Al ristorante: esempio di Produzione libera orale
La mia classe era composta da 13 studenti di varie nazionalità. Il corso era iniziato da 12 ore durante le quali erano state affrontate diverse attività: costruzioni di conversazione, esercitazioni, ascolti, letture. Dopo la prima parte della lezione, ho invitato gli studenti a liberare i banchi da tutto (libri, quaderni, penne). Poi, attirata la loro attenzione, ho spiegato che avrebbero affrontato una nuova attività: la Produzione libera orale. Essi, cioè, avrebbero dovuto produrre liberamente (ho insistito molto su questo punto) una piccola scena. Durante questo esercizio si sarebbero espressi solo oralmente, senza scrivere nulla. Ciò spiegato, ho dato il tema della produzione libera. Dovevano immaginare di essere in un ristorante, alcuni erano amici seduti ai tavoli, altri camerieri. Per rendere tutto più chiaro, e per farli calare maggiormente nella parte da interpretare, via via che parlavo, illustravo la scena sulla lavagna:
Il tempo di esecuzione concesso era di 15 minuti esatti. Ho, quindi, domandato agli studenti se avessero capito e, avutane conferma, mi sono avvicinata ad essi per creare dei gruppi. Ho così suddiviso la classe, che era disposta in semicerchio avanti a me, in 3 cerchi costituiti da 3 persone e in 1 da quattro. Ciò facendo, dicevo che uno di loro a piacere era il cameriere e gli altri i clienti. Dato il via al lavoro, mi sono ritirata in un angolo dell’aula, non senza, però, aver avvisato che ero a disposizione di chi avesse bisogno di aiuto.
Stando in disparte, ho lasciato trascorrere 5 minuti; poi, mi sono avvicinata, a turno, ad ogni gruppo. Domandavo chi dei componenti impersonasse il cameriere, lo facevo alzare e gli mettevo al braccio un panno e gli davo carta e penna.
Lo scopo, prefisso e raggiunto, di questi miei gesti è stato un immediato passaggio da una fase di lavoro un po’ astratta ad una immedesimazione totale degli studenti nella vicenda da interpretare. Tanto che essi hanno quasi sentito l’esigenza di avere a disposizione i menù, che ho distribuito, uno per gruppo, in un secondo giro. Mi sono nuovamente ritirata in un angolo.
Mentre gli studenti continuavano a lavorare, rispondevo alle richieste di spiegazione di vocaboli o di strutture grammaticali che qualcuno mi domandava e intervenivo, se era necessario, a richiamare all’ordine coloro che dimenticavano la “regola del gioco”, cioè che la lingua da usare era solo l’italiano.
Scaduto il quarto d’ora previsto, durante il quale tutti si erano impegnati con entusiasmo, ho dato lo stop. Ho fatto di nuovo disporre la classe in semicerchio di fronte a me. Quindi ho scelto, a caso, un gruppo e l’ho invitato a venire in mezzo all’aula, dove avevo predisposto la scena (un tavolo con dei bicchieri e delle sedie), per recitare la propria produzione. Per sottolineare che erano padroni di muoversi in piena libertà, mi sono ritirata ad una estremità dell’aula e ho assistito, assieme al resto della classe, alla rappresentazione.
Gli studenti “attori”, usando elementi venuti fuori durante la fase preparatoria, e non solo quelli, hanno dato vita indisturbati ad una intera vicenda comunicativa assai credibile. È ovvio che, dato il loro livello, la recitazione fosse talora esitante, che i vocaboli fossero talvolta inappropriati o inventati e che le strutture grammaticali spesso non fossero corrette, ma l’interpretazione non ha mai perso di efficacia.
Il resto della classe assisteva divertita e interessata e, alla fine della recita, è bastato un mio piccolo cenno perché tutti cominciassero ad applaudire calorosamente.
L’applauso ha avuto sugli “attori” un effetto gratificante e quasi liberatorio. Mentre essi ritornavano al posto, ho immediatamente scelto un altro gruppo, e così ho proseguito fino alla scadenza del tempo previsto.
L’attività è durata in tutto 45 minuti. Tutti gli studenti hanno lavorato con molto impegno, pur divertendosi, e hanno potuto constatare il progresso ottenuto in sole 12 ore di corso.