o negli Atti dei seminari, non ricordo) aprire dopo l’attività una fase di discussione in plenaria. Forse ne sentivo io il bisogno, ma nello stesso tempo era giusto e doveroso nei confronti degli studenti rispondere alle loro domande alle quali io, durante l’attività, non avevo potuto rispondere.

Gli studenti per esempio non capivano perché, alla mia richiesta “Che dice?”, io richiedessi di far ripetere alcune volte (3 volte) l’ipotesi di uno studente. In particolare restavano interdetti quando questa ipotesi era grammaticalmente sbagliata e io, nonostante ciò, la mettevo in circolo (cioè la facevo ripetere). Il loro stupore era poi massimo soprattutto quando un altro studente (non l’autore della frase sbagliata) correggeva la frase sbagliata nel corso delle tre ripetizioni e io, invece di tenere in conto della correzione e della nuova frase, chiedevo invece di ripetere la prima ipotesi, cioè quella sbagliata. Le loro obiezioni erano: ma così imparo un errore; io l’avevo già corretta e tu ce l’hai fatta ripetere.

Ho risposto che lo faccio per due motivi: 1) non posso ignorare l’ipotesi di uno studente ma è importante per me tenerne conto; 2) la ripetizione e la messa in circolo di questa ipotesi “sbagliata” (nonostante già alla prima richiesta di ripetizione qualcuno l’abbia corretta) servono sia allo studente che ha lanciato la sua ipotesi sia agli altri studenti che ascoltano perché quando l’insegnante stringe l’obiettivo sulla parte grammaticalmente sbagliata è possibile che tutti (non solo lo studente che ha lanciato l’ipotesi) ne diventino consapevoli. Ogni ipotesi diventa così strumento e occasione di lavoro e di consapevolezza: sul lessico, sulla grammatica, sulla pronuncia. Se invece avessi subito accolto la tua correzione non sarei stato giusto con l’altro studente (quello dell’ipotesi sbagliata) e non avrei consentito un focus e una vostra consapevolezza su certi aspetti della lingua. Se la tua nuova ipotesi fosse stata accolta, oltre a commettere uno sgarbo nei confronti dell’altro studente che si sarebbe visto così ignorato, nessuno avrebbe compreso quale salto era stato fatto, come e perché.

In realtà, nonostante la discussione in plenaria, molti dei loro dubbi si erano già dissolti al termine dell’attività stessa. Come spesso succede con altri studenti con la RC, vedere realizzata in forma scritta alla lavagna la conversazione che con fatica avevano ricostruito, li ha incantati per un po’ di tempo durante il quale hanno studiato e letto più volte la conversazione alla lavagna.

Ho chiesto agli studenti cosa secondo loro avevano fatto in quei 40 minuti, se avevano fatto grammatica, se avevano lavorato sulla loro pronuncia, se avevano fatto l’esperienza di nuovo lessico e modi di dire, soprattutto se pensavano che questa è la vera lingua con cui parlano gli italiani. Con gli occhi ancora alla lavagna hanno tutti annuito e detto di sì. Molti dei commenti in aria erano “Ora ho capito”, “Questo lavoro ci serve”, “Mi ha fatto pensare molto”.

Grazie per tutto.

A presto,

Antonio