Cerca

post

Riconsiderare il lessico e la grammatica: L’approccio lessicale nell’ottica comunicativa e umanistico-affettiva

Premessa

È ormai un dato riconosciuto il ruolo marginale attribuito al lessico dalla ricerca glottodidattica almeno fino agli ultimi vent’anni del secolo scorso. È solo in epoca recente, infatti, che si afferma un nuovo interesse per il lessico, il suo insegnamento, la sua natura ed apprendimento. Nel 1980 Meara pubblicava il saggio Vocabulary Acquisition: a Neglected Aspect of Language Learning, in cui sosteneva:

Vocabulary acquisition is part of the psychology of second language learning that has received short shrift from applied linguistics, and has been very largely neglected by recent developments in research. (1980: p. 121).

Allo stesso modo Morgan e Rinvolucri osservano che:

It is curious to reflect that so little importance has been given to vocabulary in modern language teaching. Both the behaviourist/structural model and the functional/communicative model have, in their different ways, consistently underplayed it. (1986: p. 3)

Nella glottodidattica italiana la situazione è stigmatizzata da Balboni, il quale sottolinea come:

Il problema glottodidattico relativo al lessico […] rappresenta uno dei maggiori casi di rimozione da parte di studiosi, di autori di libri di testo e di multimediali, di insegnanti. (1998: p. 112).

L’insegnamento delle lingue straniere si è tradizionalmente focalizzato soprattutto sugli aspetti morfosintattici e la programmazione curricolare si è sempre articolata sulla base di una empirica progressione grammaticale dall’elemento più facile a quello più difficile. Nei vari approcci che si sono via via succeduti nella storia glottodidattica, dal metodo grammaticale traduttivo al Reading Method, dall’approccio audiolinguale al metodo diretto fino in tempi più recenti ad alcuni metodi sviluppatisi dall’approccio comunicativo, ciò che ha rappresentato oggetto di insegnamento sono stati i fenomeni linguistici legati alla sintassi, al piano sintagmatico della lingua, mentre il livello semantico-lessicale o non veniva preso in considerazione o era ridotto a ricettacolo delle irregolarità della lingua. Anche nei metodi comunicativi le sezioni dedicate al lessico spesso non vanno oltre ad un certo numero di lemmi organizzati in liste o categorie semantiche con la rispettiva traduzione. Sul finire del secolo scorso, tuttavia, si assiste ad un cambiamento di orientamento. L’obiettivo principale da raggiungere non è più la mera competenza linguistica, ma questa diviene una sottocompetenza della competenza comunicativa, che include ora anche la competenza sociopragmatica. Sono fondamentali in quest’ottica i nuovi apporti della sociolinguistica (Hymes 1972). Non basta sapere la lingua, ma diviene meta educativa il saper essere in quella lingua; dall’analisi il focus si sposta sull’uso della lingua in contesti significativi, all’attenzione per l’accuratezza formale (accuracy) si sostituisce la fluenza (fluency) nella comunicazione e diviene imprescindibile conoscere la cultura della comunità di cui la lingua è espressione.

Negli anni settanta nascono i Livelli Soglia promossi dal Consiglio d’Europa, basati sull’approccio nozionale-funzionale. La lingua è suddivisa in esponenti nozionali (spazio, tempo, quantità ecc.) e in categorie funzionali che si traducono nelle unità minime di comunicazione degli atti linguistici (chiedere, presentarsi, ecc.).

Nel panorama glottodidattico di fine secolo l’attenzione verso il lessico è dunque ovviamente più viva. Widdowson giustamente nota che è più facile comprendere una frase sgrammaticata, ma corretta nel lessico, piuttosto che una frase grammaticalmente ineccepibile, ma incomprensibile nel contenuto e sottolinea come

Lexis is where we need to start from, the syntax needs to be put to the service of words and not the other way round (1978: p. 111).

E Wilkins sostiene che:

Without grammar very little can be conveyed, without vocabulary nothing can be conveyed. (1972: p. 111).

L’importanza del lessico comincia ad essere riconosciuta a livello metodologico e per alcuni studiosi il suo insegnamento diviene centrale nell’acquisizione linguistica. Krashen e Terrell nel loro Natural Approach osservano che:

Acquisition depends crucially on the input being comprehensible. And comprehensibility is dependent directly on the ability to recognize the meaning of key elements in the utterance. Thus, acquisition will not take place without comprehension of vocabulary (Krashen e Terrell, 1983, p. 155).

Tuttavia, bisognerà attendere gli anni novanta perché il rinnovato interesse per il lessico si concretizzi in una proposta metodologica coerente ed organica: il Lexical approach, esposto da Lewis in due testi fondamentali, The Lexical Approach (1992) e Implementing the Lexical Approach (1997).

1. Le basi epistemologhiche del Lexical Approach

1.1 La concezione della lingua

  • Language consists of grammaticalised lexis, not Lexicalised grammar
  • Grammar as structure is subordinate to lexis
  • The grammar/vocabulary dichotomy is invalid;much language consists of multiword ‘chunks’

In queste tre definizioni, poste in apertura di The Lexical Approach (1992), è raccolta la concezione centrale di tale approccio. In primo luogo si sottolinea come la separazione tra lessico e grammatica, da sempre presente nella tradizione glottodidattica, debba essere superata a favore di una concezione olistica della lingua, intesa come un organismo e non come un insieme atomistico di strutture che concorrono al suo funzionamento. La lingua rappresenta un sistema unitario all’interno del quale lessico e grammatica si integrano: A symphony is not just notes, a painting is not just blobs of paint. Language and communication are not strings of words and sentences (Lewis 1993: P. 33). D’altra parte, la linguistica cognitiva ha dimostrato come molti fenomeni tradizionalmente ascritti alla grammaticalizzazione siano in realtà riconducibili a fenomeni lessicali.

È dunque necessario superare la metafora della grammatica intesa come struttura portante in cemento armato di una casa e di un lessico che ne rappresenterebbe i mattoni che si aggiungono da soli man mano che la struttura portante cresce (Serra Borneto, 1998). All’interno di tale organismo unitario, inoltre, è il lessico ad avere una funzione centrale, mentre la grammatica svolgerebbe un ruolo secondario. Si deve osservare che il nuovo ruolo fondamentale attribuito al lessico ha condotto a volte ad interpretazioni affrettate sul ruolo della grammatica nel Lexical approach:

is a gross misreading of the text [si riferisce al suo saggio del 1993] to pretend that asserting the pedagogic value of lexis is in any way to deny the pedagogic value of grammar […] I totally dissociate myself from any suggestion that The Lexical Approach denies the value of grammar (1997: p. 41).

Non si tratta infatti di eliminare la grammatica tout court, di non farne più oggetto di prassi didattica, ma più esattamente di ricollocarla in una nuova dimensione teorico-operativa:

Any approach to language teaching which emphasises lexis and de-emphasises grammar represent not a revolution, but a change of emphasis (1993: p. 133).

Il Lexical approach dunque non comporta l’esclusione metodologica di un aspetto della lingua importante come la grammatica, piuttosto pone l’accento sul fatto che la lingua non è solo, ma è anche grammatica.

The Lexical Approach suggests the content and role of grammar in language courses needs to be radically revised but the Approach in no way denies the value of grammar, nor its unique role in language. While the Lexical Approach emphasises probable language, based on observation of “used” language, it recognises clearly that lexis is not enough and that courses which totally discard grammar are doing learners a serious disservice. (1997, p. 41)

1.2. Aspetti sociolinguistici

  • Language is recognised as a personal resource, not an abstract idealisation
  • Successful language is a wider concept than accurate language
  • Socio-linguistics competence precedes communicative power and is the basis, not the product, of grammatical competence

Il Lexical approach si colloca nel panorama degli approcci comunicativi in quanto si focalizza principalmente sulla lingua come e per la comunicazione. In questo senso esso propone una metodologia incentrata sulla parole più che sulla langue. Si tratta di tradurre in un’ipotesi metodologico-operativa le indicazioni provenienti dagli studi sui corpora linguistici e sulle relative stringhe di concordanza che consentono di definire il lessico nei diversi gradi di frequenza e nelle varie co-occorrenze e collocazioni. L’impianto teorico del Lexical approach è dunque più rivolto all’uso della lingua che all’analisi. Non si ispira ad una grammatica normativo-prescrittiva e dunque proscrittiva, ma implica una riflessione sulle norme d’uso della lingua in una prospettiva descrittiva rispetto al contesto sociolinguistico in cui avviene l’atto comunicativo. Non basta dunque conoscere il significato delle parole. Per poter comunicare con successo occorre sviluppare una competenza lessicale, di cui la competenza linguistica è solo una delle sottocompetenze che la costituiscono.

Tali sottocompetenze sono:

  • competenza linguistica
    Che riguarda la conoscenza degli aspetti morfosintattici, ossia la forma delle parole, ma anche gli aspetti relativi all’ortografia e la pronuncia.
  • competenza discorsiva
    Ossia i rapporti logico semantici tra le unità lessicali, la conoscenza delle cooccorrenze e delle collocazioni, delle regole di coerenza e coesione all’interno del testo.
  • competenza referenziale
    Riguarda la conoscenza del mondo e l’enciclopedia. Consente di attivare schemi e script sui quali si basano i processi di inferenza, attivando il lessico corrispondente a determinati domini di esperienza.
  • competenza socioculturale
    Si riferisce alle scelte di registro in base al contesto comunicativo in cui si produce l’atto linguistico. Questa competenza riguarda anche il valore culturale, affettivo e connotativo delle parole in funzione delle griglie culturali proprie di ogni comunità linguistica.
  • competenza strategica
    Riguarda la capacità di utilizzare strategie per risolvere problemi di comunicazione in ordine al livello di conoscenza lessicale. Ad esempio saper utilizzare le informazioni contestuali per inferire parole sconosciute o utilizzare strategie compensative in fase di produzione laddove si presentino carenze lessicali.

Un aspetto importante da tener presente, con forti ricadute sul piano metodologico, riguarda il punto in cui si afferma che la competenza sociolinguistica precede e non è il prodotto della competenza linguistica. Tale prospettiva suggerisce due osservazioni. Innanzitutto la conferma che la competenza linguistica e dunque l’analisi della lingua, non è esclusa dalla metodologia didattica, ma è intesa come prodotto dell’uso, ossia della comunicazione. Per molto tempo il sapere la lingua era inteso come il saper manipolare un certo numero di regole grammaticali precedentemente somministrate dall’insegnante sulla base della grammatica (o per essere più esatti sulla base della grammatica contenuta nei testi di studio). Il Lexical approach propone un cambiamento di prospettiva, in quanto la centralità del lessico nel percorso didattico implica che si parte dalla comprensione del significato del testo ed in secondo luogo se ne analizzi la forma. In tal senso vi è un punto di convergenza tra il Lexical approach ed il Natural approach proposto da Krashen e Terrell (1983), laddove, a proposito dell’input comprensibile si sostiene che:

Acquisition depends crucially on the input being comprehensible. And comprehensibility is dependent directly on the ability to recognize the meaning of key elements in the utterance. Thus, acquisition will not take place without comprehension of vocabulary (1983, p. 155)

1.3. Aspetti metodologici

  • A central element of language teaching is raising students’ awereness of, and developing their ability to ‘chunk’ language successfully
  • Tasks and process, rather than exercise and product, are emphasised
  • The Present-Practise-Produce paradigm is rejected, in favour of a paradigm based on ther Observe-Hypothesise-Experiment cycle

Il lessico non è formato da lemmi isolati fra loro con significato monoreferenziale, ma si organizza sulla base di rapporti di significato tra le parole, che spesso formano co-occorrenze e collocazioni di alta frequenza d’uso. Su tali aspetti la glottodidattica tradizionale non si è mai soffermata, in quanto essi rispondono spesso a regole d’uso o semantiche e di conseguenza, non esistendo una regola morfosintattica che presiede alla loro formazione, essi sono stati sistematicamente ignorati dalle grammatiche normative normalmente adottate nei corsi. Più che di lemmi dunque è giusto parlare di unità lessicali, di blocchi di parole o chunks che rappresentano una parte importante del lessico. Un aspetto importante della competenza lessicale è costituito allora dalla consapevolezza di tali chunks. È dunque importante sviluppare nei discenti l’abilità di saper riconoscere nel testo tali multi-word chunks e di saperli utilizzare e organizzare in fase produttiva.

Quale metodologia adottare per ottenere tali risultati? Innanzitutto bisogna partire da un’unità minima di significato che diviene il testo. Il Lexical approach si basa sul principio della riflessione linguistica e della scoperta delle strutture lessicali attraverso un metodo induttivo. In tal modo si dovrà escludere una metodologia basata sulla presentazione della regola e sull’applicazione di essa attraverso esercizi ripetitivi di tipo pattern drills. La regola, nel nostro caso, viene scoperta dall’allievo con l’aiuto dell’insegnante e dunque la sua sistematizzazione e fissazione si colloca alla fine del percorso di scoperta che parte dal contatto con il testo, con l’input nella sua interezza e complessità; da qui, attraverso la riflessione linguistica si previene ad formulare le possibili ipotesi di funzionamento della struttura lessicale. Infine tali ipotesi devono essere verificate e i chunks individuati riutilizzati attraverso tasks, compiti da eseguire e attività di problem solving, e non attraverso la semplice ripetizione passiva. In questo senso il Lexical approach si colloca non solo all’interno degli approcci di matrice comunicativa, ma attraverso lo sviluppo di una metodologia incentrata su riflessioni di tipo induttivo, acquisisce una forte valenza umanistico affettiva, in quanto pone al centro del processo di apprendimento il discente con le sue strategie, considerandolo come persona che apprende riflettendo su ciò che fà e non come studente che impara un prodotto già precostituito che gli viene presentato acriticamente.

2. La struttura del lessico

Lewis propone una suddivisione del lessico in quattro categorie principali:

  • Words/Poliwords
  • Collocations
  • Institutionalised Utterances
  • Sentence frames or heads

Le prime due categorie riguardano il significato referenziale, mentre le altre due il significato pragmatico.

1.2.1. Word/polyword

Si tratta degli items lessicali tradizionalmente presenti nella consuetudine didattica. Sono parole assunte come unità indipendenti; se si sostituiscono tali unità cambia il senso della frase (es.: Scusa, mi presteresti la matita/la penna/il disco/il libro ecc.). In genere, quando si pensa alla didassi del lessico negli approcci tradizionali si pensa all’insegnamento di queste singole parole. La competenza lessicale coincide quindi con la memorizzazione del maggior numero di lemmi possibile.

Altre unità indipendenti sono parole singole come basta, certo, prego, volentieri ecc. In questa tipologia rientrano anche locuzioni composte da più di una parola e che possiedono un certo grado di idiomaticità, come ad esempio le espressioni a proposito, d’altra parte, comunque sia, ad ogni modo, né più né meno, ecc. Si tratta di locuzioni polifunzionali composte da più parole, assumibili come singole unità lessicali. Sono espressioni fisse che possono svolgere diverse funzioni all’interno del discorso. Si pensi a locuzioni avverbiali come alla rinfusa o a bruciapelo, oppure a locuzioni preposizionali come dal punto di vista di, a seconda di, in base a, oppure a locuzioni con valore congiuntivo come in modo che, di tal sorta che ecc. Si tratta spesso di espressioni e locuzioni di non facile identificazione da parte di chi apprende una lingua straniera, ma che ricorrono con una certa frequenza. In genere, la didattica tradizionale, fortemente orientata a presentare i fenomeni linguistici sulla base di una regola desunta dalla grammatica normativa, non ha preso in considerazione in modo sistematico queste strutture, le quali, costituendo un unico item lessicale, possono essere facilmente memorizzate dagli allievi.

1.2.2. Collocations

La seconda tipologia indicata da Lewis è costituita dalle collocazioni. In ogni lingua esse rappresentano co-occorrenze di alta frequenza che si dispongono sul piano sintagmatico senza specifiche relazioni sintattiche. Si tratta di lemmi che ricorrono spesso insieme all’interno della catena discorsiva e che si attraggono in modo particolare. Per esempio, l’aggettivo castano si riferisce sempre al colore dei capelli, per cui nella lingua italiana si dice che una persona ha i capelli castani, ma mai che ha i capelli marroni. L’aggettivo rancido si accosta con alta frequenza al sostantivo burro, così come aspro a limone ecc. È da tener presente che le parole che formano questa tipologia di co-occorrenze non si attraggono nello stesso modo: l’aggettivo castano attrae con maggior forza il sostantivo capelli di quanto non accada nel caso contrario, e lo stesso vale per gli altri esempi citati. Da ciò deriva la possibilità di individuare, all’interno di una determinata collocazione, una “parola chiave” sulla quale essa si regge. La riflessione su questo aspetto è molto importante perché, da un lato, porta a sviluppare una certa metacompetenza linguistica e, dall’altro, consente di far apprendere sia il lemma chiave che quello ad esso strettamente correlato, mediante la creazione di chunks nella memoria a lungo termine che ne facilita la memorizzazione ed in seguito il recupero nell’atto comunicativo.

Le collocazioni possono tuttavia rappresentare un ostacolo per gli allievi, perché si reggono, in alcuni casi, su legami di tipo semantico, spesso determinati dal valore connotativo del significato, in altri casi, su legami di tipo sintagmatico o pragmatico, determinati più che altro dall’uso. Tali collocazioni sono patrimonio di una stessa comunità linguistica che ne condivide il significato, ma possono essere differenti in altre lingue. Risultano dunque di difficile riconoscimento per lo studente di lingue straniere; può accadere infatti che si creino fenomeni di transfert negativo, perché l’apprendente è spesso portato a riprodurre nella lingua target le cooccorrenze presenti nella sua lingua madre. Nel Lexical Approach le collocazioni hanno un ruolo importante, pertanto l’insegnante dovrebbe far prendere coscienza della loro struttura all’interno della lingua, dedicando un certo tempo ad attività che ne favoriscano la memorizzazione, in modo che possano essere associate come singole unità nelle reti semantiche della memoria a lungo termine.

1.2.3. Institutionalised utterances

Rientrano in questa categoria tutti i chunks di uso pragmatico, appartenenti principalmente al codice orale, che vengono assunti come singole unità. La lingua parlata è ricca di tali chunks, che possono essere costituiti anche da intere frasi, identificabili all’interno di un determinato contesto. Espressioni come c’è una telefonata per te, apro io, non ha niente a che fare con me, non ne so nulla ecc. possono essere assunte come singole unità all’interno di un discorso ed essere apprese come tali. Di questa categoria fanno parte molte formule e routine linguistiche utilizzate con frequenza che, pur presentando una certa idiomaticità, hanno comunque un alto grado di trasparenza, a differenza, ad esempio, degli apoftegmi, che per uno straniero possono essere difficili da capire, perché spesso la somma dei significati delle parole che li compongono non basta a renderli comprensibili se non se ne conosce il significato traslato o metaforico (ne parleremo in modo esteso nel capitolo VI).

Sono della stessa tipologia anche espressioni come se fossi in te, se fossi al tuo posto, ecc., molto frequenti nella comunicazione, ma che di solito vengono insegnate quando si affronta il periodo ipotetico. Ancora una volta alcune strutture vengono insegnante non in base alla loro frequenza d’uso, ma al grado di difficoltà grammaticale che comportano. Per le impostazioni metodologiche più tradizionali non sarebbe stato pensabile apprendere l’espressione se fossi in te se non dopo la spiegazione grammaticale dei modi congiuntivo e condizionale e della relazione tra modi e tempi all’interno del periodo ipotetico. In realtà, è possibile apprendere questi chunks all’interno dei contesti in cui si presentano senza necessariamente partire dalla spiegazione grammaticale. Si tratta, insomma, di realizzare in pieno quello spostamento di enfasi suggerito da Lewis, per cui la spiegazione grammaticale avviene in un secondo momento e non costituisce la base dell’apprendimento che è invece di tipo lessicale:

those sentences that are fully institutinalised utterances can be learned and used as wholes, without analysis, thereby forming the basis, not the product, of grammatical competence (Lewis 1997: p. 259).

È evidente che focalizzare l’attenzione su questo tipo di routine e formule linguistiche, che si traducono in items lessicali costituiti da intere frasi grammaticalizzate, è in chiara antitesi con l’insegnamento del lessico soprattutto di matrice strutturalista, basato, da un lato, sull’atomizzazione della lingua e, dall’altro, sul paradigma presentare/praticare/produrre (present-practice-produce), di chiara derivazione dall’impianto neocomportamentista basato sul processo stimolo/risposta/rinforzo. Si tratta di una metodologia di tipo induttivo per cui, presentata un modello generale, questo viene iperappreso attraverso la ripetizione e, una volta formata l’abitudine linguistica, lo studente sarebbe in grado di utilizzarlo in fase produttiva.

Nel caso dell’apprendimento di chunks come quelli descritti, si pone invece la necessità di adottare il paradigma osservare/creare ipotesi/sperimentare (observe-hypothesise-experiment). Partendo quindi dall’osservazione di determinate occorrenze, routine, formule linguistiche presenti in un testo si può, attraverso tecniche inferenziali formulare l’ipotesi di una possibile regola generale a partire dall’osservazione del fenomeno particolare, comprendendo così la struttura e la funzione pragmatica dei chunks lessicali; una volta compresi, i chunks possono essere riutilizzati generando nuova lingua.

1.2.4. Sentence frames or heads

Si tratta di forme istituzionalizzate che rientrano nel codice scritto della lingua e sono estremamente utili per decodificare testi di una certa lunghezza. Si tratta prevalentemente di espressioni, come in primo luogo… in secondo luogo… infine, passeremo ora ad analizzare una serie di punti ecc., che strutturano lunghi passaggi scritti, ma possono essere presenti anche nella lingua parlata di registro o formale o specialistico (per esempio in una conferenza). Lo studio di queste strutture dipende in gran parte dall’obiettivo che si propone il corso. Nel caso di studenti che devono accedere a corsi di lingue straniere di livello accademico o di tipo scientificoprofessionale, la conoscenza di questa tipologia di chunks lessicali può essere di grande utilità sia per codificare il discorso in fase ricettiva sia per organizzare la produzione scritta e all’occorrenza orale.

L’insegnamento del lessico dovrebbe dunque focalizzarsi sulle quattro tipologie descritte, tenendo presente che spostare l’enfasi più su una che sull’altra dipende interamente dal tipo di corso e dall’obiettivo che esso si pone.

In The Natural Approach Krashen e Terrell (1983) sostengono, come abbiamo già notato in precedenza, che si impara lingua attraverso input purché questo sia reso comprensibile. Comprendere il contenuto di un testo è la condizione necessaria per accedere alla sua struttura, cioè alla forma. Porre il lessico al centro della metodologia didattica, attribuendo alla grammatica un ruolo importante, ma subalterno, crea di fatto le condizioni per realizzare quanto è sostenuto da Krashen e Terrell. Tuttavia, osserva Lewis (1997b ), è molto importante sviluppare la consapevolezza metalinguistica; il saper riconoscere i chunks lessicali di una lingua e il conoscerne la struttura e formazione attivano un processo di apprendimento consapevole che può favorire l’acquisizione linguistica. In quest’ottica la posizione di Lewis rispetto alla dicotomia acquisizione/apprendimento di Krashen è più sfumata, in quanto attribuisce all’apprendimento conscio e strutturato un ruolo più significativo di quanto non preveda il modello di Krashen.

Conclusioni

Nel nostro intervento abbiamo presentato gli aspetti fondamentali del Lexical approach, in particolar modo rispetto al ruolo svolto dalla grammatica e dal lessico all’interno di una nuova visione della lingua orientata verso la lessico-grammatica.

Ci siamo consapevolmente orientati verso un intervento di tipo teorico in quanto esso rappresenta parte complementare dei due laboratori di metodologia sul Lexical approach tenuti nel contesto del congresso organizzato a Roma dalla Dilit International House. Speriamo comunque che i presupposti del Lexical approach abbiano ulteriori conferme in proposte pratiche ed operative, anche se la diffusione di tale approccio in contesti non anglosassoni è ancora in divenire. Ci auguriamo inoltre che l’interessante proposta di Lewis possa rappresentare un ulteriore stimolo per i docenti per riflettere sulla necessità di sviluppare nei discenti la competenza lessicale e che presto siano a disposizione degli insegnanti nuovi materiali didattici interamente ispirati all’approccio lessicale.

Bibliografia

Balboni P., 1998, Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino UTET Libreria.

Cardona M., 2003, Il Lexical Approach e i processi della memoria: alcune convergenze, in: R. Dolci, P. Celentin, (a cura di), La formazione del docente di italiano per stranieri, Roma, Bonacci.

Cardona M., 2004, Il lexical approach nell’insegnamento dell’italiano, in: In. It. 14. Cardona M., 2004, Il lexical approach: riconsiderare il lessico e la grammatica, in: P. Mazzotta, (a cura di), Modelli grammaticali e teorie linguistiche, SeLM (Scuole e lingue moderne), 4-6, XLII,.

Cardona M., 2005, Applicazioni del lexical approach nell’insegnamento dell’italiano

Cardona M.,2004, Apprendere il lessico di una lingua straniera. Aspetti linguistici, psicolinguistici e glottodidattici, Bari, Adriatica Editrice. come lingua straniera, in: Babylonia, 3.

Krashen S. D., Terrrell T., 1983, The Natural Approach, Language Acquisition in the Classroom, Oxford, Pergamon.

Lewis M., 1993, The Lexical Approach, Hove, England, Language Teaching Publication.

Lewis M., 1997a, Implementing the Lexical Approach, Hove, England, Language Teaching Publication.

Lewis M., 1997b, Pedagogical Implications of the Lexical Approach, in: Coady J., Huckin T. (a cura di) Second Language Vocabulary Acquisition, Cambridge, Cambridge University Press.

Lewis M., 2000, Teaching Collocation. Further Developments in the Lexical Approach, Hove, England, Language Teaching Publication.

Meara P., 1980, Vocabulary Acquisition: a Neglected Aspect of Language Learning, in Language Teaching & Linguistics Abstracts, 13, 4, pp. 221-246.

Morgan J., Rinvolucri M., 1986, Vocabulary, Oxford, Oxford University Press.

Nation I. S. P., 2001, Learning Vocabulary in Another Language, Cambridge, Cambridge University Press.

Nattinger J, De Carrico J., 1992, Lexical phrases in language teaching, Oxford, Oxford University Press.

Serra Borneto C., 1998, (a cura di), C’era una volta il metodo, Roma, Carocci.

Widdowson H., 1978, Teaching Language as Communication, Oxford, Oxford University Press.

Widdowson H., 1979, Explorations in Applied Linguistics, Oxford, Oxford University Press.

Wilkins D., 1972, Linguistics in Language Teaching, London, Edward Arnold.

Willis D., 1990, The Lexical Syllabus, a New Approach to Language Teaching, London, Harper Collins Publishers.

Zimmerman C. B., 1997, Historical Trends in Second Language Vocabulary Instruction, in: Coady J., Huckin T. (a cura di) Second Language Vocabulary Acquisition, Cambridge, Cambridge University Press.