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Il Gatto e la Volpe

La Volpe che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe”.
Collodi, Le avventure di Pinocchio

Ogni attività di Ascolto autentico o di Lettura autentica si poggia su due cardini, su due momenti, su due processi, uno intraindividuale e uno interindividuale.

Uno arricchisce l’altro, lo integra, lo genera e ne viene a sua volta generato. L’ipotizzazione e la socializzazione.

Con il termine “ipotizzazione” intendo la capacità dello studente di formulare un’ipotesi con le informazioni in suo possesso. L’ipotesi sul contenuto dell’ascolto o della lettura sarà il punto di partenza dei successivi momenti, in cui lo studente sarà chiamato a confrontare la sua ipotesi con quella di un altro studente.

Il confronto porterà alla convalida o all’eliminazione di quelle ipotesi “lontane” dai vero contenuto. L’obiettivo dell’attività è quello di aumentare la capacità di comprensione della lingua scritta o della lingua parlata, obiettivo che si raggiunge mediante lo scambio e l’integrazione delle varie ipotesi proposte.

Se l’ipotesi sul contenuto è una solamente allora il confronto servirà a sviscerarne ancor di più il contenuto.

È fondamentale far sentire (e non far capire) allo studente che l’ipotesi in quanto tale non è né vera né falsa, ma solamente più o meno utile. Anche un’ipotesi che si rivela molto lontana dal contenuto è comunque apportatrice di informazioni, in quanto permette l’eliminazione di un certo numero di possibilità che all’inizio sembravano possibili.

Con il termine socializzazione si intende il momento in cui avviene lo scambio linguistico tra gli studenti delle ipotesi circa il contenuto del brano letto o ascoltato.

La socializzazione, termine usato e sviscerato in ogni suo aspetto, poggia sulla spinta che lo studente ha nello scoprire se le sue opinioni sono “corrette”. La socializzazione con un altro pari grado (un altro studente) diviene così un momento altamente proficuo in quanto lo studente ha una valutazione indiretta delle sue capacità linguistiche, ed inoltre lo costringe ad una produzione della lingua parlata in cui si trova a misurarsi con la difficoltà di tradurre in parole non propri pensieri ma eventi esterni a lui (contenuto della lettura o del brano).

Molte volte la valutazione indiretta delle proprie capacità si risolve nella constatazione pragmatica che anche gli altri studenti hanno le sue stesse difficoltà, rinforzando o creando quel sentimento di appartenenza al gruppo che è sempre un elemento favorente l’apprendimento.

Vediamo ora schematicamente come si integrano questi due momenti.

 

Introduzione dell’attività (ascolto/lettura)

Livello di informazione = 0

1 ascolto/lettura
2 ascolto/lettura

Ipotizzazione
Livello di informazione ¹ 0

1 socializzazione

Scambio delle ipotesi
Conferma/Eliminazione
Livello di informazione = arricchito

Nello schema qui sopra se noi introduciamo l’attività con qualche notizia, ad esempio anticipando a grandi linee il contenuto o dando qualche informazione preliminare sui partecipanti, apportiamo anche un cambiamento al livello di informazione che sarà immediatamente diverso da zero.

Il partire già da un punto diverso da zero permette allo studente di prendere l’iniziativa, procedere con ordine, regolare il flusso delle informazioni, guidare ed evitare tutte quelle comunicazioni provenienti da altri prive di valore informativo. Essere protagonista.

Questo genere di procedimento richiede allo studente un’abilità che possiede già prima di entrare nella nostra classe, ma che, in molti casi, ha esercitato poco. L’abilità ad ipotizzare.

Ma più che di abilità sarebbe corretto parlare di abitudine ad ipotizzare, se è vero quanto detto prima che l’ipotesi non è né vera né falsa. L’abitudine ad ipotizzare gliela può fornire solo l’esercizio, l’incitamento e il rinforzo da parte dell’insegnante. Insegnante che a sua volta deve essere già avvezzo all’esercizio. Tanto più l’insegnante sarà esercitato a formulare ipotesi tanto più questo si trasmetterà allo studente innescando un circuito circolare che si rifletterà sulla futura capacità dell’insegnante a riformulare altre ipotesi.

Se esiste un’attività che viene denominata ascolto/lettura autentico/a e socializzazione può esistere anche un’altra attività che potremo denominare: ascolto/lettura autentico/a e ipotizzazione.

Se l’ipotizzazione e la socializzazione avvengono nel modo descritto prima ci si potrebbe domandare qual è il ruolo dell’insegnante in tutto questo, in particolar modo qual è il suo ruolo nella socializzazione.

Il ruolo dell’insegnante è quello di stimolare l’ipotizzazione e di creare un ambiente il più favorevole possibile alla socializzazione.

Se abbiamo visto rapidamente come stimolare l’ipotizzazione vediamo ore in che modo si può creare un ambiente favorevole alla socializzazione.

La prima funzione dell’insegnante è quella di:

1 ) Creare le aggregazioni – con questo termine voglio indicare la scelta che l’insegnante fa nel comporre i gruppi che devono socializzare. Quindi il numero, chi deve lavorare con chi, chi non deve lavorare con chi.La seconda funzione dell’insegnante è quella di:

2) Tagliare le aggregazioni e crearne di nuove – operazione da fare al termine di un numero N di socializzazioni per permettere un maggiore flusso delle informazioni e delle ipotesi. L’ideale sarebbe che tutti comunichino con tutti. Altro elemento da non trascurare è che così si aumenta il livello di socialità tra gli studenti, la conoscenza reciproca, per arrivare alla formazione di un gruppo che non deve “amarsi” ma lavorare bene insieme.Vorrei ora soffermarmi sul punto 1), creare le aggregazioni, in quanto presenta degli elementi di riflessione.

Il formare i gruppi, lo scegliere le persone che devono socializzare insieme è per l’insegnante un momento fondamentale e implica in lui qualcosa.

Il momento in cui l’insegnante compie mentalmente una scelta del tipo: lo studente A con lo studente B, è un momento ipotizzante. L’insegnante ipotizza che le due persone possano lavorare e integrarsi bene insieme, con un’influenza positiva sui processi di apprendimento. Per fare questo è implicito che l’insegnante abbia un suo presupposto, un suo punto di partenza, che lo guida nelle sue scelte. I presupposti possono essere molti: livello linguistico, nazionalità, simpatia/antipatia, età, somiglianza/differenza, ecc.

Quello che mi interessa sottolineare è che ogni insegnante segue uno o più presupposti.

Il punto è quanto un insegnante voglia tener conto di questo presupposto che lo guida e che probabilmente tenderà a ripetersi con altri gruppi, con altre classi, o quanto voglia “semplificarsi” credendo che i presupposti che indirizzano le sue scelte siano difficilmente classificabili e dettate dalla specificità della situazione. Non contesto questo, è chiaro che agiamo sempre tenendo presente chi sono i nostri interlocutori. Contesto solamente chi non vuole “complicarsi”, chi non vuole vedere in una ripetizione di azioni (le sue scelte) un modo di leggere la realtà, una chiave di lettura delle dinamiche interpersonali che favoriscono l’apprendimento di una lingua straniera. Una sua grammatica. Una chiave di lettura modellata e modellabile dal tempo e plasmata dalla memoria.

Una domanda che possiamo porci è: come vive lo studente tutte queste scelte dell’insegnante? come vive lo studente il fatto di doversi fisicamente spostare dopo 2 o 3 socializzazioni per andare a discutere e confrontarsi con un altro studente? come vive lo studente la scelta di farlo lavorare in 2, 3, 4 ecc.?

Io sono convinto che lo studente accetti attivamente di essere un “pacco” da spostare, da una coppia all’altra, da una sedia all’altra, quando sente che tutte queste manovre sono coerenti con uno schema mentale di riferimento che l’insegnante ha. Se sente questo livello di consapevolezza che l’insegnante si è assunto si affida completamente alle sue scelte. Nel momento in cui l’insegnante trasmette questa mancanza di consapevolezza o la routine di certe operazioni, lo studente potrebbe cominciare e domandarsi il perché, il perché di certe strategie di insegnamento che potrebbero venire associate più a una moda che a una reale convinzione. Ogni scelta deve avere un suo livello di consapevolezza, anche la scelta di non scegliere e di affidarsi alla casualità.

Se le variabili età, livello linguistico, nazionalità, non sono prevedibili e soprattutto non sono modellabili a tutte le situazioni (penso a classi composte da studenti mono-madrelingua), il numero dei componenti il gruppo socializzante non sottostà a questo vincolo.

Esiste un numero ideale per un gruppo socializzante?

Credo che sia difficile poter rispondere a questa domanda perché troppe sono le variabili in gioco, possiamo però reimpostare il quesito nel modo seguente: esistono delle aggregazioni più sfavorevoli alla socializzazione?

Personalmente credo che una socializzazione a 3 presenti degli elementi sfavorevoli.

L’ipotesi è questa: quando si sta in 3 una persona può sentirsi fuori dal clima, perché è sereno mentre gli altri sono imbarazzati, perché è imbarazzato mentre gli altri sono sereni, perché si sente schiacciato mentre gli altri si sollevano da terra, perché pensa e non riesce a parlare mentre gli altri parlano.

Questa ipotesi potrebbe sembrare vaga e non definita. Ne propongo un’altra. Quando si sta in 3 uno dei componenti la triade non può scegliere contemporaneamente tutte e due le altre persone come interlocutore. Questa seconda ipotesi è un riadattamento di un’altra più generale per cui due cose non sono mai uguali, e i processi di scelta si dirigono inevitabilmente verso uno dei poli della diade. Se osserviamo una socializzazione a 3 noteremo che ci sarà uno studente che prenderà l’iniziativa, che inizierà per primo a socializzare la sua ipotesi e che sceglierà anche il suo interlocutore. Non è detto che l’interlocutore rimanga sempre lo stesso, ma il fatto di averlo scelto per primo probabilmente lo pone in una condizione di differenza rispetto all’altro.

Una caratteristica inevitabile delle triadi umane (familiari, amici, estranei) è la loro tendenza a stabilire delle coalizioni o degli sbilanciamenti, ovvero delle alleanze tra due membri. L’alleanza implica una relazione caratterizzata dalla inclusione e dalla esclusione di un terzo. La parola “escluso” ha sempre una sua connotazione negativa. “Escluso” significa che una persona si autoesclude e che gli altri la escludono, contemporaneamente tutt’e due le cose. “Escluso” non significa che io lo “sbatto fuori” ma che lui si chiama fuori. “Escluso” non è una categoria morale, è una categoria di una condizione in un determinato momento per una determinata persona.

Se il compito dell’insegnante è quello di creare, mantenere e migliorare un’atmosfera ideale allo svolgimento della socializzazione dobbiamo tenere conto anche di questo. Possiamo non attuarlo ma dobbiamo metterlo nel conto. Se dobbiamo comporre dei gruppi formati da 3 persone possiamo almeno scegliere chi sarà il terzo escluso, intendo dire che sarà preferibile costituire gruppi da 3 composti da studenti con un alto grado di socialità, con una sicurezza e una confidenza con la lingua maggiore di altri. Contemporaneamente dirottare gli studenti più “deboli” in una socializzazione a due.

Non dobbiamo però concludere che la triade ha solamente questo aspetto “negativo”, perché è doveroso ricordare che il triangolo come unità di osservazione ci dà delle informazioni molto più ampie e articolate. Questo perché dal punto di vista relazionale l’introduzione di un terzo elemento in una diade dà all’interazione a due un nuovo aspetto, arricchendo, proprio per quel gioco di inclusione/esclusione di cui parlavamo prima, la relazione. Inoltre, il constatare le modalità di risoluzione dei problemi da parte di un altro è per lo studente un momento di apprendimento molto più importante e duraturo del contesto linguistico in cui si svolge.

Così come il Gatto e la Volpe di Pinocchio sono strettamente complementari tra di loro anche l’ipotizzazione e la socializzazione non possono separarsi, sono indispensabili l’una all’altra. Il Gatto che non vede deve affidarsi alla sua intuizione, alla sua fantasia, all’immaginazione, e proprio per questo “vede” cose che il suo compare non “vede”. Ma da solo non potrebbe procedere, non potrebbe camminare, e deve appoggiarsi alla Volpe che, anche se zoppa, vede concretamente la strada, vede dove mettere i piedi; il Gatto e la Volpe, I’ipotizzazione e la socializzazione, lo studente A e lo studente B, il ruolo e la funzione dell’uno come complemento dell’altro.