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Presentazione della lingua scritta: la Lettura analitica

Come per la lingua orale, così anche per la lingua scritta distinguiamo tra un meccanismo di ricezione e un meccanismo di produzione e diciamo che insegnare a uno studente a comunicare per scritto in una data lingua equivale ad attivare in lui l’apprendimento del meccanismo di produzione di quella lingua come lingua scritta. La differenza tra orale e scritto non risiede soltanto nella diversa natura del canale, fonico in un caso e grafico nell’altro, ma anche in una serie di diverse convenzioni riguardanti scelte lessicali, morfosintattiche, di struttura del testo, e così via.

Inoltre, come per la produzione di lingua orale, così anche per la produzione di lingua scritta, oltre a una attività di produzione libera, le cui finalità e modalità di attuazione sono descritte nei due articoli che precedono, prevediamo una attività di presentazione, specificamente tesa all’analisi di quel complesso sistema di regole, convenzioni, atteggiamenti e tendenze culturali, in cui consiste il meccanismo di produzione.

Intendiamo dunque sviluppare nello studente la capacità di scrivere nella lingua che sta imparando. Ciò significa che abbiamo già individuato un particolare bisogno dello studente collegato allo scrivere e che, di conseguenza, abbiamo identificato una precisa vicenda comunicativa in cui lo studente dovrà assumere il ruolo di produttore di lingua scritta.

Decidiamo pertanto di presentargli brani di lingua scritta, attraverso la cui analisi egli possa acquisire gli strumenti espressivi dei quali servirsi poi come produttore. Scegliamo un testo appropriato da sottoporre allo studente: un testo, cioè, che offra un campione tipico – quanto ad argomento e registro linguistico – di quel particolare genere di lingua scritta di cui egli intende divenire produttore. Per esempio, ad uno studente di lingua italiana che, per esigenze universitarie debba scrivere in italiano tesi, ricerche, elaborati o simili nel settore della critica letteraria, potrebbe venir sottoposta la recensione, pubblicata sull’Espresso del 17/2/1980, di una edizione delle opere di Oscar Wilde, che riportiamo per esteso.

In primo luogo, l’insegnante effettuerà una analisi preventiva del testo scelto per individuare quali dei caratteri linguistici che esso presenta sono specifici del genere di lingua in questione (nel nostro esempio, del genere critico-letterario). Potranno essere elementi lessicali (singoli termini o locuzioni idiomatiche), elementi morfologici (pes. l’uso del tempo verbale presente in riferimento a situazioni passate, il cosiddetto “presente storico”), tratti sintattici (pes. l’ordine delle parole nella proposizione o la struttura interna dei periodi), tratti grafici (pes. la distribuzione dei segni di interpunzione), caratteri funzionali (pes. le forme usate per esprimere valutazioni critiche), tratti retorici (p. es. l’uso e la frequenza della metafora), elementi di struttura del testo (p. es. l’ordine di successione degli argomenti trattati o l'”attacco” iniziale), o altro ancora.

Attenzione! Si è detto caratteri specifici del genere di lingua prescelto, non necessariamente esclusivi: molti dei caratteri individuati saranno propri anche di altri linguaggi settoriali (nel nostro caso, p. es., del linguaggio della critica cinematografica, o del discorso politico, o del racconto di cronaca).

Accanto a questi elementi specifici l’insegnante, nella sua analisi, presterà attenzione anche ai tratti che appartengono a qualunque genere di lingua scritta: p. es., lettere o sequenze di lettere che possono creare confusione e incertezze (p. es., in italiano, C, Cl, CH, G, Gl, GH, GN, SC, ecc.), o il modo in cui le parole si spezzano per “andare a capo”, o l’uso delle maiuscole e delle minuscole, o ancora la distinzione tra accento acuto e accento grave, e così via. In italiano, dove si ha una corrispondenza, se non biunivoca, almeno largamente uniforme, tra fonemi e grafemi, si tratterà soprattutto di aspetti meramente ortografici. Ma in altre lingue, in cui quella corrispondenza è minore, si potranno avere anche fenomeni connessi con la morfologia; in francese, p. es., la distinzione tra singolare e plurale dei sostantivi e degli aggettivi viene registrata nella scrittura in un modo che non ha sempre un corrispettivo diretto nella lingua orale.

A questo punto l’insegnante, fra tutti i caratteri individuati, ne sceglierà alcuni, ovviamente quelli che presentano esempi più vari e interessanti, su cui convogliare la riflessione dello studente, e chiederà allo studente stesso di trovare questi esempi. Chiamiamo tale attività Lettura analitica, classificandola come morfologica, lessicale, funzionale, sintattica, ortografica, ecc., a seconda della natura dei caratteri che essa intende mettere in luce.

Tornando al nostro campione, sembra che l’articolo citato si presti particolarmente ad una Lettura analitica funzionale ortografica. Il procedimento da seguire in classe, in questo caso, può essere pertanto il seguente:

1) Anzitutto l’insegnante fa intraprendere agli studenti la Lettura analitica quando ha già svolto in classe (il giorno stesso o uno dei giorni precedenti) la Lettura autentica del medesimo testo, e quando perciò il contenuto globale del brano è stato acquisito dagli studenti.

2) L’insegnante chiede agli studenti, distribuiti in gruppi, di individuare nel testo e distinguere tra loro: a) le espressioni usate per descrivere questa edizione delle opere di Wilde; b) le espressioni usate per valutare questa edizione delle opere di Wilde. Gli studenti sono invitati a collaborare all’interno dei singoli gruppi.

3) Quando i gruppi sono già a buon punto nel loro lavoro, l’insegnante modifica la conformazione dei gruppi stessi spostando alcuni studenti e invita i membri dei nuovi gruppi a consultarsi reciprocamente, confrontando i risultati raggiunti nei rispettivi gruppi di partenza.

4) L’insegnante chiede quindi ai gruppi così formati di individuare nel testo le espressioni che comunicano giudizi critici (a qualunque livello: letterario, storico, sociale, culturale, ecc.) su Oscar Wilde.

5) L’insegnante ripete l’operazione descritta in 3).

6) L’insegnante chiede quindi ai gruppi di distinguere, nell’insieme delle espressioni trovate in 4): a) quelle che parlano direttamente di Wilde, b) quelle che parlano di altri che a loro volta parlano di Wilde (cioè quelle che riferiscono giudizi altrui).

7) L’insegnante ripete l’operazione descritta in 3).

8) L’insegnante chiede quindi ai gruppi di individuare tutti i tipi di segni ortografici (punto, virgola, parentesi tonde, due punti, ecc.) presenti nel testo, nonché il loro uso.

9) L’insegnante ripete l’operazione descritta in 3).

Questo è soltanto uno dei procedimenti possibili, che possono naturalmente variare l’uno dall’altro nei contenuti (vale a dire in ciò che l’insegnante chiede agli studenti di individuare nel testo), nel numero delle operazioni richieste agli studenti e nell’ordine in cui esse vengono richieste.

Due punti vanno sottolineati: a) l’analisi morfologica, lessicale, funzionale, ecc., che l’insegnante invita lo studente a condurre, così come il materiale su cui tale analisi si esercita, viene determinata in base alla vicenda comunicativa di cui lo studente dovrà essere protagonista e che rimane sempre, pertanto, il dato di partenza e lo scopo ultimo dell’attività; b) attraverso tale attività lo studente entra in possesso non soltanto di una specifica conoscenza linguistica e comunicativa ma anche di una tecnica di lavoro che egli potrà riprodurre poi da solo su altri testi: e in tal senso l’insegnante dovrebbe indirizzarlo e spingerlo.

Sono frivolo, non scherzo di Elio Chinol

Nell’aprile del 1895 Oscar Wilde all’apice della fama, ma anche ormai sull’orlo del baratro, riusciva a propagandare il credo estetista persino in tribunale, il severo Old Bailey di Londra, dove aveva intentato causa per diffamazione al Marchese di Queensberry, padre del suo giovane amico Lord Alfred Douglas, che lo aveva pubblicamente accusato di omosessualità. La disastrosa conclusione della storia, con la condanna di Wilde a due anni di lavori forzati, è nota. Ma il giorno d’apertura del processo, sottoposto a controinterrogatorio da parte di un avvocato della difesa, Edward Carson, irlandese come lui, lo scrittore se la cavava più che brillantemente, prendendo occasione per insistere su alcuni suoi principi fondamentali.

Carson: “Lei se non sbaglio è dell’idea che non esistono libri immorali”.
Wilde: “Infatti”.
Carson: “Posso concludere che secondo lei “Il prete e il chierichetto” [racconto di uno studente di Oxford apparso in una rivista cui aveva collaborato anche Wilde, Ndr.] non era uno scritto immorale?”.
Wilde: “Era peggio che immorale. Era scritto male!”.

E così avanti, in difesa del piacere di una concezione individualistica della verità, di un’idea pagana della vita, di una teoria dell’arte libera da pregiudizi moralistici…

Il testo di questo interrogatorio si può ora leggere per la prima volta in italiano nella nutrita raccolta di “Opere” di Wilde curata da Masolino D’Amico per “I Meridiani” di Mondadori, dove si trova a far quasi da divisorio fra la produzione propriamente estetista, anteriore al processo (da “Il ritratto di Dorian Gray” a “II ritratto di Mr. W.H.”, a “L’importanza di essere probo”, a “Salomè”, data molto opportunamente nell’originale francese, ai saggi più famosi, ecc.), e quella ben diversa, più amara e dolente (“De Profundis”, “La ballata del carcere di Readmg”), degli ultimi anni, dopo la condanna e la prigionia. Sono i due momenti e quasi i due volti di Wilde, qui entrambi molto ben documentati con una ricca scelta delle opere più note (fatta eccezione per i racconti, esclusi per ovvie ragioni di spazio) ma anche con un’interessante appendice di scritti miscellanei mai prima tradotti in italiano.

Un’ottima occasione per molte letture o forse più spesso riletture. Ha infatti ragione Richard Ellmann quando afferma che Wilde è l’unico scrittore inglese degli anni Novanta “che tutti leggono ancora, o più precisamente, che tutti hanno letto”. E ormai da parecchi anni a questa parte le sue quotazioni sono decisamente in rialzo, con una netta tendenza critica ad andar oltre la nota immagine dello scrittore brillante e paradossale ma in fondo niente più che piacevole entertainer.

Anzi può essere divertente notare come sia proprio in quel ruolo di esteta e di dandy nel quale si è sempre ostinatamente impegnato che oggi Wilde viene a volte messo in discussione. “Come dandy”, scrive Masolino D’Amico, “Wilde lascia a desiderare. Non ebbe gusto impeccabile, né la pazienza del vero dilettante di sensazioni; non fu un fervido, silenzioso coltivatore di piaceri intellettuali come Walter Pater, né un esperto collezionista di squisitezze come il protagonista di “A rebours””. E gli stessi “limiti” mostra anche come “vizioso”: aborriva i paradisi artificiali, preferendo da buon irlandese l’alcool alla droga, che lo faceva star male, detestava ogni forma di pornografia ed era tutt’altro che incline a sbandierare la propria “diversità”.

L’aneddotica wildiana sembra aver fatto il suo tempo come l’immagine dello scrittore entertainer. La tendenza oggi è di riconoscergli invece, scrive ancora D’Amico, “una autorità di testimone se non addirittura di protagonista di alcune fra le principali battaglie intellettuali dell’epoca”, da collocare sulla scia non solo di Pater, il vero padre dell’estetismo e suo maestro riconosciuto, ma anche di Morris, Ruskin e Arnold come uno dei difensori dei valori dell’arte e della cultura di contro al moralismo utilitario e al filisteismo della società vittoriana.

Wilde in una compagnia cosi austera? Può sorprendere, ma ci sono molti modi per combattere la stessa battaglia. E non c’è dubbio che anche lui a modo suo, forse con meno autorità ma probabilmente con maggiore influenza su un pubblico più vasto, agì da forza liberatoria ed ebbe una funzione di rottura. Non credo sia il caso di mettersi adesso a scoprire, sotto i suoi atteggiamenti frivoli e le sue pose, insospettate “profondità” di pensiero, ma certo una fedeltà o serietà fondamentale seppe mantenerla, quella verso il suo impegno di scrittore. Qui le “pose” finivano. Per tornare ancora al resoconto del processo:

Carson: “Per quanto riguarda le sue opere, lei posa a non badare alla moralità o all’immoralità?”. Wilde: “…lo in questo campo non ho pose. Quando scrivo una commedia o un libro, mi occupo esclusivamente di letteratura, ossia, di arte. Non mi preoccupo di fare del bene o del male, ma di cercare di creare una cosa che possegga un certo grado di bellezza”.

Su questo punto non intendeva scherzare.