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Facciamo abbastanza per far elaborare il linguaggio degli studenti?

Il punto di partenza per preparare il mio laboratorio era di osservare l’interazione tra insegnante e studente/i, focalizzando l’attenzione sui meccanismi consci ed inconsci dell’insegnante.
Dopo aver scartato un po’ di idee avute in seguito alla visione di lezioni riprese con la videocamera, ho lavorato insieme a dei colleghi, che ringrazio pubblicamente per gli assennati consigli (un grazie particolare va all’insegnante che è stato il bersaglio della mia ricerca), e da questa collaborazione ha preso il via la preparazione del mio laboratorio.
Finalmente ho trovato un “piccolo fatto” che sembrava un ottimo spunto per la mia analisi. Avevo filmato con la videocamera l’attività detta Puzzle Linguistico in una classe al 2° livello, all’inizio della 2° settimana, quindi dopo 100 ore di lezione.

Il Puzzle linguistico

Vi spiego di cosa si tratta.
È un’attività di analisi della lingua parlata che viene fatta proponendo agli studenti di ascoltare e scrivere, contemporaneamente all’ascolto, e a mo’ di puzzle, una breve parte di una conversazione autentica. Dopo una fase di ripetute consultazioni, si passa all’ultima fase in cui interviene l’insegnante che, insieme alla classe, lavora per la soluzione di alcuni problemi elaborandoli alla lavagna.

Il “fatto”

Il fatto che ho ritenuto interessante è avvenuto durante la fase finale del Puzzle. Cioè: dopo essere stato risolto un problema alla lavagna e prima di passare al successivo, una studentessa ha abbozzato un tentativo di domanda o perlomeno ha cercato di esplicitare un dubbio nel tentativo di avere una risposta. Da qui partiva la mia analisi. Una studentessa prende l’iniziativa, rivela la sua piena autonomia nel fare una richiesta ma non ha gli strumenti necessari in L2 per esprimersi in modo comprensibile. Quante volte ci è capitato di dover sciogliere un nodo come questo? E quante volte l’inconscio e l’esperienza ci hanno aiutato a dare risposte credendo di aver dato la giusta interpretazione ad una domanda-enigma di uno studente? Questo fatto mi è sembrato un ottimo spunto per riflettere un po’ su come fare in situazioni analoghe a questa.
Nel corso del laboratorio, dopo una prima visione di questo “fatto”, ho distribuito un foglio con un disegno che illustrava meglio la situazione (le frasi scritte alla lavagna nel video erano illeggibili).
Eccolo qui:

Poi ho proseguito con una seconda visione (parziale questa volta e in seguito vi spiego il perché).
Dopodiché ho formato i gruppi per la discussione su una domanda scritta sul foglio con il disegno e che è stata occultata ripiegando più volte il foglio dal basso (e che avevo anche provveduto a chiudere con la spillatrice).

La domanda

La domanda era la seguente: “Che cosa vuole sapere la studentessa?”.
Dopo un po’ di discussione e un cambio dei componenti dei gruppi ho distribuito un altro foglio con la trascrizione del dialogo tra insegnante e studentessa nel punto che ci interessava e che avevamo visto al video. La trascrizione è riprodotta qui di seguito: è segnalato in neretto il tentativo di domanda della studentessa).
Ins.: “È stata” è il passato prossimo di quale verbo?
Sts.: “Essere”
Ins.: Di “essere”. “C’è stata” è il passato prossimo …?
Sts.: “Esserci”
Ins.: Del verbo “esserci”. Qui il verbo è … “esserci”
St.: xxxx
Ins.: xxxx
St.: C’ero, c’era, c’erano
Ins.: C’ero, c’eri, c’era … Questo però è l’imperfetto. Qui invece è passato prossimo.
St.: xxxx
Ins.: Che cosa non hai capito?
St.: C’ero, c’eRa
Ins.: Attenzione, non c’eRO: C’Ero, C’Eri …
St.: (ripete con l’insegnante)
Ins.: qual è il problema? Non* … quello che dici tu è l’imperfetto …
St.: Ah! Ho capito!
Ins.: Questo è il passato prossimo.
St.: Ho capito
Ins.: Capito?
*(la seconda visione parziale arrivava fin qui perché volevo sottolineare l’attesa da parte dell’insegnante – ci sono ben 10 secondi di attesa prima di ricominciare a parlare).

Come aiutare lo studente

Dopo una breve lettura a gruppi del foglio con la trascrizione c’è stata un’altra visione.
Poi ho distribuito un altro foglio con un’altra domanda per stimolare un’ulteriore discussione a gruppi:
“Lo studente prende l’iniziativa. È un fatto positivo. Ma come possiamo aiutarlo perché sia in grado di formulare chiaramente le sue richieste? Elaborate una strategia”
Dopo un po’ di discussione (alcuni gruppi hanno anche scritto le loro idee in merito alla strategia da attuare) ho distribuito il 4° foglio con la mia strategia:

Una possibile strategia

  1. domanda dello studente
  2. l’insegnante risponde: “Come scusa?”
  3. lo studente ripete la domanda
  4. l’insegnante: “Che cosa vuoi sapere? Mi puoi spiegare meglio?”
  5. lo studente ripete la domanda
  6. l’insegnante coinvolge la classe: “Che cosa manca nella frase? “Chi può aiutare a dirla meglio?”
  7. l’insegnante scrive sulle mani l’enunciato giusto
  8. coro tre volte
  9. ripetizione individuale
  10. si ritorna all’attività principale.

Dibattito

Poi, finalmente, siamo arrivati al dibattito.
Durante il dibattito, le proposte che sono arrivate da chi non era d’accordo con la mia strategia erano di far interagire gli studenti in L1 per fargli risolvere i problemi da soli. La loro opinione era che in un tale momento di necessità l’attenzione dello studente ricercatore è tutta concentrata sulla risoluzione del problema e quindi potrebbe non capire una tale strategia mirata all’approfondimento della sua L2.

Conclusione

E ora vi spiego perché questo lavoro mi è sembrato interessante.
Ho parlato, all’inizio, dei meccanismi consci ed inconsci dell’insegnante. Bene, abbiamo qui un piccolo esempio di come spesso, forti della nostra esperienza, crediamo di aver capito quali sono le richieste (e forse anche le esigenze che portano a queste) degli studenti, anche se non esplicitamente formulate.

Il momento dell’iniziativa dello studente è un’occasione troppo preziosa per lasciarcela sfuggire credendo di aver capito. Lo studente è attivo, ha una richiesta ma non sa come esplicitarla, o meglio, non sa come formularla. È un’ottima occasione per aiutarlo a lavorare sulla sua interlingua, per dargli degli strumenti in più. Ecco perché la strategia che mi è sembrato utile proporre non era mirata alla risoluzione del dubbio della studentessa, quanto alla esatta formulazione della richiesta. Mi viene di pensare alle “frasi magiche”, utili strumenti forniti sin dalle prime lezioni in un primo livello in modo da rendere subito lo studente/persona autonomo e capace di interagire in modo attivo sia con i colleghi di corso che con gli autoctoni. Semplici frasi come “Che significa …?”, “Come scusi?”, “Non ho capito”, ecc. aiutano a risolvere molti problemi di vita pratica e ad abbassare la frustrazione dello studente in quanto lo rendono in grado di partecipare attivamente alle conversazioni ed a cavarsela in ogni situazione.

Un’altra critica è stata che forse chiedere sempre spiegazioni agli studenti per sapere che cosa vogliono dire potrebbe bloccarli. Quindi, soprattutto quando siamo sicuri della richiesta dello studente, anche se non formulata a regola d’arte, potremmo dare la risposta senza ricorrere a strategie. Ma, prendiamo questo esempio: se alle nostre orecchie arriva questa richiesta: “Acqua”, che facciamo? Passiamo subito il bicchiere colmo o tentiamo di migliorare questa richiesta, rendendola uno strumento efficace e sicuro per la comunicazione, facendo fare allo studente un piccolo passo avanti, e poi passiamo il bicchiere?

Accrescere in uno studente la coscienza e la sicurezza nell’esplicitare le sue richieste e i suoi dubbi alla ricerca di risposte alimenta anche la sua intraprendenza e la sua attitudine all’iniziativa. Non è forse questo quello che vogliamo?