La pre-visione
– Cosa fa il bravo insegnante prima di entrare in classe?
– Prepara diligentemente la lezione.
Presentata così, la questione sembrerebbe chiusa. Se non fosse che anche le lezioni diligentemente preparate a volte non sono soddisfacenti. A volte non si riesce a capire perché mai quella lezione così accuratamente preparata si è invece faticosamente trascinata fino alla fine. Trovare i responsabili di tutto questo è questione di un attimo: sono loro, i nostri beneamati studenti, che con la loro pigrizia, la loro scarsa attenzione e il loro modo svogliato fanno di tutto per vanificare tutti i nostri sforzi. È interessante notare che quando tutto va bene in classe si fa risalire il merito alla nostra cura e alla nostra bravura, quando succede il contrario si attribuisce inesorabilmente la responsabilità agli studenti.
Forse è il caso di approfondire. Se non altro per onestà intellettuale. Partiamo da “Prepara diligentemente la lezione”. Di norma questa frase ha questo significato: “Presenterò questi argomenti, svolgerò queste attività, farò fare questi lavori, spiegherò queste regole, ecc.” Ci si prepara, cioè, accuratamente riguardo ai contenuti della lezione, la successione dei lavori didattici, l’osservanza del programma prestabilito.
Tutto ciò sembra lodevole certamente, ma forse si può fare di più.
Riflettiamo un momento: in questa fase la cura dell’insegnante è concentrata su se stesso, su ciò che presenterà o farà. Tutte le frasi che usa per descrivere questa fase hanno come soggetto “io”.
Nella riflessione sopradescritta manca un componente di quell’esperienza che si andrà a vivere fra le mura dell’aula: gli studenti. Non c’è il minimo accenno che li riguardi. Forse è proprio qui l’anello debole, il terreno instabile che farà “traballare” la nostra lezione. Prendere in considerazione gli studenti in fase di preparazione di lezione obbliga a modificare forse alcuni schemi mentali: insieme al classico pensiero “Cosa faccio oggi in classe?”, ci sarà anche “Cosa faranno loro quando io farò o dirò questo?” Questa impostazione ci impone uno sforzo di preparazione maggiore.
“Che succederà quando dirò questa cosa ?”, ” Se farò questo gesto capiranno?”, “Questa istruzione sarà capita ed eseguita senza problemi?”, “Se non mi capiscono subito cosa devo fare?”, ecco altre domande che dovremmo porci.
Prendere maggiormente in considerazione lo studente significa dunque sforzarsi di immaginare come saranno percepite le nostre parole, quale impatto avranno i nostri movimenti e i nostri gesti. Bisognerà dunque decidere in anticipo cosa dire, con quali parole, come muoversi, cosa muovere, a chi rivolgersi, preparare alternative da mettere in atto in caso di incomprensione, ecc. ecc.
Riporto dallo Zingarelli una definizione di “immaginare”: vedere con la mente, prevedendo.
Pre-vedere la lezione, dunque. Sembra un’ovvietà, ma non lo è.
Nel momento in cui “pensiamo” agli studenti in fase di preparazione della lezione la visualizzazione di ciò che prevediamo moltiplica gli spunti di riflessione e la pre-visione avrà un grado di corrispondenza con ciò che succederà direttamente proporzionale alla precisione e alla tempestività con cui visualizzeremo le fasi della lezione. Questo tipo di impostazione consente da una parte una autoanalisi approfondita sul lavoro che si andrà a svolgere e dall’altra pone lo studente in una posizione centrale riguardo al fenomeno apprendimento.
L’autoanalisi
Una delle questioni che vengono affrontate durante i corsi per la formazione di insegnanti è il “parlato” dell’insegnante. Lo sforzo maggiore che gli aspiranti insegnanti si ritrovano a sostenere è quello di semplificare le frasi con cui si rivolgono ai loro studenti e di ridurre la quantità delle parole da usare. È spesso una grande sorpresa riascoltare le frasi usate per impartire un’istruzione (a volte è veramente ammirevole la capacità degli studenti di capire le istruzioni che vengono loro date!).
C’è poi da considerare la valutazione circa gli obiettivi che le nostre istruzioni perseguono. Domandarsi sempre perché proponiamo agli studenti di fare un determinato lavoro avrà come risultato il chiarire a noi stessi la strada che stiamo percorrendo. La questione può assumere dimensioni inaspettate. Ci si potrebbe trovare di fronte alla situazione di prendere coscienza che gli obiettivi sono poco chiari, o poco utili, o velleitari. Essere rigorosi rispetto agli obiettivi da prefiggersi significa avere un rapporto di trasparenza nei confronti degli studenti. La scarsa chiarezza genera confusione nella mente degli studenti, la poca utilità ha come conseguenza la loro disistima nei nostri confronti, un obiettivo velleitario produce frustrazione sia in loro che in noi.
Un altro aspetto da analizzare: i messaggi che noi mandiamo non sono soltanto verbali, anche il nostro corpo con i suoi movimenti, i suoi gesti, la sua espressività produce una serie di messaggi più o meno espliciti ed evidenti. Alcuni esempi che traggo dalla mia esperienza di formatore. A volte non ci si rende conto di essere per la maggior parte del tempo girati verso uno o alcuni studenti, ignorandone altri; a volte non si ha coscienza che alcuni gesti o espressioni tradiscono nervosismo o antipatia; a volte la posizione troppo vicina provoca nervosismo nello studente che non vi è abituato. Una visualizzazione accurata potrà fornirmi quelle informazioni necessarie affinché tutti i miei movimenti, la mia gestualità e le mie espressioni siano in armonia con un normale andamento della lezione.
Da non sottovalutare anche l’opportunità di poter ridurre quegli spiacevoli inconvenienti pratici che a volte intralciano il lavoro didattico: mancanza di oggetti necessari allo svolgimento di un determinato lavoro, movimento degli studenti che prende un tempo di gran lunga superiore al previsto, necessità di riposizionare mobili o oggetti dell’aula, un numero di studenti presenti che rende difficoltoso lo svolgimento di un certo tipo di attività. Una visualizzazione accurata avrà dunque come risultato un previdente approvvigionamento di materiale didattico, un movimento fluido e scorrevole degli studenti all’interno dell’aula e il tempestivo ricorso a variazione nelle modalità didattiche in caso di necessità.
La centralità dello studente
Considerare lo studente come un individuo e non come un puro ricevitore di informazioni dovrebbe essere il punto di partenza di qualsiasi riflessione in merito all’apprendimento. Diamolo per scontato.
Se dunque assumiamo questo presupposto non possiamo non prendere in considerazione lo studente come l’elemento essenziale del processo di apprendimento. In altre parole, se desidero che la mia opera di insegnante incida in qualche modo sulla conoscenza dello studente devo riflettere su cosa succederà quando interagirò con lui. Non posso pensare soltanto a ciò che farò io insegnante, devo anche pensare a ciò che farà lui studente. E questo sarà possibile soltanto se io insegnante conosco lo studente.
Non si può insegnare una lingua a uno sconosciuto.
A meno che non si consideri l’insegnamento come la spiegazione di un libretto di istruzioni (la famosa Grammatica) per far funzionare un meccanismo (la Lingua).
Se invece l’insegnamento di una lingua è visto come una serie di proposte ed attività volte ad aiutare una persona ad impadronirsi di uno strumento di comunicazione umana, di uno strumento che gli possa permettere di essere sempre se stesso anche quando si esprime nell’altra lingua, allora risulta evidente quanto sia indispensabile conoscere questa persona. Per fare questo non basta “vedere” gli studenti, assicurarsi che siano fisicamente davanti a me, devo anche “guardarli”, avere cioè la consapevolezza che è in atto un rapporto di comunicazione fra esseri umani. Se c’è questa consapevolezza non posso esimermi dal considerare le sue caratteristiche. Soltanto conoscendolo posso rispettare la sua personalità, capire le sue eventuali difficoltà, far emergere le sue potenzialità, sapere quali aspettative ha, motivarlo nel modo più efficace.
Potrò insegnargli qualcosa se saprò riflettere a fondo sulle sue possibili reazioni e la riflessione potrà aiutarmi a “visualizzare” il suo comportamento, oltre al mio. E questa visualizzazione mi permetterà di rivolgermi allo studente nel modo migliore. Mi permetterà di non metterlo in imbarazzo, di evitargli momenti di stress così controproducenti per l’apprendimento. La visualizzazione mi consentirà inoltre di “vedere” le dinamiche di gruppo che possono svilupparsi all’interno della classe durante la lezione e non è necessario spendere troppe parole sull’importanza di un’atmosfera serena all’interno dell’aula e di una fattiva collaborazione tra gli studenti.
Ovviamente non si può prevedere tutto. Ma se avrò impostato il mio lavoro nel modo sopradescritto sarò più pronto a rimediare all’imprevisto. L’imprevisto può naturalmente avere origine da un mio errore di previsione e in tal caso l’esperienza mi sarà di lezione per il futuro, ma può anche essere causata da un comportamento inusuale di qualche studente; in questo secondo caso il lavoro di riflessione e previsione daranno certamente un contributo importante nel farmi trovare le più opportune correzioni di rotta da adottare nel corso della lezione. Sarà mio compito poi valutare se il comportamento inusuale adottato dagli studenti è tale per un difetto di conoscenza da parte mia o se invece dipende da fatti contingenti e che attengono alla vita privata degli studenti stessi.
Una precisazione: quando penso alla pratica della visualizzazione non “vedo” lunghe riflessioni sulle innumerevoli possibilità su quanto potrà succedere in classe. “Vedo” piuttosto una rapida successione di domande, risposte, immagini che cambiano e che attraversano la mente dell’insegnante. È la ricerca di armonizzare il proprio essere con gli altri . È una sorta di rispetto. Si tratta, in conclusione, di un piccolo, ma importante cambiamento.