Il Portfolio Europeo delle Lingue e il MIUR
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Direzione Generale Relazioni Internazionali
È per me un vero piacere essere oggi qui per portare il saluto della Direzione Generale per le Relazioni Internazionali del M.I.U.R., in particolare dell’Ufficio IV, l’ufficio istituzionalmente incaricato di fare da tramite con il Consiglio d’Europa per tutto ciò che riguarda l’insegnamento delle lingue straniere.
Noi siamo qui riuniti per parlare del Portfolio Europeo delle Lingue. La mia presenza qui si spiega in quanto, come voi sapete, presso la D.G.R.I. del Ministero opera una Commissione di esperti, di cui faccio parte, che ha il compito istituzionale di:
- esaminare i diversi modelli di Portfolio che andranno alla validazione e di stabilire se sono conformi alle indicazioni fornite dal Consiglio d’Europa in ottemperanza a quanto specificato dalla “Risoluzione sul P.E.L.”, adottata dalla 20a Conferenza permanente dei Ministri dell’Istruzione a Cracovia il 15 -17 ottobre 2000;
- essere l’elemento di contatto con la “Direzione Politiche Linguistiche” del C.d’E. per le iniziative di sperimentazione presenti sul territorio italiano;
- proporsi come punto di riferimento per eventuali gruppi sperimentatori di nuovi modelli di Portfolio;
- porsi come soggetto interlocutore nei confronti dei diversi Paesi membri del C.d’E. dove sono presenti sperimentazioni di P.E.L., in particolare in quei Paesi con i quali esistono condizioni di vicinanza geografica (regioni frontaliere) e/o pregresse esperienze di scambio o di progetti transnazionali.
A tutt’oggi i modelli di Portfolio presentati dall’Italia e validati dal C.d’E. sono i seguenti:
- n° 25.2002 – Modello per studenti di scuola secondaria inferiore (Umbria).
- n° 26.2002 – Modello per alunni di scuola primaria (Piemonte).
- n° 30.2002 – Modello per studenti di scuola secondaria inferiore (Lombardia).
- n° 40.2003 – Modello per studenti universitari (Calabria).
- n° 49.2003 (8.2001 UK) – Modello per alunni di scuola primaria. Loescher (Piemonte).
- n° 54.2003 – Modello per studenti di scuola secondaria e adulti (Piemonte).
Ora, prima di parlare del P.E.L. come strumento di valutazione delle competenze linguistiche, è opportuno ricordare i motivi per cui il Consiglio d’Europa, organismo intergovernativo composto da 44 Stati membri, con sede a Strasburgo, l’abbia promosso ed a quali finalità di questo organismo esso corrisponda.
A tal fine è necessario riferirsi ad alcuni documenti di indirizzo politico che hanno affrontato temi dell’insegnamento/apprendimento delle lingue per i cittadini europei.
Proprio da questi documenti sono partite le azioni pratiche che sono sfociate nella creazione del “Common European Framework of Reference for Languages” e del Portfolio Europeo delle Lingue.
I documenti in parola sono:
- la Raccomandazione n° R.(82) 18 del 24 settembre 1982;
- la Raccomandazione n° R.(98) 6 del 17 marzo 1998;
- la Risoluzione sul P.E.L. già citata (Cracovia 2000).
In tutti questi documenti si raccomanda ai governi degli Stati membri di “dare attuazione e creare le condizioni favorevoli per la diffusione e l’uso del P.E.L.”.
In sostanza essi ribadiscono che “è necessario un maggiore sforzo educativo per trasformare la diversità (linguistica e culturale) da barriera della comunicazione in risorse per l’arricchimento e la comprensione reciproci” e che “solo attraverso una migliore conoscenza delle lingue moderne europee sarà possibile facilitare la comunicazione e l’interazione tra gli europei di diverse madri lingue con lo scopo di promuovere la mobilità, la cooperazione e la comprensione reciproca e superare il pregiudizio e la discriminazione”.
La Raccomandazione del 1998 insiste, in particolare, sulla necessità di diffondere il plurilinguismo a tutti i livelli e di fornire ai cittadini europei gli strumenti per promuovere, nell’ottica di un’educazione permanente, “la comprensione interculturale, la mobilità, e la cooperazione internazionale”.
A seguito di queste Raccomandazioni la prima azione concreta di ampio respiro che si è adottata è stata la creazione di un testo teorico di riferimento, il “Framework”, che è stato pubblicato nel 2001 in occasione dell’anno internazionale delle lingue.
Con questo “Framework” si è cercato di:
- fornire un linguaggio comune per superare le barriere di comunicazione tra i professionisti che operano in campo linguistico e promuoverne la cooperazione;
- offrire i mezzi per riflettere sulle pratiche correnti nell’insegnamento linguistico, per coordinare gli sforzi e assicurarsi che essi soddisfino le esigenze degli alunni;
- fornire una base per il mutuo riconoscimento delle certificazioni in campo linguistico.
Il “Framework” si pone dunque come un modello di riferimento che si è andato imponendo sempre più e che viene usato in un’ottica di certificazione, poiché offre dei parametri noti e facilmente interpretabili da chi legge.
In tale ambito il P.E.L. viene ad essere uno strumento di documentazione dell’apprendimento linguistico, sia esso avvenuto a scuola o in contesto extrascolastico, che permette al titolare di registrare le tappe e gli esiti dell’apprendimento e di riflettere su di esso e sulle sue esperienze interculturali. Esso quindi risponde alle finalità poste dal Consiglio d’Europa di sviluppare la cittadinanza democratica nel nostro continente tramite:
- l’approfondimento della comprensione e della tolleranza reciproca tra i cittadini d’Europa;
- il rispetto della diversità culturale e dei modi di vivere;
- la protezione e la promozione della diversità linguistica e culturale;
- lo sviluppo del plurilinguismo inteso come un processo che si svolge lungo tutto l’arco della vita;
- lo sviluppo dell’individuo che apprende una lingua;
- lo sviluppo delle capacità di apprendere una lingua in modo autonomo;
- la trasparenza e la coerenza nei programmi di apprendimento delle lingue;
- la descrizione chiara e trasparente delle competenze e delle qualifiche per facilitare la mobilità in
Europa.
In conclusione mi sembra opportuno qui ricordare che il valore pedagogico del P.E.L. è collegato
alla sua funzione di documento che, nella sua componente “Passaporto”, registra e testimonia i diversi livelli di competenza raggiunti in relazione ai descrittori linguistici del “Framework”.
Quindi è ferma volontà della D.G.R.I. promuovere una conoscenza sempre più ampia del Portfolio e delle implicazioni didattiche che il suo uso sottintende.
Infatti crediamo che le molte forze in campo sul territorio e le varie esperienze di sperimentazione possano raccordarsi tra loro e costituire una risorsa che concorra al raggiungimento di quegli obiettivi ribaditi dal Consiglio d’Europa quando invita gli Stati membri ad intraprendere ulteriori azioni per “migliorare la padronanza delle competenze di base, segnatamente mediante l’insegnamento di almeno due lingue straniere sin dall’infanzia”.