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Osservazioni su alcuni modelli correnti della comprensione linguistica: dai modelli settoriali ai modelli integrati

O. Introduzione

L’accento di questi ultimi decenni sulla centralità della lingue orale nella classe di lingua ha portato a riconsiderare con maggior attenzione e accuratezza scientifica i problemi dell’ascolto, più precisamente: dell’addestramento alla comprensione all’ascolto. L’approccio denominato Delayed Oral Practice implica che i materiali di ascolto non sono riducibili a semplici sussidi supplementari, ma debbono costituire la sostanza centrale del programma didattico. Donde la necessità di approfondire i meccanismi psicolinguistici della comprensione all’ascolto (“listening comprehension”). Se riconosciamo che l’esporre gli studenti a una lingua orale indifferenziata non è sufficiente, e in molti casi addirittura inutile, allora il preparare materiali idonei alla comprensione uditiva diventa un compito arduo e altamente esigente. È quindi importante penetrare il più addentro possibile nei meccanismi mentali di elaborazione del messaggio orale.

Anzitutto, cercheremo di definire in termini generali che cosa significa “listening comprehension”; in secondo luogo, approfondiremo il significato di alcuni processi fondamentali sulla scorta di alcune teorie psicolinguistiche.

0.1 Anzitutto, gli studi attuali sul campo si accordano nell’affermare che la LC è un processo attivo in cui vari elementi sono attivati e a livelli diversi. Sostanzialmente, sono tre gli elementi fondamentali che interagiscono a livelli diversi nella comprensione: le conoscenze di fondo dell’ascoltatore, il contesto di situazione e il testo linguistico. Le conoscenze di fondo includono una specifica conoscenza dell’argomento, una conoscenza del mondo, una conoscenza delle regole di interazione sociale e della struttura del discorso parlato. Il contesto include la situazione spazio temporale e personale-sociale dei parlanti (età, sesso, esperienze, ruolo, intenzioni, ecc.). Il testo include la natura della lingua nei suoi aspetti fonologici, morfosintattici, lessicali e semantici, la coesione lessicale e grammaticale del testo stesso, la struttura dei dati informativi, ecc.

Dalla interazione di questi tre gruppi di elementi, l’ascoltatore diviene capace di comprendere e utilizzare ciò che è compreso, di convertire le parole in concetti, di capire non soltanto ciò che è detto ma anche ciò che è significato. Vari processi cognitivi sono implicati in tale attività interiore: predizione, inferenza, completamento, verifica, selezione, accertamento di ipotesi, scoperta, ecc. Le micro-abilità sono numerose e difficilmente classificabili. In una situazione scolastica, inoltre, l’ascolto comprende alcune modalità peculiari di una situazione generalmente artefatta: studenti, a differenza delle situazioni ordinarie, non possono scegliere che cosa e perché ascoltare; spesso non sanno abbastanza circa l’argomento e mancano di sussidi visivi propri del linguaggio corporeo e del contesto situazionale. Una situazione, dunque, astratta, e priva di supporti concreti, atti a facilitare la comprensione dei messaggi. Per tale ragione, occorre operare didatticamente introducendo alcune attività di pre-ascolto, integrate da attività adatte durante l’ascolto stesso, e infine da attività di post-ascolto. Lascio agli insegnanti definire quali possano essere tali attività, soprattutto tenendo conto del livello di apprendimento linguistico degli studenti, delle situazioni scolastiche e degli argomenti trattati.

Invece, il mio obiettivo principale consisterà nel tentare di definire i meccanismi di LC indicati da alcune teorie psicolinguistiche e da alcuni esperimenti. Le applicazioni didattiche saranno oggetto di successiva riflessione individuale e/o di discussione di gruppo.

0.2 Il processo di decodificazione implica un adeguato funzionamento dei diversi livelli di captazione del messaggio. I livelli operativi della comprensione orale sono essenzialmente cinque (Lafon, 1969): livello anatomo-fisiologico; neurale; memoriale; simbolico e concettuale. Il livello concettuale, quale soglia critica, merita analisi che hanno di fatto occupato soprattutto l’attenzione degli psicolinguisti di orientamento cognitivista. Il presente discorso si situa precisamente a questo livello e mira a porre in evidenza il ruolo della struttura del messaggio nel determinare modalità diverse di decodificazione e memorizzazione. Le riflessioni presentate si muovono sulla scorta della teoria degli esperimenti della Scuola di Oslo, diretta Ragnar Rommetveit.

1. Operazioni di decodificazione a livello concettuale1

È opportuno, anzitutto, delineare il quadro generale entro cui si muovono le operazioni di comprensione concettuale. In sintesi, la strategia seguita di regola dagli analisti consiste nel registrare gli enunciati, che gli ascoltatori trovano difficili da comprendere, cercando di scoprire le cause di tale difficoltà. L’ipotesi più comune si formula nella doppia affermazione, secondo cui a) una frase sarà difficile a capire se contrasta con le aspettative linguistiche dell’ascoltatore; b) lo sarà anche se offre certi limiti di carattere psicologico e/o psicolinguistico. Riassumendo drasticamente i dati, si possono enucleare le seguenti constatazioni:

1.1 L’ascoltatore partecipa attivamente alla ricezione e comprensione utilizzando un retroterra di informazioni fonetiche/fonologiche, morfo-sintattiche, lessicali, pragmatiche, enciclopediche. L’ascoltatore formula alcune supposizioni, che generano a loro volta una serie di strategie interpretative.

Ad esempio, 1. “Di solito le frasi hanno un senso”. 2. “In una sequenza del tipo: sintagma nominale – verbo – sintagma nominale di solito il primo nome è l’attore e il secondo l’oggetto”, ecc. A queste corrisponderanno idonee strategie interpretative.

1.2. Accanto ai fattori di ordine linguistico, si allineano fattori di natura psicologica, che si riferiscono alla capacità della mente di “processare” determinati gruppi verbali a livello orale (fattori quali la lunghezza della frase, il numero delle sequenze, l’interferenza delle interruzioni, il grado di densità delle informazioni, ecc.).

1.3. Di particolare interesse sono i fattori di ordine psicolinguistico, che favoriscono oppure ostacolano la comprensione di una sequenza verbale. Si tratta di una serie complessa, che include, tra l’altro, difficoltàgenerate dal carattere ripetitivo (come nelle costruzioni ad incastro) degli items2dal processare a ritroso3dagli aspetti di ambiguità4dalla soppressione degli indicatori della struttura superficiale5dalla presenza del negativo6, dall’inclusione di certi “verbi versatili”, ecc.

L’analisi dei processi di comprensione orale non può non tener conto dei dati della psicologia cognitiva, e anche delle non del tutto superate indicazioni della Gestaltpsychologie, in genere applicate alla percezione visiva (per circa il 90%) ma per analogia applicabili altresì alla percezione uditiva. Si può riassumere la somma delle indicazioni date dalle teorie percezionali nei seguenti fenomeni e principi:

1.3.1 Fenomeni di organizzazione percettiva degli stimoli verbali. Pare vi siano tre modalità generali con cui il soggetto percipiente impone un ordine strutturale alla realtà verbale in funzione di stimolo: e cioè, il raggruppamento degli stimoli in patterns globali; la ciosure, o coesione interna, come proprietà olistica del percetto; il fattore binomiale della costanza trasponibilità degli stimoli, per cui una unità (ad es., fonemica) viene percepita costantemente identica nonostante il variare degli ambienti o contesti intra- ed extra- linguistici, anche individuali. Tali fenomeni spiegano il carattere strutturale del percetto verbale e confermano l’importanza del principio della integrazione sia linguistica che psicolinguistica.

1.3.2 Principi esplicativi della organizzazione percettiva degli stimoli verbali. Si può in proposito ancora accettare una distinzione proposta da Ervin, Walker e Osgood (Osgood & Sebeok, 1954/1965), anche se con qualche precisazione e correzione. L’interpretazione verbale opera sui tre livelli della proiezione degli stimoli, ossia vocalizzazione sensoriale (livello psicofonologico), della integrazione sequenziale in strutture morfo-sintattiche dei singoli lessemi (livello psicogrammaticale), della rappresentazione dei significati (livello psicosemantico).

L’assunzione di queste ipotesi dà origine a modelli globali della comprensione orale. Partendo da una proposta di J.B. Carroll (1964) passeremo poi a considerare le proposte più specifiche del gruppo psicolinguistico di Oslo.

2. Un modello globale della comprensione orale

Che cosa awiene, dunque, quando volta per volta afferriamo correttamente il senso totale di una frase o di un messaggio qualsiasi? Secondo Carroll (1964, 58-61), la comprensione di un messaggio verbale sembra implicare le tappe e le condizioni seguenti:

I. Una sufficiente ridondanza delle strutture linguistiche (sul piano fonologico, morfologico, sintattico e lessicale), così da compensare a deficienze di contesto, a possibili distorsioni o mutilazioni.

II. Un ritmo ottimale di emissione, che permetta un rninimo di analisi ma insieme non impedisca la sintesi (il che implica da una parte una sufficiente rapidità che mantenga gli elementi uniti fra di loro e dall’altra una buona articolazione che ponga in rilievo tali elementi nei loro caratteri distintivi).

III. Alcune caratteristiche intralinguistiche del discorso stesso, che corrispondano al livello ricettivo dell’ascoltatore: ossia un grado di grammaticalità, di lessicalità e di contenuto esperienziale che non superi il livello di esperienza generale (cognitiva e affettiva) e linguistica del destinatario del messaggio.

IV. Una sufficiente competenza dell’ascoltatore rispetto alla natura del codice e al suo uso contestuale; ossia, il suo grado di familiarità con la lingua e con le regole pragmatiche che regolano la comunicazione in situazione.

V. Poste tutte queste condizioni, occorre poi che si attui quella complessa ma spedita operazione che consiste nella identificazione simultanea della costruzione grammaticale, dei significati lessicali e insieme degli indicatori situazionali.

La decodificazione, pertanto, è un processo di sintetizzazione, che fonde lessico, grammatica, comportamento in situazione: l’identificazione delle unità lessicali deve logicamente precedere qualsiasi analisi grammaticale di tali elementi. Il linguaggio in atto è, infatti, lessico organizzato da una grammatica.

Nell’esempio: Luca è uno studente, la comprensione seguirebbe le seguenti tappe:

I. Sintesi anticipatoria = 1. Luca (chi? quale? che si dice di lui)
::Interpretazione lessicale immediata interpretazione grammaticale anticipatoria
II. Analisi = 2. è (si pensa che sia, si dice che sia)
:: Predicazione = operazione gramma ticale
3. uno (appartenenza ad una classe)
:: Interpretazione grammaticale
4. studente (tipo di realtà; categorizzazione del dato entro una classe di realtà sociale compartecipata come conoscenza intersoggettiva da emittente e ricevente)
III. Sintesi = 1x2x3x4 = P
(P = la categoria di “stato studentesco”/lessicalità/è predicata/grammaticalità/di “Luca”/lessicalità/secondo il modo dichiarativo affermativo).

Da notare che la sintesi non è mai riducibile ad una somma, ma ad una combinazione dei vari elementi, ossia opera come una moltiplicazione reciprocativa e potenziante dei costitutivi d’uno stesso sinolo (l’organismo-discorso).

Il processo sembra che implichi una graduale percezione — anche se rapidissima nel parlante competente — del lessico e allo stesso tempo una anticipazione o previsione della struttura e del valore grammaticale che lo informa e lo definisce. Di conseguenza, la completa decodificazione di un messaggio orale richiede due essenziali condizioni, cioè, distintività dei singoli componenti e concatenazione degli elementi nel tutto, attraverso le operazioni alterne e complementari di analisi sintesi, in cui tuttavia prevale come momento culminante, perché definitorio, l’operazione di sintesi. (Titone, 1971, 88-90).

Ci si può chiedere, a questo punto, se tale meccanismo decodificatorio sia uguale sia nei parlanti nativi che negli studenti di una seconda lingua. In altre parole, se — come alcuni studi hanno mostrato — i lettori non nativi meno competenti non sono in grado di far uso adeguato degli indizi di tipo semantico, ma dirigono in proporzione maggiore attenzione che i nativi alla informazione sintattica e grafofonica, tale differenza è altresì riscontrabile tra ascoltatori nativi e non nativi? Una ricerca sperimentale di Linda Conrad (1985), in cui furono sottoposti ad un cloze test di 55 items tre gruppi di soggetti (anglofoni nativi, studenti avanzati e studenti intermedi), partiva dall’ipotesi che in un soggetto dotato di competenza gradualmente crescente nella lingua, l’elaborazione percettiva e concettuale indicherebbe una attenzione gradualmente crescente agli indicatori semantici più che a quelli sintattici o fonologici. I risultati hanno confermato l’ipotesi. Vale a dire, le risposte semanticamente accettabili sono aumentate progressivamente per i gruppi intermedi, avanzati e nativi, mentre sono diminuite le risposte base sulla struttura sintattica. Questo dimostra che la dialettica tra sintassi e semantica è onnipresente nell’atto interpretativo, ma che insieme il peso delle due componenti varia nella risoluzione sintetizzatrice secondo il grado di competenza nella lingua in cui è codificato il messaggio orale.

Va aggiunto, infine, che la comprensione è possibile e corretta se non rimane limitata ad un esclusivo “processamento” formale-linguistico ma include la individuazione di fattori cognitivi di tipo extra-lingtustico o pragmatico, che rappresentano la verifica ultima della ipotesi cognitiva formulata dall’ascoltatore. Il quadro esegetico è, dunque, di natura psico-sociolin,guistica, come ha ampiamente illustrato e provato Rommetveit (1974/1979).7

A questo punto un riferimento esplicito alle teorie di R Rommetveit non è più oltre procrastinabile. .

3. Struttura del messaggio e comprensione orale: la teoria di R. Rommetveit

Il fulcro della teoria della comunicazione proposta da R. Rommetveit sta nei concetti di informazione libera e informazione vincolata e in quello correlativo di struttura del messaggio (Rommetveit, 1974/1979; Wold, 1978).

I concetti di informazione libera informazione vincolata si debbono considerare anzitutto nel quadro dell’uso linguistico. Essi si applicano alla comunicazione, alla emissione e ricezione di messaggi, ai prerequisiti per rendere noto qualcosa ad un’altra persona. Tali concetti, inoltre, sono basati sulla supposizione che le diverse parti di un enunciato o della informazione presentata funzionano in modi diversi. Ad esempio, quando la frase IL VECCHIO È POVERO è enunciata in una situazione in cui i due interlocutori sono al corrente delle condizioni del vecchio e lo conoscono perfettamente, il segmento IL VECCHIO non è usato per notificare alcunché al ricevente, ma serve primariamente a far convergere l’attenzione di entrambi gli interlocutori sulla medesima persona. La seconda parte dell’enunciato, È POVERO, può trasmettere ciò che l’emittente intende se, e solamente se, tale realtà esiste. Ciò che viene trasmesso nella prima parte dell’enunciato, è ritenuto in qualche modo dato per scontato e non aperto a dubbi. Tale informazione indubitata, che serve per fornire il necessario sfondo per la comprensione della parte rimanente come è intesa dal parlante, costituisce la cosiddetta libera informazione, mentre ciò che è trasmesso dalla parte rimanente, rappresenta la informazione vincolata. Nei testi usati negli esperimenti di Oslo, il nome funziona come informazione libera, mentre gli aggettivi rappresentano la informazione vincolata. Si consideri il testo: UNA SEVERA, FREDDA, STRAORDINARIA, BELLA E PIACENTE SEGRETARIA FECE DOMANDA PER L’IMPIEGO. Le determinazioni qualificative anteposte non acquisiscono significato se non in dipendenza dal sostantivo a cui si riferiscono. La parte aggettivale è ciò che costituisce la nuova informazione, ciò che è reso noto 0 asserito dall’enunciato. In qualsiasi esempio del genere, si ha un innesto di informazione libera e vincolata. Ciò che viene reso noto è a ciascuno stadio legato a ciò che, a quello stadio, viene considerato come conoscenza partecipata.

Inoltre, l’applicabilità della distinzione fra informazione libera e vincolata non è per nulla legata esclusivamente alla informazione di tipo verbale. In uno degli esperimenti di Oslo la informazione libera era trasmessa da figure. Nella comunicazione ordinaria, il contesto situazionale concreto può quindi fornire le parti essenziali di tale informazione. Alle volte i concetti di informazione libera e vincolata possono anche riferirsi a relazioni tra ciò che è tacitamente supposto essere il caso in questione e ciò che si dice esplicitamente in situazioni particolari. La comprensione di un enunciato può dipendere da ciò che è riflessamente o irriflessamente supposto appartenere a rilevante conoscenza compartecipata dagli interlocutori.

Va aggiunto che — secondo la concezione di Rommetveit — un tratto distintivo dei concetti di informazione libera e vincolata è dato dal fatto che essi si possono applicare e capire pienamente soltanto entro un quadro teorico in cui il significato delle parole è supposto aperto. Un esempio. Se la frase LA PROFESSORESSA ANNA HANSEN È UNA VERA DONNA fosse proferita in una discussione relativa alle donne professioniste, si potrà dire che il segmento LA PROFESSORESSA ANNA HANSEN fornisce l’informazione libera o indipendente, mentre la parte restante trasmette una informazione vincolata. L’importante qui è la distinzione e il ruolo di ciò che è detto rispetto a ciò che è reso noto da ciò che è detto. Ciò che è reso noto da DONNA è infatti solo mediato da un sottoinsieme di potenzialità semantiche di quella parola. Il nome appena proferito è sufficiente ad evocare negli interlocutori che si tratta di una persona adulta di sesso femminile. Ciò quindi che viene asserito da DONNA deve conseguentemente risiedere nelle potenzialità semantiche della parola non ancora attivate dall’uso di un nome femminile. Pertanto, la parola DONNA, in questo particolare contesto, dovrebbe suggerire che Anna Hansen, benché sia una professoressa ha tuttavia molte delle caratteristiche personali tradizionalmente attribuite alle donne, come l’incertezza o l’indecisione, il calore, la sensibilità affettiva, ecc.

In questo quadro concettuale qual è il significato di “struttura del messaggio”?

La struttura del messaggio può venir caratterizzata come una modulazione (pattern) di informazione indipendente o libera e informazione vincolata. Sono importanti, da questo punto di vista, sia la relazione di dipendenza reciproca sia l’aspetto di innesto tra informazione libera e informazione vincolata. Il carattere di innesto implica un riferimento alla sequenza temporale del processo di comprensione: ossia, la particolare posizione, prima o dopo, all’inizio o alla fine del messaggio, dei due tipi di informazione condiziona le modalità e il ritmo di comprensione. È questo l’assunto generale, che sta alla base degli esperimenti psicolinguistici di Oslo, e che si specifica nelle proposizioni seguenti:

— La superiorità del Nome in prima posizione (Noun-first) nella comprensione dei testi sperimentali è un esempio della regola più generale della superiorità della posizione anteriore della informazione libera.

— Tale affermazione è sostenuta dai risultati degli esperimenti di Wold (1978) e da quelli precedenti di Bransford e Johnson (1973). L’istanza posta a capo di tali esperimenti consisteva nell’identificare nome e aggettivi come casi di informazione libera e vincolata, rispettivamente. In più, si possono ipotizzare altre varianti, in cui il Nome in prima posizione e il Nome alla fine si possono considerare come esempi particolari di posizione anteriore o iniziale versò posizione posteriore o finale della informazione libera. Quando cioè l’informazione libera è data all’inizio, comprensione e ricordo vengono potenziati.

Un esperimento al riguardo, condotto da Wold, è caratteristico. Il materiale sperimentale di testing consisteva di otto frasi, ciascuna delle quali appariva in tre forme diverse. Come esempio, si veda la frase n. 1 nelle sue tre forme:

l. I. QUANDO IL SOLE TRAMONTA, È STUPENDO, BELLO E FRESCO (In norvegese: NAR SOLEN GAR NED, ER DET STEMNINGSFULLT, VAKKERT OG KJOLIG).

II. È STUPENDO, BELLO E FRESCO, QUANDO IL SOLE TRAMONTA.

III. STUPENDO, BELLO E FRESCO È QUANDO IL SOLE TRAMONTA.

Si assume per tutte e tre le varianti che la proposizione QUANDO IL SOLE TRAMONTA funzioni come informazione libera. Ad esempio, il significato di FRESCO non è pienamente conosciuto finché non si dia per scontato che si parla di un tramonto.

Il procedimento consisteva nel chiedere a tre gruppi di soggetti, dopo aver ascoltato uno dei tipi delle otto frasi, di ricordare gli aggettivi. I soggetti erano in tutto 60 di entrambi i sessi.

I risultati hanno dimostrato la superiorità della forma I rispetto alla forma III, con la forma II a metà della scala di rendimento. L’analisi della varianza mostra la significatività sia dell’effetto della forma frasale che dell’effetto delle specifiche frasi (significanza statistica di p> 0.001, t= 3.64). Il grado di richiamo è dunque superiore quando l’informazione libera è data per prima. Inoltre, la superiorità della sequenza Nome-Aggettivo dovrebbe interpretarsi in una prospettiva più generale, ossia non dovrebbe essere attribuita al carattere proprio del Nome (“nounness”) bensì al fatto che in questo caso funziona come informazione libera.

Ulteriore conferma della validità di questi risultati proviene dagli esperimenti di Bransford e Johnson (1973). In questi l’informazione è data mediante mezzi non-verbali (una illustrazione visiva) o mediante una descrizione generale dell’argomento, data prima o alla fine di un passo presentato.

4. Alcune conclusioni

Gli esperimenti citati — nonché gli altri della stessa Wold (1978) non citati — conducono ad alcune conclusioni generali.

4.1. I risultati dimostrano, anzitutto, che “la comprensione e il ricordo sono rafforzati dalla corrispondenza fra struttura del messaggio e effettiva presentazione sequenziale della informazione in tempo reale”. (Wold, 1978, pp. 173-174).

Tuttavia, gli esperimenti di Oslo hanno tutta l’apparenza di assomigliare ai tradizionali esperimenti sull’apprendimento verbale in situazioni artificiali di alboratorio. Comprensione e memoria sono isolati da contesti più ampi e dalle dimensioni individuali di soggetti, che possono essere fortemente determinanti di certe modalità più minute della esecuzione. Occorrerebbe, quindi, allargare le dimensioni dell’esperimento, ponendo una varietà di background di informazione libera a gruppi equivalenti di soggetti così da rovesciare la presentazione-stimolo della informazione libera e di quella vincolata. È probabilmente utile invertire la sequenza ottimale di presentazione.

4.2. Sempre in termini di teoria generale, si può sottolineare il meccanismo cognitivo della “sintesi anticipatoria” e della “sintesi definitoria”, nelle quali si coniugano dialetticamente componenti lessicali e componenti grammaticali, come accennato all’inizio richiamando il modello di Carroll.

Rommetveit (1974/1979, pp. 131 ss.), richiamandosi sia ai filosofi dell’ermeneutica che ai sociologi e ai teorici informazionali, parla di cine Interpretationsgemeinschaft, cioè di una compartecipazione di un comune Lebensmelt tra gli interlocutori, che rende possibile una sua modificazione ed espansione mediante l’innesto di ciò che viene notificato; cita il concetto di “circolo ermeneutico” (Apel), secondo cui “ogni conoscenza oggettiva presuppone una previa comprensione intersoggettiva (intersubjektrive Verstaendigung)”; rileva, in ogni atto di comprensione, l’esistenza di presupposizioni che servono da base anche per la comprensione anticipatoria (Vorverstaendidung). Tale comprensione anticipatoria può altresì venire spiegata secondo la logica della teoria informazionale, come dimostra Rommetveit sulla scorta di Shannon e Miller-SelEridge. Ciò che, nella prospettiva generale della teoria dell’informazione, appare come una serie di vincoli sequenziali, può, esaminando la struttua dell’intersoggettività, essere accertato come una forma di Vorverstaendigung basata su contratti tacitamente accettati relativi a un mondo sociale temporaneamente partecipato dagli interlocutori. “La struttura del messaggio deve… essere concepita come una struttura particolare di innesto, generata in uno scambio di presupposizioni tacite e verbalmente indotte da una parte e di potenzialità semantiche dall’altra” (Rommetveit, 1979, 139).

Questo abbozzo di commento basterà per far intuire la complesità del problema, nonostante la apparente banalità degli esperimenti.

Riferimenti Bibliografici

Carroll,J.B. 1964.Language and thought, Prentice-Hall, Englewood-Cliffs,N.J.
Conrad, L. 1985Semantic versus syntactic cues in listening comprehension, Studies in Second Language Acquisition, vol. 7, N. 1, 59-72.
Ervin, S.E., Walker, D.E., Osgood, C.E. 1965Psychological bases of unit formation. In Osgood,C.E., Sebeok, T.A. (eds.) Psycholinguistics, Indiana University Press, Bloomington, Indiana, 50-60.
Fodor, J.A., Bever, T.G., Garret, M.F. 1974. The psychology of language, McGraw Hill, New York.
Fry, D.B. 1970Speech reception and perception. In Lyons, J. New horizons in Linguistics, Harmondswoth, London.
Lafon, J.-C. 1969Audition et langage. In A.A.V.V. ,Le langage: approches scientifiques et philosophiques, Lethiellcux, Paris, 31-74.
Liberman, A.M., Harris, K.S., Hoffman, H.S., Griffith, B.C., Cooper, S., Shankweiler, D.P., Studdertkenney, M. 1967Perception of the speech code, Psychological Review, 74, 431461.
Parisi, D., Castelfranchi, C. 1980. Linguaggio, conoscenze e scopi, Il Mulino, Bologna.
Rommetveit. R 1974. On message structure. (Trad. Ital. di R Titone, Armando, Roma 1979). Academic Press, New York.
Titone R 1971. Psicolinguistica applicata, Armando, Roma.
Wold A.H. 1978. Decoding oral langue, European Association of Experimental Social Psychology & Academic Press, London.

Nota 1. Testo riprodotto dalla “Rassegna Italiana di Linguistica Applicata” n. 2, maggio-agosto 1986, pp. 13-24. Back to text
Nota 2. Esempio: “Questo è l’autobus che l’automobile che il professore che la ragazza baciava guidava urtò.” Back to text
Nota 3. Esempio: “Maria, Pietro e Priscilla suonano in senso inverso la chitarra, il piano e il flauto.” Back to text
Nota 4. Esempio: “Il saltare dei canguri può essere pericoloso” (Jumping kangaroos can be dangerous). Back to text
Nota 5. Esempio: “Sebastian noticed (that) the burglar had left footprints”. Back to text
Nota 6. Esempio: “Egli non voleva che Pietro NON andasse…” Back to text
Nota 7. Il ruolo del contesto in senso ampio è anche sottolineato da altri autori nel proporre un modello cognitivo di processamento del dato linguistico, ma meno consistentemente di quanto fa Rommetveit. Cfr. il modello di Parisi e Castelfranchi (1980) Back to text