Programmazione Neurolinguistica (PNL) – un’alternativa nella didattica della lingua seconda?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Introduzione
La sensibilizzazione verso l’apprendente in quanto persona e gli studi sul cervello, hanno reso noto il fatto che, ogni individuo ha un suo modo personale e specifico di percepire la realtà e quindi un suo modo personale d’apprendere. Prendendo atto delle diverse modalità d’apprendimento tra individuo e individuo, i nuovi orientamenti didattici presuppongono curricoli differenziati per apprendenti diversi. Unica difficoltà per l’insegnante rimaneva la mancanza di un possibile riconoscimento di tali diversità. Bandler e Grinder (fondatori della PNL) attraverso l’osservazione degli °indicatori d’accesso”, sono riusciti ad individuare il processo che un individuo compie durante l’assunzione del materiale didattico. Attraverso il movimento degli occhi, e attraverso il tipo di vocabolario utilizzato nelle espressioni linguistiche, il programmatore neurolinguistico riesce a capire il processo cerebrale di immagazzinazione e riformulazione delle informazioni proprio o di un cliente. Utilizzando questi principi, con i quali i processi mentali si riducono a semplici operazioni fondamentali ricostruibili e trasferibili da un soggetto ad un altro, è possibile descrivere qualsiasi comportamento in modo sintetico e dettagliato.
Questa capacità pratica richiama all’attenzione il processo di insegnamento e di percezione del materiale didattico, e insegna sia al discente sia all’insegnante, come poter capire e modellare un successo, e come poter utilizzare al meglio le risorse per apprendere in modo accelerato. Alla base della PNL sta infatti, la supposizione che ogni individuo ha la forza la capacità e sperienze sufficienti per raggiungere un determinato fine con successo. Le singole persone, infatti, non differiscono in base al talento o alle possibilità, bensì nel modo in cui le utilizzano. Gli stessi Bandler e Grinder scriveranno: “Fondamentalmente stiamo elaborando dei modi per insegnare alle persone ad usare il proprio cervello”. La PNL potrebbe quindi essere interpretata come un nuovo metodo alternativo?
Che cos’è il Sistema Rappresentazionale Preferenziale e come riconoscerlo
La PNL, per indicare il sistema percettivo individuale che ognuno di noi ha, ha coniato il termine “Sistema Rappresentazionale Preferenziale”. Tale sistema rappresentazionale si divide in visivo, auditivo e cinestesico. In questo modo possiamo distinguere tre tipi di individui, nel nostro caso discenti, con il loro modo personale e individuale di percepire e elaborare le informazioni.
A prima vista sembra che la differenziazione dei tipi di discenti non contenga nulla di nuovo. Il fatto però che ogni studente ha un suo modo personale di percepire, determina un successo o un insuccesso nel processo didattico. Se infatti un insegnante, rivolgendosi ai suoi studenti, utilizza perlopiù il canale auditivo, non si dovrà meravigliare se così facendo trascura ad esempio i discenti dal sistema preferenziale visivo e questi non riescono a seguirlo. Questa situazione potrebbe essere definita come “incongruenza sensoriale”.
Fino ad ora non esistevano indicatori che potessero aiutare l’insegnante a riconoscere le caratteristiche di tali tipi di discenti. La ricerca di Bandler e Grinder era indirizzata proprio a questo. Analizzare che tipo di informazioni un individuo percepisce e, in che modo queste vengono percepite. Poiché le informazioni e le esperienze vengono percepite attraverso i canali sensoriali, (vista, udito, cinestesia), e poiché queste nel momento in cui vengono descritte devono essere elaborate in un altro sistema, come potrebbe essere la lingua, il canale sensoriale maggiormente utilizzato è pertanto riscontrabile nella lingua stessa.
II nostro modo di parlare, di muoverci e di comportarci ci informa, infatti, sul nostro sistema rappresentazionale preferenziale. Ci sono persone che percepiscono il mondo in prevalenza attraverso il canale visivo, altre attraverso quello auditivo ed altre ancora preferibilmente attraverso il canale cinestesi
co. er riconoscere a mo a mi e omnia p laborare le informazioni, l’insegnante deve solo ascoltare attentamente uali aggettivi, avverbi, verbi, e a volte anche nomi, il discente utilizza. Nella terminologia della PNL si dice “fare attenzione ai predicati utilizzati”. Uno studente visivo dirà: “Non riesco ad immaginarlo” oppure “Mi ha lasciao all’oscuro”. Un tipo auditivo dirà: “Mi suona male” oppure “È come musia per le mie orecchie”. II discente cinestesico invece dirà: “Non afferro” ppure “La cosa non mi tocca”.
Mi rendo conto che a prima vista tutto questo può generare scetticismo, specie se si crede al fatto che ognuno di noi parla spesso per abitudine, per caso o per sentito dire. Gli esperimenti portati avanti da Bandiere Grinder e altri studiosi tra cui Cleveland hanno però dimostrato che, anche se la conversazione viene condotta per un periodo di tempo relativamente lungo, il cliente parlerà sempre utilizzando i predicati (da lui preferiti per descrivere quella determinata cosa) che corrispondono ad un solo canale sensoriale, quello preferenziale.
Un altro sistema a disposizione dell’insegnante per riconoscere i diversi tipi di discenti è osservare il loro comportamento. Un discente che apprende in prevalenza in modo visivo guarderà spesso la lavagna mentre l’insegnante spiega ed ha bisogno di leggere da sé quello che l’insegnante legge. È una persona solitamente ordinata, anche nella scrittura, cammina mantenendo una posizione dritta e in genere parla velocemente. II discente che apprende in prevalenza in modo auditivo è facilmente distraibile dai rumori, ed è quello che in genere ha più difficoltà nello scrivere perché scrive secondo ciò che sente. Sa parlare bene e lo fa in genere in maniera ritmica. II tipo che apprende invece preferibilmente attraverso il contatto fisico, le emozioni e il movimento (cinestesico) è quello che in genere non riesce a stare a lungo seduto. Il tono della sua voce è basso con un ritmo intervallato da lunghe e frequenti pause. Ha in genere una gestualità lenta e gradisce il contatto fisico.
Anche i movimenti oculari hanno la loro importanza nel riconoscimento delle differenze di percezione ed elaborazione. Bandler e Grinder, infatti, nelle loro ricerche, hanno analizzato diverse persone e hanno scoperto che queste muovevano gli occhi in maniera sistematica a seconda quello che stavano pensando. Studi neurologici hanno infatti dimostrato che il movimento degli occhi sia in orizzontale sia in verticale ha un collegamento con le differenti parti del cervello che vengono attivate. Questo movimento è chiamato nella PNL, LEM (Lateral eye movements). Quindi tra il movimento degli occhi, il sistema rappresentazionale e il processo del pensiero, c’è un collegamento neurologico congenito. Se lo sguardo è rivolto a sinistra l’emisfero cerebrale attivato è il destro, se invece lo sguardo è rivolto a destra, l’emisfero attivato è il sinistro. Per un piccolo gruppo di persone e per i mancini tali indicatori funzionano al contrario.
Quando il discente visualizza qualcosa del proprio passato, i suoi occhi tendono a muoversi in alto a sinistra (la propria sinistra). Se invece cerca di immaginare qualcosa che non ha ancora mai visto, gli occhi si muovono verso l’alto a destra. Nel momento in cui cerca di ricordare dei suoni, gli occhi si spostano lateralmente a sinistra, mentre se cerca di costruire dei suoni, lateralmente a destra. Quando accede invece al proprio bagaglio di sensazioni, gli occhi si sposteranno in basso a destra, mentre si spostano in basso a sinistra nel momento in cui si dialoga con sé stesso. Una persona maggiormente visiva tenderà quindi a guardare in alto, quella auditiva sposterà gli occhi lateralmente, e la persona cinestesica tenderà a guardare in basso.
Possibilità di applicare tali conoscenze nelle lezioni
Conoscere il sistema rappresentazionale preferenziale dei propri studenti permette all’insegnante di favorire il processo d’apprendimento, ad esempio, come consigliano Bandiere Grinder, organizzando gruppi di lavoro con discenti dello stesso sistema primario. II lavoro diviene in questo modo più veloce ed efficace. Ma anche organizzare dei gruppi misti, a mio parere, potrebbe essere vantaggioso. Gli studenti, coscienti ormai dell’esistenza di più stili d’apprendimento e di strategie efficaci, autonomamente cercheranno di individuare cos’è che manca nella propria strategia e cercheranno di colmare tale mancanza copiando la strategia di un loro compagno. Compito dell’insegnante è quindi quello di aiutare lo studente in difficoltà migliorandone la strategia d’apprendimento. Prima però deve sapere come apprende uno studente bravo. Una volta osservato il comportamento dello studente capace e una volta quindi estratta la strategia efficace che tale studente utilizza durante il proprio processo d’apprendimento, tale strategia si lascerà trasportare facilmente da un individuo ad un altro. L’insegnante non dovrà dimenticare di insegnare ai discenti a riconoscere il proprio sistema preferenziale per meglio utilizzare le proprie risorse e di istruirli inoltre ad allenare gli altri canali sensoriali. A questo proposito Vester scrive: “Solange ein Schueler nicht weiss, dass er Informationen immer fuer seinen eigenen Lerntyp aufbereiten muss, weil eben der jeweilige Unterricht meist nur einen von vielen verschiedene Lerntypen anspricht, so lange wird er sich beim Lemen verkrampfen”2.
L’insegnante, inoltre, rivolgendosi al gruppo, dovrà fare attenzione che l’esposizione sia svolta in modo da presentare i tre principali sistemi rappresentazionali. Dovrà organizzare una lezione “multisensoriale” in modo da soddisfare i bisogni di ogni studente.
Conclusione
Per concludere vorrei evidenziare il fatto che la PNL pretende dall’insegnante l’attenta osservazione dei suoi studenti. Questo perché da una parte è bene favorire lo sviluppo dei diversi canali sensoriali tramite lezioni costruite sulla multisensorialità, ma dall’altra è anche importante che l’insegnante utilizzi la stessa “lingua” del discente. Adattando il proprio sistema rappresentazionale a quello dei suoi studenti, l’insegnante guadagnerà inoltre una certa flessibilità. Tale flessibilità aiuterà l’insegnante a riconoscere quando un discente è in difficoltà e rimediare di conseguenza modificando la propria strategia, oppure intervenendo nella strategia del discente. L’insegnante non deve dimenticare inoltre che per quanto riguarda il proprio modo di porsi in classe ha a disposizione ben tre possibilità di elaborazione del materiale didattico (visivo, auditivo, cinestesico). E che le tecniche per estrarre e copiare una strategia di un compagno di classe che l’insegnante insegna al discente possono essere utilizzate dall’insegnante stesso per copiare la strategia di un collega.
2. Finché uno studente non sa che deve preparare le informazioni tenendo conto del suo stile d’apprendimento, perché è abituato a lezioni che normalmente si rivolgono solamente ad uno dei differenti stili, sarà ostacolato nell’apprendimento”.