Che cosa è cambiato nell’insegnamento linguistico negli ultimi anni
Premessa
Nel corso del 10° Seminario Internazionale della Dilit International House, ho sollecitato i partecipanti a rispondere per iscritto al quesito “Che cosa è cambiato nel tuo modo d’insegnare, dall’inizio della tua attività?”.
Attraverso tale indagine, intendo offrire a quanti siano interessati all’evoluzione metodologica e tecnica dell’insegnamento delle lingue, uno strumento in grado di dare, pur se con limiti evidenti da un punto di vista statistico, indicazioni utili per meglio conoscere e comprendere i punti di vista, ed i mutamenti d’opinione, di insegnanti italiani e stranieri, sui metodi, sulle tecniche e sugli strumenti didattici in un’epoca in cui profondi cambiamenti sono stati proposti a livello teorico nell’insegnamento, pur se in presenza di resistenze “conservatrici” e di “pigrizie” istituzionali che ne frenano una uniforme diffusione.
Caratteristiche dell’indagine
Il questionario realizzato sotto forma di lettera contenente lo spazio per la risposta, è stato personalmente distribuito a tutti i partecipanti.
L’indagine opera, dunque, su un insieme di 75 insegnanti, esclusi gli insegnanti della Dilit, presenti al 10° Seminario Internazionale.
Tra questi, 39 hanno partecipato al Seminario per la prima volta e 44 hanno risposto al quesito (nel seguito definiti “rispondenti”) (Tavola n. 1).
È da sottolineare che, non disponendo di dati certi sull’insieme degli insegnanti d’Italiano in Italia ed all’Estero, non è possibile situare il campione nel suo naturale universo, per cui il campione stesso viene a costituire, nel caso della presente ricerca, l’universo statistico della medesima.
Il campione investito dall’indagine, dunque, non può essere statisticamente considerato esauriente, né da un punto di vista numerico né da un punto di vista strutturale, dal momento che per sua natura non è né frutto di una opportuna selezione né del tutto aleatorio, come lo sarebbe se il quesito fosse stato indirizzato a caso ad un ugual numero d’insegnanti in Europa, o, ancor meglio, se il quesito fosse stato rivolto all’insieme degli insegnanti d’italiano operanti in Europa e la risposta, ancorché estremamente esigua, avesse una provenienza assolutamente casuale.
In effetti, l’assoluta aleatorietà del campione non esiste poiché esso è il frutto di una duplice circostanza limitativa della casualità:
- la stessa partecipazione al Seminario ha, di fatto, costituito una “forzatura” nella formazione del campione
- gli insegnanti che hanno positivamente risposto all’invito erano presumibilmente interessati, almeno in generale, al metodo ed alle tecniche adottate alla Dilit.
D’altra parte, non si può considerare il campione su cui si è operato neppure come il risultato di una selezione ragionata, opportunamente costruita nel tempo e per successivi affinamenti, che rappresenti gli orientamenti più probabili dell’insieme degli insegnanti operanti in Europa.
Da un punto di vista rigorosamente scientifico, quindi, i risultati dell’indagine dovrebbero essere considerati rappresentativi unicamente degli orientamenti dell’universo statistico preso in esame (i partecipanti al Seminario).
Data, inoltre, l’assenza d’indicazioni uniformi circa la nazionalità, il luogo d’insegnamento, e la struttura didattica d’appartenenza dei rispondenti, non si è ritenuto di dover riportare, nella Tavola n. 1, le informazioni, a tal riguardo sporadicamente presenti nei questionari, poiché troppo parziali e quindi potenzialmente fuorvianti.
Si sono, invece, riportate le informazioni, in questo caso esaurienti, sui partecipanti al Seminario, che, come sottolineato, costituiscono l’universo statistico dell’indagine.
Ciò detto per correttezza scientifica, è comunque possibile rilevare, dall’esame delle risposte ottenute (Tavola n. 2), una linea di tendenza marcata ed esplicita, che non è ragionevolmente possibile considerare come caratteristica peculiare dei partecipanti al Seminario.
Tale tendenza, da verificare, come detto, ripetendo l’indagine ed ampliandone, se possibile, l’universo statistico, può provvisoriamente essere considerata indicativa di più generali orientamenti presenti nell’insieme degli insegnanti, sui quali non sarà inutile riflettere ulteriormente.
Caratteristiche dell’indagine
Quesito posto: “Che cosa è cambiato nel tuo modo d’insegnare dall’inizio della tua attività?”
Tavola n. 1
Universo statistico (partecipanti al Seminario) 75
Maschi 10
Femmine 65
Italiani 59
di cui insegnanti all’estero: 13
in:
Austria 1
Germania 8
Gran Bretagna 1
Lussemburgo 2
Polonia 1
Stranieri 16
di cui:
Austriaci 4
Croati 1
Danesi 1
Norvegesi 1
Polacchi 2
Sloveni 3
Tedeschi 5
Rispondenti 44
Esame delle risposte
Nei limiti di cui si è detto, imposti dalle condizioni in cui si è potuto svolgere l’indagine, i risultati di questa appaiono estremamente interessanti.
I rispondenti, pur dichiarando un’esperienza d’insegnamento estremamente varia: da pochi mesi ad oltre due decenni d’attività, manifestano, in generale, un’uguale libertà di valutazione ed un rifiuto di costrizioni “esterne”, provenienti dal contesto organizzativo e culturale in cui operano, ed “interne”, dovute alle proprie abitudini ed a una certa qual pigrizia mentale che dopo molti anni d’insegnamento può indurre a adagiarsi su metodi e tecniche ormai cristallizzati.
Il quesito posto, volutamente generale, ha fornito l’occasione, a molti rispondenti, per sviluppare un sintetico esame retrospettivo del proprio lavoro d’insegnante, delle scelte didattiche operate autonomamente o dei metodi imposti dal contesto organizzativo, scolastico od universitario.
Infatti, coerentemente coll’impostazione del quesito (che intende indagare sulla peculiare evoluzione di ogni insegnante interpellato), le risposte date si riferiscono quasi esclusivamente all’esperienza diretta ed esclusiva dei singoli rispondenti, i quali non manifestano, nella quasi totalità, alcuna pretesa di generalizzazione o riferimenti all’esperienza di altri insegnanti.
Nell’esame retrospettivo di cui si è detto, alcuni rispondenti manifestano attenzione alla necessità di vivere con maggiore coerenza le scelte metodologiche e le strategie ed i comportamenti attuati in classe.
Pressoché tutti coloro che operano in un contesto d’insegnamento “istituzionale” si dichiarano insoddisfatti dei metodi, delle tecniche e del materiale didattico che è loro imposto, oltreché dello spirito di conservazione che anima, per ciò che concerne l’insegnamento delle lingue, le istituzioni stesse.
Tale diffusa critica ai tradizionali metodi didattici presenti nelle scuole e nelle Università, riguarda sia le forme dell’insegnamento impartito agli studenti che devono apprendere la lingua straniera, sia i metodi d’insegnamento che sono forniti agli insegnanti (o futuri insegnanti) nello stesso quadro istituzionale.
In qualche caso, i rispondenti mettono in evidenza come l’evoluzione delle proprie esperienze didattiche sia il frutto non di novità “culturali” o di un’evoluzione “in assoluto” dei metodi e delle tecniche d’insegnamento, ma sia dovuta alla scoperta di metodi già esistenti ed impiegati da altri.
L’incontro col metodo praticato in Dilit ha costituito per molti, tra questi insegnanti, una scoperta di gran valore che li ha messi in grado di rendersi autonomi professionalmente dai metodi “istituzionali” e di introdurre, pur se con limiti e contraddizioni, tecniche e strumenti didattici più adeguati all’insegnamento di una lingua “viva” come l’italiano.
Tuttavia, pur nella generale predisposizione dei rispondenti all’utilizzazione di nuovi metodi e strumenti didattici, si manifesta in molte risposte la consapevolezza della necessità che tali metodi e strumenti mantengano un carattere perennemente “provvisorio” ed evolvano costantemente, e che gli insegnanti non siano, in alcun caso, costretti ad usarli come “oggetti” imposti ed immodificabili.
In questo quadro si colloca l’esigenza di alcuni rispondenti di partecipare maggiormente a corsi d’aggiornamento e ad incontri tra insegnanti per una più ampia circolazione d’idee e di esperienze.
Dalle risposte, inoltre, appare assai comune e corrente la pratica di modulare le attività didattiche secondo le specifiche caratteristiche delle classi nel loro complesso e dei singoli studenti, dei quali s’intende esaltare il ruolo precipuo nel processo d’apprendimento che li riguarda, e che sono considerati come “soggetti” dell’apprendimento e non come “oggetti” dell’attività d’insegnamento.
Particolare rilievo assume, nel quadro delle risposte, l’esigenza di metodi e di materiale più comunicativi. Tale esigenza spinge molti insegnanti a rinnovare continuamente il materiale didattico utilizzato ed a “inventare” costantemente nuovi giochi, situazioni e dialoghi tra studenti, ed a utilizzare in modo crescente materiale “autentico”, sfruttando una flessibilità metodologica ed un’autonomia rivendicata esplicitamente ed implicitamente da molti rispondenti.
Ciò comporta per alcuni un approccio meno “frontale” alla grammatica, un insegnamento più “rilassato”, una gestione diversa dal passato dello “spazio-classe” (tale affermazione non è accompagnata da esempi) ed un punto di vista nuovo circa il modo di comportarsi dinanzi agli errori degli studenti, considerati per alcuni, tra i rispondenti, come un’occasione didattica.
Le affermazioni riguardanti la preparazione delle lezioni (lezioni più “improvvisate” oppure lezioni meno “improvvisate) vanno considerate nel contesto del discorso sviluppato dal rispondente, ed intendono costituire un supporto all’affermazione che occorre dare più spazio, in coerenza col metodo scelto, alla autonoma azione di apprendimento degli studenti senza eccessiva rigidità da parte dell’insegnante (lezioni “meno “preparate) e tuttavia mettendo gli studenti in condizione di apprendere al meglio (lezioni “più” preparate. Le risposte non sono quindi tra loro contraddittorie, e vogliono mettere in evidenza comportamenti didattici che hanno lo stesso scopo.
Alcune risposte hanno sottolineato come, nell’esperienza del rispondente, si siano verificati cambiamenti radicali (è cambiato “tutto”). Solo due rispondenti hanno affermato che nel proprio modo d’insegnare non è cambiato nulla (o quasi): tuttavia, dal contesto delle risposte si evince che tale assenza di cambiamento è da imputare non ad una piena soddisfazione dello scrivente, ma all’ambiente in cui egli opera, che non tollera cambiamenti di metodo e di tecnica.
Un rispondente ha sottolineato la esigenza di praticare nuovi campi d’insegnamento attraverso corsi specifici (insegnamento di “linguaggi settoriali”). Sebbene tale affermazione non abbia trovato eco in alcun altra risposta, si ritiene possa costituire un utile elemento di riflessione.
Tavola n. 2
Affermazioni presenti nelle risposte al quesito: “Che cosa è cambiato nel tuo modo d’insegnare dall’inizio della tua attività?” | Numero delle risposte contenenti le affermazioni |
Maggiore consapevolezza delle difficoltà di insegnare | 3 |
Maggiore flessibilità metodologica e maggiore autonomia del docente | 6 |
Ricerca ed uso di tecniche d’insegnamento più efficaci e moderne | 7 |
Uso di metodologie e di materiale più comunicativi (giochi, dialoghi tra studenti, materiale più vario e “autentico”) | 29 |
Approccio meno frontale alla grammatica | 8 |
Ricerca e attuazione di una maggiore coerenza delle strategie e dei comportamenti in classe | 7 |
Presenza del docente meno “invadente” e maggiore promozione dell’autonomia dello studente | 21 |
Maggiore attenzione alle specifiche caratteristiche delle classi e degli studenti | 12 |
Diversa gestione dello “spazio-classe” | 4 |
Errori: dalla “repressione” alla “tolleranza” ed “utilizzazione” didattica | 4 |
Ritmo d’insegnamento più rilassato | 4 |
Lezioni più improvvisate | 1 |
Lezioni meno improvvisate e più preparate | 2 |
Sviluppo di nuovi campi d’insegnamento (linguaggi settoriali) | 1 |
Maggiore presenza a corsi di aggiornamento e incontri tra insegnanti | 6 |
Tutto | 6 |
Molto | 1 |
Non molto | 1 |
Niente | 1 |