Premessa a L’apprendimento linguistico e la Teoria della complessità
Perché il modo di parlare dei nostri studenti non corrisponde alle cose che gli abbiamo insegnato? Perché evitano di usare certe regole grammaticali sulle quali ci siamo soffermati parecchio? Perché continuano a sbagliare cose che giureremmo che sapevano? Perché il loro progresso non sembra seguire lo stesso percorso del nostro programma di insegnamento?
Magari abbiamo già provato a cambiare l’ordine delle cose che insegniamo. Più volte. Magari abbiamo cambiato l’ordine d’insegnamento per essere più in sintonia con il loro ordine di apprendimento. Dopotutto certi studiosi ci hanno assicurato che esiste l’ordine naturale: diamine, basta scoprirlo, no? A forza di cambiare l’ordine prima o poi lo scopriremo. O no?
La tesi sul tavolo in questo convegno suggerisce, invece, che questa nostra continua frustrazione non è dovuta alla nostra incapacità di trovare l’ordine giusto in cui insegnare le cose; è dovuta piuttosto ad un’errata caratterizzazione del progresso. Cioè, che insistiamo a vedere il progresso dello studente come lineare. Se, invece, riusciamo ad accettare che il progresso dello studente non è lineare possiamo osservare il linguaggio dello studente con altri occhi. Ciò ci permette di accettare come normali quei fenomeni quali: lo studente che dice di essere fermo, che non fa più progressi; o due studenti di pari motivazione ed esperienza di studio, ma che non parlano nello stesso modo; o lo studente che ieri era scorrevole ma oggi non sembra in grado di mettere due parole insieme; o lo studente che, apparentemente fermo da un po’ di tempo, all’improvviso stupisce i compagni di classe con le cose che sa.
Diciamo la verità: sono tutte cose che succedono nelle nostre classi, sono cioè normali. È solo che ci sembrano eccezioni, cose particolari, cose da non prendere in considerazione quando cerchiamo di spiegarci il perché del progresso dei nostri studenti.
La teoria della complessità vuole darci un’altra visione delle cose.
Il convegno ha contenuto una serie di interventi plenari intervallati da laboratori ed è sboccato in una specie di contraddittorio pro e contro la pertinenza della teoria della complessità al nostro lavoro. Le due contrapposizioni sono state sostenute da due dei più competenti studiosi della glottodidattica del mondo, ciascuno dei quali vanta inoltre una personale esperienza dell’insegnamento linguistico a stranieri.
Nei laboratori si è partecipato a lezioni di lingua tendenti a supportare la tesi della Teoria della complessità ed a discussioni intorno a questioni quali “Conoscere la teoria della complessità mi porta ad insegnare in modo diverso, o no?”