Mappa di alcuni fattori in gioco durante una lezione di Ascolto Autentico
L’attività di Ascolto autentico possiamo dividerla in due momenti:
- un momento soggettivo in cui lo studente è esposto alla lingua; in pratica è solo con se stesso e con il lavoro che gli viene chiesto di fare;
- un momento interattivo‑relazionale in cui lo studente comunica ad un altro studente le sue ipotesi, la sua comprensione del brano ascoltato.
In entrambi i momenti, quello soggettivo e quello interattivo, intervengono una serie di fattori che influenzano la modalità con cui lo studente si appresta a svolgere questa attività didattica. Fattori che diventano pertinenti per una minore o maggiore efficacia del lavoro.
1. Momento soggettivo. L’input.
1.1
Il primo elemento da considerare è la percezione uditiva o, per meglio dire, la selettività percettiva. L’attività percettiva si manifesta come un processo soggettivo poiché l’oggetto stimolo non viene percepito in modo “oggettivo” e nella sua totalità, ma nel significato che esso ha per il soggetto che percepisce.
Quando pensiamo alla percezione non dobbiamo pensare a una fotografia della realtà ma piuttosto a una creazione attiva che il soggetto elabora in base alla stimolazione esterna e alle proprie esperienze passate. Tralasciando la competenza linguistica dello studente, dobbiamo tenere presente che egli non può rispondere a tutti gli stimoli acustici che gli arrivano, in quanto esiste un meccanismo selettivo mediante il quale alcuni stimoli sono riconosciuti e messi a fuoco, altri invece vengono trascurati. Non tutto l’input che mettiamo a disposizione dello studente viene percepito in maniera cosciente.
Il meccanismo della selettività percettiva è strettamente collegato alla frequenza di ripetizione dello stimolo. Questa potrebbe essere una spiegazione al fatto che lo studente quando riascolta lo stesso brano una seconda volta coglie, percepisce in maniera cosciente, altri elementi, altre parole.
1.2
Il secondo elemento da considerare è lo stile di apprendimento dello studente. Per stile di apprendimento si intende la predisposizione ad adottare una particolare strategia di apprendimento indipendentemente dalla richiesta specifica del compito.
A sua volta una strategia di apprendimento è un insieme di operazioni e di procedure che lo studente può usare per acquisire, ritenere e recuperare differenti tipi di conoscenze.
Tra le strategie di apprendimento studiate credo che in relazione all’attività di ascolto ce ne interessino in modo particolare due:
- Strategia olistica ‑ la strategia olistica caratterizza lo stile di apprendimento per comprensione che implica un approccio globale al compito, in pratica è la tendenza a costruire uno schema o un’immagine generale ipotetica.
(Forma patologica:,globetrottin,g; cioè saltare troppo rapidamente alle conclusioni, attenzione eccessiva all’insieme, superficialità.) - Strategia seriale ‑ la strategia seriale caratterizza lo stile di apprendimento per operazioni, consiste nella tendenza a rilevare metodi, regole e dettagli, la rappresentazione del materiale di apprendimento può essere frammentata.
(Forma patologica: imprevidenza ‑ consiste nell’incapacità di generalizzare e di usare analogie valide, attenzione eccessiva ai dettagli.)’
Io insegnante cosa posso fare? Essere consapevole che ci possono essere studenti più a loro agio durante l’attività di Ascolto autentico (probabilmente il tipo olistico), e tenerne conto nella formazione delle coppie.
1.3
Il terzo elemento da considerare è la comunicazione intrapsichica durante l’ascolto.
In generale il ruolo dell’ascoltatore può presentare una difficoltà. Quando ascoltiamo, la nostra comunicazione intrapsichica, interna, continua, mentre cerchiamo di ricevere i messaggi dell’altro.
Questo processo di comunicazione interno produce delle interferenze poiché siamo portati a concentrarci sulle nostre situazioni interiori. Con questo voglio dire che mentre ascoltiamo dei messaggi, proprio questi messaggi possono essere fonte di una nostra comunicazione interna e andiamo con la mente a fatti, situazioni personali.
Ora, se questo processo avviene normalmente durante la nostra esperienza quotidiana di ascoltatori, dobbiamo pensare che tale processo può essere presente, a volte in misura maggiore, in uno studente che ascolta una registrazione.
1.4
Il quarto elemento da considerare è il rapporto che lo studente ha con l’insegnante in relazione con l’attività di Ascolto autentico.
Per chiarire cosa intendo per rapporto con l’insegnante ho immaginato un continuum ai cui estremi ci sono: la fiducia e lo scetticismo. Per fiducia intendo lo studente che, pur sapendo la difficoltà che il compito richiede, si affida all’insegnante. Ho provato ad esemplificare con una frase: “io mi affido a te e accetto quello che mi proponi di fare”.
Per scetticismo intendo invece lo studente che, pur affidandosi all’insegnante per quanto riguarda altre attività didattiche, durante l’Ascolto autentico non gli concede appieno questa delega. Proviamo ad esemplificare in una frase: “siccome quello che mi proponi di fare non è soltanto nuovo per me ma è anche poco coinvolgente io ci credo poco”. Questa sorta di scetticismo probabilmente dipende in parte dalla distanza tra il contesto di apprendimento nuovo (ascoltare con questa modalità) e i contesti di apprendimento passati. E maggiore è la distanza tra questi due contesti, maggiore dov’essere la convinzione dell’insegnante.
Convinzione dell’insegnante non significa cercare di essere convincente in modo esasperato, non significa parlare fino alla noia cercando di “imporre” questa convinzione. Intendiamo una serena, tranquilla e profonda convinzione.
1.5
Il quinto elemento da considerare è l’obiettivo e lo scopo dell’attività. Voglio intendere la consapevolezza che lo studente ha dell’obiettivo che l’insegnante vuole raggiungere con l’attività di Ascolto autentico.
Quanto più l’insegnante chiarisce allo studente lo scopo dell’attività tanto più è probabile che lo studente assuma come proprio questo obiettivo. E questo è chiaramente collegato a quanto l’insegnante stesso ha chiaro l’obiettivo.
Quando chiarire l’obiettivo agli studenti? Non credo che ci sia un momento stabilito a priori, credo che vada fatto ogni qual volta emerga la necessità. Anche in un momento totalmente svincolato dall’attività stessa.
1.6
Il sesto elemento da considerare è il livello di tolleranza alla frustrazione dello studente. Questa attività didattica, forse più di qualsiasi altra, può produrre facilmente un senso di frustrazione. Lo studente durante e dopo l’attività si può trovare in una situazione di auto‑valutazione della propria capacità di comprendere la lingua parlata. Noi dobbiamo inoltre considerare che nell’ascolto ci si misura con il massimo della difficoltà, a differenza infatti della lingua scritta lo studente non può né rallentare né fermare il processo, non può controllarlo e non sa neanche quante parole ci sono.
Ecco allora che la frustrazione può essere data da un complesso intreccio tra auto‑valutazione, auto‑stima, percezione delle aspettative che gli altri hanno su di lui.
Fondamentalmente mi sembra l’influenza che l’insegnante può avere su questa variabile, chiarendo cosa si aspetta da lui e scaricandolo dall’obbligo di capire. Come scaricarlo? Prima di tutto con un comportamento coerente dall’inizio alla fine dell’attività, un comportamento che dimostri che l’insegnante non chiederà allo studente di dimostrare cosa ha capito.
1.7
Il settimo elemento da considerare è la condizione psicofisica dello studente. Questo elemento è intuitivamente fondamentale in tutte le attività che si svolgono in classe. Non potendoci e non dovendoci occupare di fattori extrascolastici dobbiamo limitare il nostro ambito di intervento unicamente al contesto scolastico, e più precisamente all’attività di Ascolto autentico.
L’ipotesi è che quanto più lo studente si appresta all’ascolto in una situazione di rilassamento psicofisico tanto più la sua ricettività aumenta. L’input che forniamo è oggettivamente a disposizione di tutti, se lo studente è rilassato il livello di ansia si abbassa e probabilmente quello che entra è maggiore. Il filtro si allarga.
1.8
L’ottavo elemento è la disposizione spaziale che l’insegnante sceglie di dare alla classe durante la fase di ascolto. Nello scegliere la disposizione spaziale dobbiamo tenere presente che l’ascolto è per lo studente l’attività più difficile, fonte di eventuali frustrazioni, e la cui efficacia non è quantificabile in termini immediati dallo studente.
L’ipotesi da cui partiamo dice che la disposizione degli oggetti e delle persone cambia il modo di interagire tra le persone che costituiscono il gruppo. La scelta della disposizione spaziale deve in qualche modo intervenire e influenzare sul senso di solitudine che inevitabilmente lo studente ha davanti al compito, e contemporaneamente deve promuovere, creare e consolidare quelle variabili che connotano un gruppo, e cioè:
- il senso di appartenenza al gruppo
- l’interdipendenza tra obiettivi del gruppo globale e obiettivi del singolo membro
- una dinamica di sicurezza.
L’ipotesi è che la disposizione del gruppo classe durante l’ascolto che probabilmente più ci garantisce è il cerchio. Se scegliamo Il cerchio dobbiamo poro due ulteriori quesiti: dove si colloca l’insegnante? E dove si colloca il registratore? Per i due quesiti propongo due alternative: l’inclusione nel cerchio o l’esclusione da esso. Ci sono quattro soluzioni possibili come segue:
Vedere Boscolo, P. Psicologia dell’apprendimento scolastico. Utet: Torino, 1986, pp. 68‑75
2. Momento interattivo relazionale. La consultazione.
2.1.
Il primo elemento da considerare è il numero di studenti da far lavorare insieme in una consultazione.
La scelta a mio avviso si deve limitare unicamente a due possibilità: 2 o 3 studenti. Nell’ambito di questa scelta tendiamo a dare più spazio alla prima possibilità, cioè 2 studenti, questo perchè una consultazione a tre presenta degli elementi sfavorevoli.
L’ipotesi è questa: quando si sta in tre una persona può sentirsi fuori dal clima, perché è sereno mentre gli altri sono imbarazzati, perché è imbarazzato mentre gli altri sono sereni, perché si sente schiacciato mentre gli altri si sollevano da terra, perché pensa e non riesce a parlare mentre gli altri parlano. Quando si sta in tre uno dei componenti della triade non può scegliere contemporaneamente tutte e due le altre persone come interlocutore.
Se osserviamo una consultazione a tre noteremo che ci sarà uno studente che prenderà l’iniziativa, che inizierà per primo a socializzare la sua ipotesi, e che sceglierà anche il suo interlocutore.
Non è detto che l’interlocutore rimanga sempre lo stesso, ma il fatto di averlo scelto per primo probabilmente lo pone in una condizione di differenza rispetto all’altro.
Una caratteristica inevitabile delle triadi umane, (familiari, amici, estranei) è la loro tendenza a stabilire delle coalizioni o degli Bilanciamenti, omero delle alleanze tra due membri.
L’alleanza implica una relazione caratterizzata dalla inclusione e dalla esclusione di un terzo. La parola escluso ha sempre una connotazione negativa. Escluso significa che una persona si autoesclude e che gli altri la escludono, contemporaneamente tutt’e due le cose.
Escluso non significa che io lo “sbatto fuori” ma che lui si chiama fuori. Escluso non è una categoria morale, è una categoria di una condizione in un determinato momento per una determinata persona.
Se il compito dell’insegnante è quello di creare, mantenere e migliorare un’atmosfera ideale allo svolgimento della consultazione dobbiamo tenere conto anche di questo. Se dobbiamo comporre dei gruppi formati da tre persone possiamo almeno scegliere chi sarà il terzo escluso, intendo dire che sarà preferibile costituire i gruppi da tre composti da studenti con un alto grado di socialità, con una sicurezza e una confidenza con la lingua maggiore di altri. Contemporaneamente dirottare gli studenti più deboli in una socializzazione a due.
Non dobbiamo però concludere che la triade ha solamente questo aspetto negativo, perché è doveroso ricordare che il triangolo come unità di osservazione ci dà informazioni più ampie e articolate. Questo perché dal punto di vista relazionale l’introduzione di un terzo elemento in una diade dà all’interazione a due un nuovo aspetto, arricchendo, proprio per quel gioco di inclusione/esclusione di cui parlavo prima, la relazione. Inoltre il constatare le modalità di risoluzione dei problemi da parte di un altro è per lo studente un momento di apprendimento molto più importante e duraturo del contesto in cui si svolge.
2.2
Il secondo elemento da considerare è l’orientamento spaziale degli studenti durante la consultazione.
Anche in questo caso l’ipotesi di partenza è quella vista nel punto 1.1 e cioè che la disposizione nell’ambiente degli oggetti e delle persone cambia il modo di interagire tra le persone che costituiscono il gruppo. Abbiamo visto in precedenza che mettere gli studenti a lavorare in coppia è la scelta che si preferisce adottare. Vediamo ora se c’è una posizione, un orientamento spaziale degli studenti che possa rendere più proficuo questo momento. Propongo tre possibilità:
- posizione angolare
- posizione faccia a faccia
- posizione di fianco
La consultazione viene vista come un’impresa il cui obiettivo è mettere in comune il capito, confermare o meno le ipotesi sviluppate, e cercare insieme di erodere il non capito. Per fare questo dobbiamo quindi scegliere un orientamento spaziale che dia una spinta verso un’interazione significativa e che contribuisca al contatto interpersonale.
La consultazione è un’operazione di conversazione‑collaborazione, in quanto gli studenti si scambiano informazioni, ipotesi, e in quanto ci auspichiamo che il tutto si svolga in un’atmosfera in cui l’altro venga visto come un collaboratore alla pari.
Alcune caratteristiche salienti di un’attività di conversazione‑collaborazione possono essere:
- l’intimità
- la possibilità di parlare con l’altro senza alzare la voce
- l’isolamento momentaneo dal resto del gruppo e dall’insegnante
- il contatto visivo e in particolare il contatto con gli occhi.
Detto questo l’orientamento spaziale che ci sembra più proficuo è quello di fronte, faccia a faccia.
2.3
Il terzo elemento da considerare lo possiamo definire ascoltare l’altro.
La consultazione è una comunicazione interpersonale, un continuo processo relazionale durante il quale gli studenti assumono rispettivamente i ruoli dell’emittente e del ricevente, dell’ascoltatore. Dal modo in cui gli studenti riescono a svolgere queste funzioni, questi moli, dipende in gran parte la riuscita dello scambio comunicativo. Svolgere il compito in maniera efficace significa dimostrare al partner in interazione l’attenzione, l’interesse e anche una comprensione che potremmo definire empatica. Quindi ascoltare l’altro anche attraverso una forma di empatia che desideriamo si instauri tra gli studenti.
Ascoltare l’altro in modo empatico significa dimostrare un’apertura verso la fonte comunicativa e un’attenzione centrata sui messaggi dell’altro. La conseguenza positiva dell’ascoltare l’altro in modo empatico non consiste solamente in una migliore comprensione del contenuto della comunicazione, ma si ha un’influenza positiva nell’interazione stessa che diventa fonte di soddisfazione per un arricchimento reciproco. All’opposto di questo la situazione più negativa possiamo averla quando gli studenti si parlano ma non si ascoltano.
L’obiezione che sì può fare al riguardo potrebbe essere la seguente: “io insegnante come posso promuovere e sviluppare ove ve ne sia bisogno, un ascolto dell’altro efficace e non dispersivo?” In questi casi ci possono essere di aiuto alcune tecniche che se applicate con costanza potrebbero sopperire a questa difficoltà da parte degli studenti. Sono tecniche di riformulazione, e cioè il ridire e ridare all’emittente con le sue o caco le altre parole la sua comunicazione.
L’uso delle tecniche di riformulazione durante la consultazione assolve alcune funzioni quali per esempio dare all’altro la garanzia di una ricezione corretta del messaggio ricevuto, metacomunicare all’emittente che l’ascoltatore lo rispet-ta, lo segue nella sua esposizione ed è interessato a comprenderlo esattamente.
2.4
Il quarto elemento da considerare è l’insegnamento tra pari.
Quando gli studenti si consultano in modo descrittivo, orientati sul compito, in modo paritario e flessibile, sì instaura un clima di fiducia e di apertura reciproca. Al contrario, quando cercano di esercitare controllo sull’altro, quando dimostrano superiorità e assumono atteggiamenti rigidi, si crea un clima di difesa reciproca.
Questo quarto elemento l’abbiamo denominato insegnamento tra pari in quanto ci auguriamo che effettivamente ci sia un insegnamento reciproco tra gli studenti, la domanda che possiamo farci è: “che cosa si possono insegnare gli studenti?”. Fondamentalmente due anse:
- elementi linguistici;
- che tipo di obiettivo ha questo lavoro.
Questo secondo elemento può presentarsi quando tra i due studenti vi è uno che ha chiaro l’obiettivo del lavoro e l’altro no.