Analisi del discorso orale (detto anche “ascolto analitico”)
In base a quanto esposto nell’articolo precedente occorre concepire un ulteriore tipo di attività che, utilizzando un brano registrato di lingua parlata autentica, porti lo studente ad analizzare le forme linguistiche in esso presenti. Per forme si intendono morfosintassi, fonologia e lessico. Un’attività radicalmente diversa, quindi, dal tipo di attività di ascolto proposto da Rita Luzi Catizone (in Bollettino Dilit, 1980, n° 3), il quale favoriva l'”acquisizione”. Il presente articolo, invece, tratta attività che favoriscono l'”apprendimento”. Qui di seguito ne viene descritto un esempio che chiamiamo Puzzle linguistico per motivi che diventeranno ovvi durante l’esposizione.
La prima cosa da fare è selezionare il brano registrato da portare in classe. Come abbiamo sostenuto ripetutamente per altre attività, il materiale deve essere autentico e rappresentare una vicenda comunicativa alla quale presumibilmente gli studenti parteciperanno in un contesto reale. Nella maggior parte dei casi si tratterà di una conversazione. Siccome prendere come punto di partenza le forme e non i significati sarebbe cadere negli errori di approcci precedenti, è necessario che la registrazione sia già stata oggetto di un’attività di ascolto normale (come viene descritta, per esempio, da Piero Catizone in Bollettino Dilit, 1980, n° 3) in modo che gli studenti abbiano un’idea di che cosa viene detto, prima di concentrarsi su come viene detto (l’obiettivo del nostro esempio). Da una conversazione, quindi, che durava ad esempio 5 minuti, si seleziona un brano di circa 20 secondi per quest’attività di “analisi del discorso orale”. Questo brano sarà il materiale per un’attività che durerà da 30 a 45 minuti.
In classe è necessario fare agli studenti il seguente discorso (che può essere o scritto nella lingua madre degli studenti o in italiano, oppure fatto a voce dall’insegnante con l’aiuto di disegni alla lavagna):
“Quello che vedi è un puzzle; avrai senz’altro fatto o provato a fare un puzzle nella tua vita. Come si procede nella costruzione di un puzzle? Sapendo che si deve arrivare alla composizione di una figura completa, si parte collocando sul tavolo gli elementi che più facilmente si riescono ad individuare; e ogni pezzetto collocato aiuta (provando e scartando soluzioni) a collocarne altri. In questo modo il giocatore procede alla composizione della figura.
Perché parliamo di questo? Perché lo stesso procedimento dovresti applicarlo nell’attività che adesso ti proporrò. Ti farò sentire una volta uno scambio di battute estratto da una conversazione autentica. Le parole di questo brano sono come i pezzi del puzzle: alcune facilmente individuabili, altre meno. La pagina bianca del tuo quaderno è come il tavolo su cui vengono appoggiati i pezzi del puzzle. Su questa pagina collocherai alcune delle parole che durante l’ascolto riuscirai a individuare. Non collocare però queste parole l’una dietro l’altra, ma lascia abbondanti spazi per quelle che ancora mancano. Dovresti arrivare a un risultato di questo tipo:
In seguito riascolterai altre volte il brano e ciò permetterà di aggiungere altre parole”.
Fatto questo discorso, si tratta di far ascoltare la registrazione una quindicina di volte (anche di più se gli studenti lo richiedono). Dopodiché bisogna fare un altro discorso agli studenti; del tipo di quello che segue:
“A questo punto inizia un’altra fase. Ricordandoti che hai ascoltato un brano di conversazione autentica, e quindi con un senso, gli elementi sparsi sulla tua pagina dovrebbero farti immaginare il quadro generale. Questo quadro generale dovrebbe a sua volta portarti a tentare delle ipotesi a proposito di alcuni dei pezzi mancanti. Per far questo terrai conto naturalmente della logica grammaticale e del contesto. Questa è la parte più importante dell’attività: è un lavoro di analisi del discorso. Oltre ad aggiungere delle parole che ritieni appropriate, secondo il senso e la correttezza grammaticale, dovresti controllare che ciò che hai già scritto sia appropriato seguendo gli stessi criteri. Facciamo l’ipotesi, per esempio, che nella prima fase seguendo solo ciò che ti ha portato l’orecchio, tu abbia scritto: ‘Paolo è andata a casa’. Grammaticalmente questa frase non è accettabile. Il soggetto ‘Paolo’, essendo maschile, non può reggere un participio passato al femminile: ‘andata’. Va corretto quindi in ‘andato’. Oppure se hai scritto ‘La morte della madre gli ha provocato una forte mozione e si è chiuso in camera senza parlare con nessuno per 24 ore’, la riflessione dovrebbe portarti a capire che la parola ‘mozione’ non c’entra; ‘emozione’ però sì. Quindi va riscritto ‘forte emozione’ per dare un senso alla frase. Ricordati: quando l’orecchio e la logica sono in disaccordo, deve vincere la logica”.
Gli studenti si mettono al lavoro. Appena qualcuno dà segno di non poter migliorare ulteriormente il suo testo, si fa ascoltare di nuovo la registrazione. Il confronto fra “ipotesi” ed “orecchio” porterà a qualche miglioramento del testo. Si passa poi alla fase di consultazione. Bisogna disporre gli studenti in gruppi di tre (più di tre renderebbe difficile vedere il testo dei compagni) e dare il compito di consultarsi sui rispettivi testi. Appena un gruppo ha finito, viene fatta riascoltare la registrazione; quindi, una nuova consultazione.
Poi ogni gruppo deve assegnare a caso i numeri 1,2,3 ai suoi tre membri. Successivamente il numero 3 di ogni gruppo deve spostarsi dal suo gruppo a quello vicino. Quindi, con i gruppi così ricomposti, si riascolta la registrazione e si riprende la consultazione.
Fino a questo punto gli studenti hanno interagito fra di loro e dovrebbero aver sfruttato meglio le loro conoscenze. L’insegnante si sarà limitato a sollecitare ogni tanto sia a fare ipotesi in base alla logica sia ad inventare cose fantasiose piuttosto che lasciare spazi bianchi nel testo.
Per la fase finale, però, l’attenzione si centra sull’insegnante. Richiamata l’attenzione di tutti, l’insegnante chiede ad uno studente qualsiasi di dettare le parole che precedono e quelle che seguono un punto del testo che rappresenta per lui un problema. L’insegnante lo scrive alla lavagna usando linee tratteggiate per isolare il problema. Per esempio:
Così eventualmente | no tre | cose possiamo vedere in seme.
La frase della registrazione è:
“Così eventualmente se ci sono altre cose possiamo vederle insieme”.
Ciò vuol dire che lo studente ha avvertito certi problemi e non altri. L’insegnante sottolinea subito le parti corrette ed isola le altre con ulteriori linee tratteggiate e punti interrogativi, così:
Così eventualmente I no tre | cose possiamo | vedere in seme
L’insegnante trova la frase del brano registrato, la fa ascoltare 5 o 6 volte di seguito e chiede se qualcuno può apportare qualche miglioramento. Eventualmente lo aggiunge nello schema. Poi l’insegnante sceglie una parte della frase da analizzare. Per esempio punta sulla parola prima di “cose”. “‘Cose’ è un verbo, aggettivo o cosa?”, chiede. “È un sostantivo”, dice uno studente. “D’accordo. Questo ‘tre’ è l’ultima parte di una parola. Quale parte del discorso può essere questa parola affiancata ad un sostantivo?”.
“Un aggettivo, anche perché la desinenza è uguale a quella del sostantivo”.
“D’accordo. Quale aggettivo può essere?”. E fa ascoltare altre 5 o 6 volte il pezzo. Se uno studente lo dice l’insegnante lo scrive, lo sottolinea, cancella la linea tratteggiata e ne disegna un’altra prima di “altre”. Pone l’attenzione su “vedere”. “Il verbo è giusto ma c’è qualcosa che manca”. Silenzio. Ci riprova: “La frase è formata da due proposizioni; la seconda inizia con ‘possiamo’. Qual è l’oggetto diretto di ‘possiamo vedere’?”.
“Altre cose”.
“Concettualmente sì. Ma ‘altre cose’ sono già state nominate; quindi…?”.
“Pronome”.
“Sì. Allora?”.
“Le”.
“Sì. Dove?”.
“Possiamo vederle”.
E la frase viene modificata come sopra. L’insegnante va avanti: “‘In seme’ è una sola parola”. Fa riascoltare più volte.
“Insieme”.
“Sì”. La frase si modifica.
A volte non c’è modo di far arrivare gli studenti alla parola voluta. In questo caso è l’insegnante che fornisce la parola. Ogni parola acquisita aiuta a fare ipotesi sulle altre.
Completata la frase, l’insegnante chiede ad un altro studente di riferire un suo problema e il procedimento sopradescritto viene ripetuto. E così via. Di solito non c’è il tempo di risolvere tutti i problemi. Non importa: è il processo che conta, non il prodotto finale.