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Scrivere una poesia

Torniamo un po’ indietro
Ci proponiamo, la collega francese e io, di far scrivere una poesia ai nostri rispettivi studenti. Che bello! Mi dico alla fine della chiacchierata. In metro ci torno su. Una poesia. Scrivere una poesia. Oddio! Subito mi vengono in mente: ispirazione, sensibilità, ritmo, metrica, metafore, rime, sentimenti privati, intimi…. e, in opposizione, l’immancabile studente particolarmente interessato a fare ‘ krammatika’. Come far sparire queste ‘k’ e indurlo a scrivere una poesia? E la ragazza che dopo tre mesi di corso (va bene, non intensivo, però…) ancora non ‘si scioglie’?
Penso: si potrebbe andare per gradi, sottoporgli, che so, una prosa poetica, fare un’analisi del linguaggio poetico, poi passare alla poesia vera e propria, qualcosa che li catturi, che gli faccia venire la voglia di scriverla una poesia, magari mettere della musica in sottofondo. E se invece l’effetto è contrario? “La poesia è troppo bella, perfetta, io non sarò mai in grado di scrivere qualcosa di simile”. Lo studente si spaventa, non è un poeta lui, lui è… un esportatore di sementi per patate. Gli interessa vendere semi e piante di patate in Italia.

Al secondo colloquio con la collega razionalizziamo e puntualizziamo.

Primo. Scrivere una poesia è un’esperienza di uso della lingua. (Riduttivo, ma mettiamola così. Ci rende più tranquilli..) Va a completare la gamma di ‘esperienze’ che più frequentemente e con meno problemi da parte dell’insegnante (perché apparentemente più funzionali) vengono proposte nell’ambito dello scrivere: lettere ad amici, lettere formali, commerciali, curriculum vitae, messaggi, istruzioni per l’uso, articoli per giornali, ecc. Perché non una poesia? Sta allo studente produrre qualcosa di altamente lirico o un semplice esercizio tanto perché richiesto dall’insegnante; qualcosa di profondamente personale o esterno a lui; qualcosa di vero o squisitamente inventato. (Una filastrocca sulla patata buttata là durante una cena di lavoro non renderebbe il nostro esportatore più simpatico agli occhi dell’acquirente?)

Secondo. L’attività dello scrivere una poesia deve riuscire. Lo studente deve essere messo in condizione di poter (meglio, voler) scrivere qualcosa. Lo studente non deve avere la possibilità di dire “Non so che cosa scrivere, su che scrivere”, quindi deve avere una base. Quando l’insegnante dirà “Adesso scrivete una poesia” dovrà avere del ‘materiale’ con cui farlo.

La lezione
Entro in classe che c’è già qualcuno dei tredici colleghi che faranno da studenti alla mia lezione. Mentre inserisco nel registratore la cassetta di Brian Eno “The pearl” come musica di sottofondo, mi informo sul loro stato e cerco di creare un’atmosfera piacevole. Accolgo chi arriva, intanto qualcuno dice “Che bella questa musica!” E altri “Sì, è rilassante.” Adesso sono tutti. Li esorto a sedersi nella maniera a loro più congeniale in modo che la posizione sia confortevole. Comincio.
Consegno un foglio bianco a ciascuno e scrivo alla lavagna, in colonna, i numeri da 1 a 12 e dico: “Scrivete dodici ‘cose’ che vi fanno stare bene, che vi danno benessere: cose, azioni, quello che volete”. Lascio il tempo per farlo e aspetto che tutti abbiano completato la lista. Poi dico “Adesso vorrei leggervi qualcosa” e leggo:

La pianta che ho dentro
ha rami d’amicizia
con germogli appena nati.
Guardo la fiamma
e ascolto questa musica
che divide le forme
armoniose sul muro.
Non sono ombre,
ma vividi colori;
baluginare d’idee
che sopprimono dolori
e nasce la voglia
d’acqua fresca
e trasparente.

Domando “Cos’è?”. Mi dicono “Una poesia”. (Non vi dico che sospiro di sollievo. L’autrice di tanto scritto sono io. Ho usato lo stesso procedimento che sto proponendo a loro).
Distribuisco un altro foglio e dico “Adesso scrivete una poesia unendo la prima cosa della vostra lista alla n° 12, la seconda alla undicesima, la terza alla decima e così via.

Avverto che ciò che scriveranno sarà soggetto ad ulteriori cambiamenti e quindi non devono preoccuparsi se la prima stesura non li dovesse soddisfare. (La musica di sottofondo c’è sempre).
Lascio il tempo per farlo. Aspetto che tutti abbiano finito. Distribuisco un nuovo foglio e proseguo.
“Adesso le 12 linee si sono ridotte a 6. Stesso procedimento: unite la prima alla sesta, la seconda alla quinta e la terza alla quarta.”

Lascio il tempo per farlo e quando tutti hanno finito distribuisco ancora un foglio e propongo l’ultima variazione. “Unite il primo punto, riga, strofa, verso, al terzo e poi aggiungete il secondo”.

“E questa sarà la versione finale”. Lascio il tempo necessario. Chiedo se qualcuno ha bisogno d’un altro foglio per avere una versione ‘pulita’. Ora tutti hanno una poesia davanti. (Non so da quanto tempo non c’è più la musica.) Sono passati 45 minuti dall’inizio della lezione. Dico “Se volete, solo se volete, mi farebbe piacere avere la vostra poesia. Potete firmarla o no, come preferite”. Queste sono le poesie che mi hanno consegnato.

Verde cerchio
musica e veli
fondale di perle.
Luisa

È una musica
calda come il sole
che ondeggia
come un campo fiorito.
Senza firma

Ascoltare il mare sorseggiando caffè bollente e il tepore della coperta dopo la doccia.
Assaporo il calore in cucina, il libro aperto, quando con le amiche ascoltavamo musica.
È il calore dell’azzurro che mi ricorda il bimbo lontano.
È la corsa con la bicicletta a comperare dolci appena sfornati.
Senza firma

Ascoltare il mare sorseggiando caffè bollente e il tepore della coperta dopo la doccia.
Assaporo il calore in cucina, il libro aperto, quando con le amiche ascoltavamo musica.
È il calore dell’azzurro che mi ricorda il bimbo lontano.
È la corsa con la bicicletta a comperare dolci appena sfornati.
Senza firma

Camminare lentamente conversando dolcemente o distesa sulla riva del mare
mentre, all’improvviso, l’arrivo di un mazzo di fiori
mi fa correre al telefono per dire
“Grazie !”
La gioia d’immergermi nella vasca
colma di bollicine lucenti
per poi trovarmi al ristorante!
Giuliana

Amore diverso
vissuto nella freschezza
di un prato
e nel calore della collettività
tutto è sintonia
e stupore
quando mi immergo nei tuoi occhi
in questa primavera
rivoluzionaria.
Comunicazione?
Carezze?
La mia libertà
nasce e si consuma
come il fumo aspro-dolce
della nostra complice sigaretta.
Nuccia

Quando non riuscivo più a
leggere in me la voglia di fare,
il sole mi ha dato la forza
di parlare
Ero un gatto diffidente
che annusava l’aria,
timoroso di aprirsi
al mare dell’amicizia.
In un prato che m’invitava
a dipingere
non sapevo ascoltare
la musica dell’amore.
Rachele

Ascoltare la musica rilassante della sincerità
e addormentarsi pensando…
riscaldarsi al sole della comprensione
accarezzati dal vento fresco dell’amicizia
in compagnia di un affetto profondo.
Senza firma

È bello ascoltare il dolce suono
del mare, e scrivere, poi, sul campo,
del suo ricordo in noi, ed è bello
stendersi al dolce caldo del sole,
rimandando al domani tutto ciò
che oggi è qui.
Senza firma

Mi illudo di sentirmi a casa
malgrado l’assoluta differenza d’ambiente,
provo al sensazione dell’acqua che scorre
sul mio io libero e nudo,
grazie alla novità dell’apertura
creata dall’assenza di confidenza,
… e questa è una quasi felicità.
Enrico Zolane

L’acqua del ruscello che vedo scorrere sotto di me
ha assunto il colore delle piante che
ci si specchiano dentro, il verde.
Luigi

Il mare limpido,
lontano una televisione accesa.
Mi sento sola.
Daniela canta.
Io ascolto la musica,viaggio con la mente, poi,
dormo.
Fuori, Oscar ride a crepapelle,
all’aria aperta.
Nel sole che muore.
Alice

Chissà perchè risentire quella musica
mi fa ripensare a quelle voci lontane.
Hanno conversato mentre io ho scritto
perché quelle voci mi fanno ripensare a quella musica
Così solari
trasparenti
da leggere tutte d’un fiato
come libri da aprire, da sfogliare, da imparare
e poi abbiamo dormito sulla spiaggia.
Quel giorno li ho incontrati al mare,
i miei amici e ancora una volta ho conosciuto
nuove persone
mentre qualcuno ha fatto una bella nuotata.
Senza firma

Consegno loro ciò che ha prodotto una mia classe di 6° livello lavorando come loro hanno lavorato. L’ultima poesia è di uno studente di 2° livello.

Stiamo in un piccola isola disabitata.
Perché adesso stiamo facendo un viaggio di nozze.
Aki

Guardare la luna e sentirsi
molto piccolo ma molto molto felice.
Lotte
Come un uccello volo verso il sole
quando penso a te, mio Amore
Sei come un bagno nel mare
da cui esco suridendo
dimenticato è tutto il male.
Steffi

Fare lo yoga illumina lo spirito
come bere un whisky con l’amante
ma anche far uscire il cane è importante.
Maria

Il colore blu mi fa felice e mi da
un sentimento di tranquillità
come ricevere una lettera da una persona
che amo, e sapere che non mi hanno
dimenticato.
Il mondo è grande con tanti posti
da viaggiare, ma nonostante dove vai
le stelle stanno sempre con te.
Sognare di tutte le cose che voglio fare,
e le cose che non ho fatto.
Stare nella foresta la primavera,
e ridere insieme al tuo miglior amico,
che è come il mare, lui rimane
sempre lì.
L’amicizia è la cosa che mi fa felice
passare una sera ascoltando Billie Holiday
senza dire niente.
L’amore della famiglia.
Senza firma

Pensare a niente e ascoltare musica
com’è bello
e scrivere lettere lo stesso per non dimenticare niente.
Parlare con Saverio e pensare a Enrico
com’è bello
e poi dormire fino a mezzogiorno per non pensarci.
Stare a Roma per sempre
come sarebbe bello
Sdraiarsi sul letto ascoltando il sogno.
Judy

L’aprile degli anni
A primavera gli alberi cminciano a fiorire.
Alzo di buon mattino
Amo star solo
fermo a contemplare le bellezze del fiore
senz’altro. C’è speranzoso gaudio
Ah! Mistero della natura!
Lode a Dio! Credo in Dio
perciò sono un poeta.
poeta Giovanni

Osservazioni e considerazioni
Per rendere più chiaro il procedimento della lezione ho preferito non descrivere le reazioni dei miei colleghi-studenti nel corso della stessa. Cosa che faccio ora.
Mi hanno fatto tante domande, richieste di conferma su come procedere, tante come non ne ho mai avute nelle mie classi. Non mi sono fatta capire? Com’è che i miei studenti, quelli veri, mi hanno sempre capita?
E dire che qui eravamo tutti italiani. Dunque tentativi di resistenza? Qualcuno durante il lavoro ha esclamato: “Che mi fai scrivere!” Mentre procedevano notavo espressioni che cambiavano, alcuni avevano un lieve sorriso che li ha accompagnati fino alla fine della ‘lezione’ quando qualcun altro ha detto: “È la prima poesia della mia vita”. Un’altra: “Ti posso dare la seconda versione anziché l’ultima? Mi piace di più.” “Certo.” Un’altra ancora: “Però la mia mi sembra un po’ triste, non è di felicità e benessere come forse si supponeva che fosse.” “La cosa più importante è che tu abbia scritto una poesia.”

L’atmosfera, nella classe, mi è sembrata molto piacevole, l’impatto sulle persone positivo. Ne ho avuto riscontro più tardi e il giorno seguente. Lo stesso devo dire delle mie classi vere quando ho proposto la stessa attività. Perché scrivere una poesia non è soltanto un’esperienza di uso della lingua, lo sappiamo tutti. È volgersi al bello, è ascoltare se stessi, è, come dice il mio collega Claudio Chiavegato, ricercare, tenendo a bada la logica e attraverso le emozioni, l’intuizione, un’intuizione.
Perché una classe non dovrebbe essere il luogo adatto a farlo e nella lingua che si sta studiando?

A proposito della musica bisogna dire che non è affatto fondamentale, anzi, alcuni ritmi possono contrastare con il ritmo della poesia che si sta scrivendo e quindi interferire in modo non positivo.
Per chi volesse sapere com’è andata con il nostro esportatore che suo malgrado, a sua insaputa, e soltanto nell’immaginario del suo insegnante (persona di poca fede) ha costituito il problema, ecco il suo scritto:

Quale grande allegria
quando con mia ragazza
dopo un buon ristorante
ci amiamo tutta la notte

Un libro, la musica
una grande onda
in fondo alla camera oscura
le parole galleggiano tra i peschi

Un sogno strano
in un uliveto
in fondo al mare
che è un cinema
dove sicuramente tu sarai

Qui a Roma direbbero “Beccati questo!” Io che non sono romana dico “In che errori incorriamo noi insegnanti con le nostre proiezioni superficiali sugli studenti!” Vorrei inoltre spendere due parole sugli interessi dei nostri studenti. Alla domanda “Perché studi italiano?” le risposte più frequenti sono queste:
per lavoro, per l’università, per le vacanze, per viaggiare in Italia, per studiare qui, per parlare con i miei amici italiani, perché l’italiano è una bella lingua, perché ho un fidanzato italiano, per piacere. L’insegnante si dà così da fare per rispondere il meglio possibile alle necessità comunicative di queste persone e si sentirà un pochino più libero nel caso in cui la ragione dello studio è ‘per piacere’. Nessuno studente mi ha mai detto (in 24 anni di questo lavoro) che studia l’italiano perché è interessato a scrivere poesie. Eppure ogni volta che in classe propongo questa esperienza o altre di scrittura creativa, acrostici e simili, la risposta è sempre entusiastica. Insomma la visione soltanto utilitaristica e strumentale della lingua è da abbandonare, secondo me. Un corso di lingua è più efficace quando le ‘attività’ diventano qualcosa di più, quando coinvolgono la persona a vari livelli e quindi diventano ‘esperienze’.