La Ricostruzione di conversazione con gruppi numerosi di principianti, una sfida possibile?
Da nove anni collaboro con un’Accademia internazionale di Design organizzando e gestendo i corsi di italiano offerti agli studenti. Ho iniziato questa esperienza pochi mesi dopo il conseguimento del mio diploma Dilit e ho da subito portato all’interno delle classi quanto appreso durante la formazione, Ricostruzione di conversazione in primis.
I corsi di italiano consistono in due ore settimanali e sono opzionali. Fortunatamente, molti studenti desiderano acquisire abilità che gli permettano di interagire con i madrelingua nella vita quotidiana e si iscrivono al corso con motivazione. La natura dell’Istituto non offre però la possibilità di formare classi eccessivamente omogenee e dunque la mia normale esperienza è trovarmi di fronte principianti assoluti uniti a falsi principianti, anche con differenze notevoli dovute alla lingua di origine.
Nei miei primi anni di lavoro i gruppi non superavano mediamente i 15 partecipanti, dunque ho potuto applicare senza grosse difficoltà quanto da me appreso durante la mia formazione. Parallelamente allo sviluppo dell’Accademia è cresciuto anche il numero degli studenti e dei partecipanti alle mie lezioni. Ciò di cui vorrei trattare è dunque quanto emerso a partire dal primo semestre in cui sono stato informato che avrei trovato di fronte a me più di 40 persone classificate come principianti.
Dopo un’iniziale momento di dubbio ho deciso di provare a non stravolgere il mio approccio, memore di quanto ci era stato suggerito durante il mese a Roma e i successivi seminari a cui ho partecipato. Da quel giorno sono passati alcuni anni e tante delle mie perplessità si sono sciolte. Vorrei perciò presentare le problematiche che ho affrontato e le lezioni che credo di aver appreso, sperando di stimolare il contributo di altri colleghi.
L’uso della L1: il corso di italiano è l’unico nell’Accademia a non essere svolto in lingua inglese, e perciò uno dei pochi momenti di immersione totale nella L2 per la maggioranza delle persone in classe. Nella fase di presentazione dell’attività è necessario affrontare come sempre il problema di rendere chiaro il più possibile quello che cominceremo a fare. Mostro che mimerò la conversazione tra un gruppo di parlanti. Introduco la domanda “Che dice?” utilizzando un disegno alla lavagna relativo a una situazione nota (per esempio una persona che ne saluta un’altra): almeno uno studente di solito è capace di fornire una risposta e in questo modo di generare un esempio della Ricostruzione stessa. Talvolta accade che qualcuno, generalmente seduto molto lontano e spesso con una lingua madre molto distante dalla L2, si trovi già in difficoltà. La mia esperienza mostra come gli altri studenti cercheranno di aiutarlo e in breve tempo sarà possibile iniziare l’attività vera e propria. Ovviamente talvolta può capitare che sia io a usare la tecnica “sandwich” ma la metodologia che ho suggerito quasi sempre funziona e favorisce il clima di integrazione delle conoscenze tra pari lasciando all’insegnante il solo compito di regolare lo scambio in modo ordinato.
Lo spazio della classe: la classe in cui lavoro è piuttosto affollata e spostare tutti i tavoli presenti non è materialmente possibile, dunque l’organizzazione dello spazio tende a non mutare in occasione dell’attività. Cerco di spostarmi nella classe durante la ripetizione degli enunciati proposti dagli studenti o il lavoro muscolare per avere la possibilità di ridurre l’isolamento di alcune zone. Dopo la fine dell’attività tendo a proporre subito una produzione orale basata su quanto presentato e in questa fase spingo gli studenti a sfruttare l’intero spazio a disposizione muovendosi nell’aula e creando un contesto comunicativo per loro soddisfacente.
Presentazione della situazione e degli atti linguistici: in una classe di oltre 40 persone anche solo permettere a tutti di vedere ciò che succede lontano dal proprio posto rappresenta un problema. Non volendo utilizzare esclusivamente disegni mi sono reso conto che il gesto mimico non sempre basta. Mi sono affidato soprattutto alla caratterizzazione dei parlanti attraverso oggetti di vario tipo (abiti, strumenti di lavoro, accessori) e la definizione di “tipi” ben identificabili. Tutto ciò permette di ottenere due risultati inestimabili: il divertimento e la curiosità. L’attenzione rimane sempre alta, e non sempre altre attività riescono a produrre questo effetto in gruppi così ampi.
La ricostruzione: una volta introdotto l’atto comunicativo e fatto comprendere quale sia l’intenzione del parlante mi sono trovato di fronte a scenari abbastanza canonici, due dei quali, in un contesto così numeroso, potenzialmente problematici. Ipotizziamo per semplicità che l’atto comunicativo sia “Di dove sei?”:
- uno studente propone la propria ipotesi in L1, ovvero domanda “Come si dice “Where are you from?”. Anche in questo caso faccio ripetere l’enunciato ad altri studenti per assicurarmi che quanto detto sia stato effettivamente udito da tutti ed evitare il brusio di gruppi di studenti che cercano di verificare se quello che pensano di aver sentito sia effettivamente l’oggetto del nostro lavoro. A questo punto procedo normalmente con la modalità di esecuzione canonica.
- uno studente, che so possedere un’interlingua molto superiore di quella dei compagni ma per il quale non abbiamo un gruppo di livello adeguato, propone l’intero atto correttamente in L2. A questo punto alcuni studenti tendono a temere di non capire niente e a perdere l’interesse per lo sviluppo della ricostruzione. In uno spazio così grande è complesso valutare se ciò stia succedendo. Iniziare con la fase della ripetizione dell’enunciato da parte di altri studenti non sempre ha l’effetto sperato di riportare lo studente alla complicità con i propri compagni. Anche in questo caso però l’aiuto arriva spesso da altri elementi del gruppo. La mia esperienza mostra come, nelle prime lezioni dei principianti, questo processo tra pari possa non sortire gli effetti sperati a causa della differenza troppo accentuata tra studenti differenti. Ovviamente con il passare di poche lezioni questa situazione tende a scomparire. Talvolta mi è capitato, in casi di forte tensione, di proporre una ricostruzione dell’enunciato proposto in L2 a partire dall’ipotesi a tutti chiara in L1, ma la soluzione è ovviamente discutibile: esperienze e suggerimenti di altri colleghi sarebbero di grande utilità.
La successiva fase muscolare è sempre molto apprezzata e fornisce un momento di divertimento dopo lo sforzo della ricostruzione vera e propria. La possibilità di riuscire a esprimere un atto linguistico per loro importante come farebbe un vero madrelingua è fonte di grande soddisfazione, di scoperta e di risate. Credo che sia proprio questo il momento che non dobbiamo trascurare o trattare di fretta.
Dopo la conclusione: finita la fase di copiatura della conversazione ricostruita e la successiva riflessione grammaticale ho visto che risulta utile proporre immediatamente una produzione orale libera che possa permettere, se desiderato, di utilizzare quanto presentato. La possibilità per gli studenti di mettere alla prova tra pari quanto ritengono di aver imparato permette di concludere la lezione con una certa gratificazione anche a chi ha sofferto maggiormente l’attività.
In sintesi, nella mia esperienza, la Ricostruzione di conversazione ha, anche in classi molto numerose, un grande apprezzamento e spesso gli studenti propongono altre situazioni comunicative di loro interesse per le lezioni successive.