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Introduzione sui principianti

Il principiante assoluto è spesso uno studente più “fragile” di altri. L’abbandono dello studio della lingua durante il primo anno di studio è un fenomeno estremamente frequente. Questo per almeno tre motivi:

a) Lo studente, non sapendo ancora né quanto sarà difficile studiare la lingua straniera né quanto egli è “portato” a tale studio, tende a rimandare al futuro un’eventuale decisione di impegno personale in merito; impegno che, invece, gli servirebbe proprio ora per superare qualche momento di frustrazione.

b) è quasi impossibile dare un immagine soddisfacente di sé quando lo si deve fare con una lingua di cui si conoscono pochissimi elementi. E sappiamo quanto è importante per noi la nostra identità e il suo riconoscimento da parte degli altri.

c) Se un principiante perde una lezione, alla lezione seguente gli sembra di essere molto indietro rispetto agli altri. E non è solo una sensazione: è vero!

Forse, per un verso chiediamo troppo allo studente e per un altro verso troppo poco. Tendiamo, cioè, a proporre esercizi di diversa natura aspettandoci un progresso sensibile in tutti i campi. Pretendiamo poi di poter valutare questi progressi, mettendo in evidenza non tanto i progressi stessi bensì le carenze. Buona parte del progresso iniziale, invece, nell’apprendimento di una lingua (e parliamo di vero apprendimento – non un “apprendimento” da mettere in mostra, come quelle madri che vogliono che la figlia reciti agli ospiti la poesia che ha imparato a memoria) è invisibile. è invisibile perché la facoltà mentale di acquisizione linguistica ha bisogno di parecchio tempo di esposizione ai dati linguistici naturali per potersi creare una prima mappa approssimativa della lingua bersaglio, una prima grammatica, una prima vera interlingua organica. Per garantire tale esposizione, in un mondo di studenti “virtuali”, quelli cioè che sono disposti ad obbedire ciecamente ad ogni nostra “consegna”, si potrebbe proporre loro una dieta di sole attività di Lettura autentica e di Ascolto autentico per tante ore. Solo che a questa strategia manca “face value”, ossia non dà una dignitosa immagine di sé agli occhi dello studente medio. Per far accettare decisioni didattiche di valore reale ma senza valore “di immagine” bisogna avere già la fiducia degli studenti. Uno dei tanti paradossi di cui la didattica è impregnata è che questa fiducia ce la dobbiamo conquistare… e ci vuole tempo: non possiamo averla all’inizio quando in realtà ce ne sarebbe più bisogno.

Che fare nel frattempo? Come fare per dare allo studente delle soddisfazioni, un senso di progresso, senza frustrarlo? Come fornirgli un immagine piacevole dello studio di questa lingua, in modo che non l’abbandoni prima che l’input ricco e abbondante fornito in dosi moderate non abbia avuto effetto?

Per affrontare tali questioni, il seminario si è articolato in una serie di laboratori, lezioni dimostrative, videopresentazioni, tante discussioni fra colleghi provenienti da tante realtà diverse in tutta Europa e un paio di relazioni. L’aspetto centrale della didattica per principianti dev’essere quello ludico: dobbiamo saper giocare. Il gioco sdrammatizza lo sforzo della memorizzazione e la rende addirittura divertente. Al seminario qualche volta abbiamo giocato anche noi.