Parlare di un testo letterario
Far parlare gli studenti intorno ad un testo letterario è una problematica che riguarda in principal modo gli insegnanti di L2 nelle scuole pubbliche, che sono obbligati ad attenersi a programmi ministeriali notoriamente farciti di letteratura più o meno alta. Solo pochi di noi durante le lezioni di inglese del liceo hanno avuto il privilegio di imparare ad usare uno “should” a discapito magari dell’Ode ad un’urna greca di John Keats.
Ma che dire a quegli insegnanti che si prefiggono l’ambizioso obbiettivo di insegnare una L2 pur continuando a proporre la letteratura?
Nel laboratorio che ho preparato in collaborazione con Stefania Marcon ci siamo posti proprio di fronte a questa domanda.
Il tentativo di dare una risposta ha fatto sì che la direzione della ricerca si diramasse in molteplici direttrici conducenti a loro volta verso nuovi quesiti e non era possibile prenderle tutte in considerazione. Una nuova domanda però non la si poteva evitare: “che significa, come insegnante, porsi di fronte ad un testo letterario?”.
La lingua letteraria è altra rispetto a quella giornalistica e a quella epistolare, che invece sono in un territorio più vicino a quello della lingua parlata, quindi presumibilmente c’è bisogno di un approccio differente da quello che usiamo, per esempio, per leggere un giornale. Nel caso in cui i lettori poi siano giovani o giovanissimi della scuola pubblica (quindi più o meno obbligatoria) il discorso si complica in maniera esponenziale. Il rischio più grave quando si parla di “cultura” è che l’insegnante trovi il momento a lui più congeniale per dare libero sfogo al suo narcisismo. Questo atteggiamento non può che creare una distanza tra lo studente e il testo letterario alto appoggiato dalla figura istituzionale dell’insegnante.
È senz’altro questo il primo rischio da evitare, ma se andare in alto è così pericoloso, cosa comporterebbe scendere sulla terra e far attivare l’oggetto dello studio al livello degli studenti? Noi abbiamo provato a fare questo: come amanti abbiamo tentato di dimenticarci dell’aura che un’opera per noi importante porta con sé, come insegnanti ci è toccato il compito di dare degli strumenti e poi metterci da parte, senza aggredire gli studenti con le nostre verità.
L’obbiettivo primario diventava coinvolgere. Per esempio attraverso vere e proprie attività preparatorie per le quali abbiamo pensato a due strategie base: una legata all’idea di teatro, l’altra a quella di gioco. Ecco alcune idee che abbiamo proposto agli insegnanti che hanno partecipato al laboratorio:
- Un insegnante particolarmente disinibito introduce gli studenti nell’atmosfera del brano o dell’opera che andranno in seguito a leggere attraverso una messa in scena improvvisata o addirittura una sua performance. Porta in classe gli odori, i colori, gli oggetti presenti nel testo, li sistema e poi fa accomodare gli studenti provocando in loro una disposizione e un’aspettativa. Da concatenarsi a questo o da usarsi da sola è la performance: l’insegnante (o chi per lui) entra in classe e recita una parte di quello che si leggerà prima che gli studenti possano raccapezzarsi. Oppure porta gli allievi in un luogo dove succederà qualcosa: uno o più eventi che hanno il compito di incuriosire e invogliare gli studenti ad affrontare l’opera che vogliamo proporre.
- L’insegnante smembra un testo (un racconto, una poesia, un estratto da un romanzo…) tagliandolo in un numero variabile di pezzi. Prepara poi più buste uguali e le distribuisce a tanti gruppi quante sono le buste. La squadra che riuscirà a ricostruire per primo l’intero testo correttamente avrà vinto.
- Gioco/Teatro. Naturalmente i due concetti possono sovrapporsi. Questa idea può essere applicata a qualsiasi opera, sia essa un romanzo o un testo teatrale: l’importante è che faccia uso di discorso diretto. L’insegnante elimina tutte le battute pronunciate da un personaggio, lasciando intatto il resto. In un’altra copia ripete l’operazione su un altro personaggio. Si divide la classe in due gruppi e si dà un testo ad ogni gruppo. Il compito degli studenti è quello di ricostruire le battute mancanti, avendo come aiuto il contesto, le battute degli altri personaggi, le didascalie del proprio personaggio. Si propone infine agli studenti una piccola rappresentazione teatrale dei due lavori.
Questi esempi di attività, e altre che possono venire in mente, non fanno altro che introdurre lo studente nell’atmosfera dell’opera che l’insegnante propone loro. Li invoglia, li provoca, li incuriosisce, e sarebbe una crudeltà a questo punto privarli del piacere del confronto con il testo originale.
Il pericolo a questo punto è che dopo la lettura l’entusiasmo e la curiosità lascino il posto alla difficoltà che rappresenta l’opera, quindi di nuovo alla frustrazione e al rifiuto. Starà all’insegnante far sì che la soglia di attenzione dello studente rimanga alta. Questo può essere ottenuto proponendo attività che utilizzino da una parte quello che si è letto e dall’altra l’interpretazione soggettiva dello studente.
È anche auspicabile non rompere la catena del gioco con l’attività istituzionale della lettura, ma mantenere un continuum con l’atmosfera giocosa di prima dell’inizio. È quindi consigliabile fare in modo che gli studenti vivano il momento della lettura come la fase preparatoria di un gioco successivo.
Per renderci meglio conto dell’importanza di questo aspetto durante il laboratorio del Seminario Internazionale è stato fatto un piccolo esperimento sui partecipanti.
La classe era divisa in due gruppi, che svolgevano attività differenti sullo stesso racconto[1].
Al primo gruppo veniva distribuito il testo con l’istruzione: “leggete” [2].
Nel secondo gruppo l’insegnante prima di dare il testo introduceva una situazione immaginaria: “Siete dei critici letterari. Dovete fare un’intervista all’autore di questo racconto. Leggete il testo e poi preparate le domande”.
Dalle diverse reazioni dei partecipanti era chiaro che l’entusiasmo e l’attenzione con cui veniva letto il testo dal gruppo dei “critici ” era visibilmente superiore dell’altro.
Questo piccolo esperimento ci ha mostrato che il momento della lettura può con facilità rappresentare l’anello debole della catena di attività legate ad un testo letterario, e che anche con un gruppo di adulti l’istruzione di leggere ex abrupto tre sole pagine senza sapere quello che accadrà in seguito può creare un clima di insofferente attesa. È inutile aggiungere che i rischi di disattenzione e disinteresse si amplificherebbero esponenzialmente nel caso in cui i nostri allievi dovessero essere dei ragazzi obbligati a venire a scuola.
Le attività che abbiamo presentato al Seminario non sono che due esempi del fatto che una volta che abbiamo cancellato l’aura ad un’opera letteraria, possiamo usarla come meglio ci piace, senza per questo mancare di rispetto a nessuno, ma anzi, dando la possibilità a qualche persona di avvicinarsi ad un libro, forse ad un autore e ad una cultura. E sarà quello il nostro più grande successo di insegnanti.
Se saremmo stati in grado di far leggere senza fatica e con entusiasmo un’opera ai nostri studenti non sarà difficile farli parlare. Con tutte le molle che hanno caricato fino ad ora verrà da loro stessi il desiderio di liberare l’energia incamerata e confrontarsi e motivare le proprie scelte.
[1] Il mantello di Dino Buzzati.
[2] Dopo aver letto il testo, è stato distribuito un foglio lavoro. Ogni studente aveva il compito di rispondere ad alcune domande che univano la sfera personale con l’immaginario del testo. Nell’attività proposta veniva chiesto di scrivere vicino al nome di ogni personaggio un oggetto della propria cucina, di indicare un tempo e un luogo nel quale si potrebbe ambientare il racconto, di scegliere e ritagliare all’interno di alcune riviste fornite dall’insegnante tre immagini che ricordino per qualsiasi motivo l’atmosfera del racconto. È naturalmente possibile trovare un infinito numero di domande di questo genere da porre agli studenti. Veniva poi chiesto di parlare con un altro studente e “motivare” le proprie scelte.