Un esempio di Lettura autentica
Tre settimane fa mi sono trovato a fare in classe un esercizio di Lettura autentica di cui più in là offrirò la documentazione.
La classe era composta da 10 studenti con alle spalle più o meno 160 ore di corso. Ma, prima di passare al dettaglio descrittivo della lezione, vorrei dire subito perché ho fatto questo tipo d’esercizio di lettura (esercizio basato sull’offerta di 3 interpretazioni per ogni parola o enunciato, una sola delle quali risultava giusta).
Per me “lettura autentica” vuoi dire scorrere il brano tutto d’un fiato e cogliere il maggior numero d’informazioni. Ciò che va dunque evitato è quello stare lì a compitare parola per parola come se si trattasse di una traduzione. Cosa vogliamo da un articolo di giornale? Le informazioni, no? E allora bisogna spingere lo studente in quella direzione, ad assorbire, cioè, la maggiore quantità di dati informativi stampati su un pezzo di carta, piuttosto che lasciarlo lì, con un dizionario, a fare una sorta di compito in classe. Infatti, io, durante questa lezione, ho tassativamente proibito l’uso del dizionario, perché mi interessava principalmente una cosa: che gli studenti si esercitassero a trovare il significato di una nuova parola o di un nuovo enunciato, deducendolo da possibili ipotesi formulate, scartando man mano le più improbabili e scegliendo alla fine la soluzione più pertinente. Ho voluto, insomma, sviluppare nello studente la positiva, proficua tendenza a valorizzare al massimo la contestualizzazione di tutto ciò che è nuovo, a collocare quindi il dato sconosciuto in un panorama più ampio di altri dati più noti, i quali da soli avrebbero contribuito a portare luce là dove prima c’era ombra di dubbio. Non è facile all’inizio convincere un gruppo di persone a lavorare in questo modo. Ciò che occorre all’insegnante, a mio avviso, è mostrare un’incrollabile fede nella bontà dell’operazione, e poi scegliere un brano stimolante, attuale, e che presenti difficoltà in linea con il grado di competenza linguistica raggiunto mediamente dal gruppo: perciò un brano né troppo facile né troppo difficile, però autentico. Passo ora a descrivere la lezione. Ho distribuito il seguente materiale:
FOGLIO LAVORO
- hanno catalizzato l’interesse
- hanno organizzato…
- hanno deluso…
- hanno attirato…
- sfociate in…
- terminate per sempre
- che hanno avuto come conseguenza
- che non sono piaciute
- sala gremita
- nuova
- piena
- non ben riscaldata
- suggellata
- suggerita
- succhiata
- sottolineata
- falsi preconcetti
- false previsioni
- falsi pregiudizi
- false ideologie
- attinenti
- che preoccupano
- che riguardano
- che significano poco
- bruscamente
- all’improvviso
- con rabbia repressa
- dolcemente
- cogliere tutti i risvolti
- capire al volo i particolari
- toccare cose delicate
- mettere in evidenza i difetti
- inteneriscono
- rendono forte
- addolciscono
- rendono debole
- breve prologo
- discorso introduttivo
- discorso celebrativo
- dialogo appassionato
- stretta collaboratrice
- severa…
- vicina…
- violenta…
- lo sgomento
- paura, angoscia
- momento magico
- momento di attesa
- successivo
- che viene prima
- che viene dopo
- che succede spesso
- richiami
- voci
- echi
- riferimenti
- agevolmente
- esattamente
- facilmente, comodamente
- distintamente
Premesso che era vietato l’uso del dizionario, ho diviso la classe in due squadre di 5 persone ciascuna, che lavoravano in circolo ad una distanza di 3 metri circa l’una dall’altra. Ho attribuito a ciascuna squadra, che per l’occasione prendeva il nome di un club calcistico, Roma e Juve, un credito di 20 punti scrivendo i nomi delle squadre e i punti di credito sulla lavagna. Il gioco consisteva nel conservare intatti i 20 punti nell’ipotesi ottimale o, quantomeno, di finire la gara con un’erosione minima del punteggio iniziale. Regolamento del gioco: ogni soluzione esatta otteneva una penalità zero, ogni soluzione errata 1. C’era poi una clausola: ogni gruppo poteva, a suo rischio, chiedermi il significato di parole non sottolineate, sapendo però che per ogni domanda si andava a perdere mezzo punto di credito iniziale. Ogni richiesta doveva essere fatta privatamente da ciascuna squadra evitando che l’altra sentisse. La lettura ufficiale del regolamento più un mio preambolo, che montava una certa atmosfera sportivamente competitiva, contribuivano a rendere l’atmosfera frizzante e gli studenti interessati a lavorare bene. Ma andiamo avanti.
A questo punto ho pregato gli studenti di dare una prima scorsa all’articolo, così, per farsene un’idea generale. Ovviamente quando parlo di lettura intendo parlare di un’attività degli occhi e quindi non ad alta voce. Sono poi cominciati i turni di lettura veri e propri. Ne avevamo concordati cinque con entrambe le squadre, con la possibilità, all’occorrenza, di farne una o due in più. Ogni volta che una delle due squadre terminava di leggere il brano io mi avvicinavo per vedere se c’erano le famose domande da “meno mezzo punto”. Sembra incredibile: ogni squadra tendeva a conservare intatto il punteggio iniziale e alla fine delle letture nessuno aveva usufruito della famosa clausola. Notavo che la discussione era animatissima all’interno di ciascun gruppo per decidere quale delle tre soluzioni offerte fosse quella ottimale. Succedeva inoltre che alcuni, per sostenere la validità delle loro tesi, proponevano una rilettura parziale mostrando al resto del gruppo che quel periodo “filava” meglio con un certo tipo di scelta piuttosto che con un altro. In poche parole “si stava lavorando”.
Dopo le 5 letture concordate si passava alla gara vera e propria. I due capitani dicevano ad alta voce le soluzioni, una per una. A chi non dava la soluzione giusta io sottraevo un punto riscrivendo sulla lavagna i punteggi aggiornati. A volte era necessario ch’io chiarissi il perché di una certa soluzione riguardo a casi contestati; ma è successo solo un paio di volte. Per la cronaca, la gara si chiudeva con la vittoria della Juve per 16 a 14.
Comunque, al di là del pretesto pseudo-sportivo, la cosa che più mi ha soddisfatto è stato il fatto di aver potuto lavorare proficuamente per circa 40 minuti “senza dizionario” e soprattutto “senza fare domande all’insegnante”, benché fossero previste dal regolamento.
Ho inoltre accertato che le informazioni che l’articolo conteneva sono state pressoché totalmente assorbite dagli studenti.
Dalla Repubblica – Maggio ’85
“Je vous salue, Marie”
esprime una costante tensione del regista verso la rappresentazione dell’Assoluto
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
BERLINO. Secondo le previsioni, la presenza di Jean Luc Godard e la presentazione, sotto bandiera franco-svizzera, del suo controverso film Je vous salue, Marie hanno catalizzato l’interesse della giornata di ieri al Festival. A dispetto del “caso” suscitato circa un mese fa alla prima parigina, con pioggia di denunce e clamorose proteste da parte di due organizzazioni cattoliche, poi sfociate in reazioni anche più violente tra infocate invettive contro il regista, che avrebbe osato intaccare il più sacro dei miti religiosi, quello dell’Immacolata Concezione, a Berlino tutto si è svolto pacificamente e senza scandalo. Sala gremita allo Zoo-Palast, fin dalla prima proiezione del mattino, durante la quale non si sono avvertiti contrasti di alcun genere e alla fine suggellata da unanimi ovazioni, poi accentuatesi all’incontro con l’autore in una affollatissima conferenza-stampa, perlopiù condotta su un florilegio di elogi ai nuovi territori espressivi esplorati da Godard.
Che cosa aggiungere ora su “Je vous salue, Marie”, dopo quanto il “Corriere” ha già ampiamente riferito nelle sue corrispondenze da Parigi? Anzitutto che soltanto il cattolico che non ha visto il film può essere mosso ad indignarsi per falsi preconcetti, dato che non ci si può sottrarre alla costante tensione dell’autore verso la rappresentazione dell’assoluto e dell’inconoscibile.
Solo che – come specifica Godard – “se si fa un film, non si può mostrare il sacro che con il profano, ricorrendo alla rassomiglianza e all’identificazione”. Come in “Passion”, il film che con l’attuale ha più di un punto di contatto, anche qui Godard si pone il problema della Creazione per irradiarlo su quello della Concezione. Sia pure in termini attinenti più al suo cinema che a una religiosità specifica, la quale rimane secondaria ma non per questo tradita. Poco importa che Maria lavori presso un distributore di benzina, che Giuseppe faccia il tassista, che Gabriele arrivi in jet e compia bruscamente la sua missione, quando tutto si svolge nel rispetto del mistero divino e nel senso del sacro.
Certo non basta una sola proiezione per cogliere tutti i miti e i significati di quest’opera sorprendente e intrisa d’amore quanto mai prima in Godard. Per ora sottolineeremo le seduzioni poetiche derivanti dalle rappresentazioni della natura (il sole, la luna, l’acqua, fiori e verdi distese) che inteneriscono il racconto ad ogni sua svolta, e, mentre vorremmo elencare molte pagine intense, dobbiamo ricordare almeno quelle castissime della Vergine nuda, incinta senza peccato. che si accarezza il ventre e dice: “Sono un’anima prigioniera del corpo, sono una gioia”.
Il film è preceduto da un breve prologo, “Le livre de Marie”, firmato da una stretta collaboratrice del regista, AnneMarie Miéville, che descrive lo sgomento della Maria undicenne nell’assistere alla separazione dei genitori: causa della perdita di sicurezza della ragazza con relative conseguenze sul comportamento successivo della giovane. Un prezioso e lineare capitoletto che ci pone di fronte a significativi richiami psicologici per introdurci più agevolmente nel discorso di Godard.
Leonardo Autera