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La strana coppia

Anni fa a chi mi avesse chiesto a cosa serve la consultazione in coppie avrei detto: “È un modo perché gli studenti, parlando insieme, verifichino ciò che ognuno di loro ha capito e vengano ad avere nuove informazioni da confermare eventualmente in successivi ascolti che vengono, quindi, invogliati. E poi, dato l’impegno che l’attività di ascolto richiede, perché non utilizzare questa sorta di zuccherino che agli studenti è così gradito, per variare? Insomma: ‘rompersi in due è meglio che rompersi da soli!”‘

Non ero la sola a pensarla così, allora. Oggi, probabilmente la consultazione in coppie non è una novità per nessuno. Che lo studente dopo aver ascoltato o letto un brano autentico ‘racconti ciò che ha capito all’altro’ è un fatto che per molti insegnanti è scontato e su cui non vale neanche la pena di fermarsi più di tanto.

Personalmente trovo la motivazione che mi convincevano tempo fa molto povera rispetto a quello che posso dire oggi dopo anni di confronto con gli altri insegnanti qui alla Dilit International House e l’esperienza in classe. Oggi le mie motivazioni sono più salde, più profonde, più coerenti con la visione dello stu­dente come ricercatore e con una concezione dinamica dell’apprendimento di una lingua. L’osservazione in classe di che cosa sia veramente una consultazione in coppie me ne dà conferma giornalmente. Non poteva quindi mancare all’in­terno del seminario un momento di riflessione su questo aspetto dell’attività di Ascolto autentico per riprecisarne gli obiettivi e osservarne i risultati, coscienti che tra gli insegnanti non sempre ad una stessa modalità di proporre un’attività cor­risponde un’unanimità di convinzioni e concezioni, e che talvolta sembra di fare le stesse cose mentre in realtà cos`i non è.

Queste sono alcune domande alle quali mi pare ogni partecipante al semina­rio può, dopo l’esperienza del laboratorio, rispondere:

  1. Perché si fa la consultazione in coppie?
  2. Che cosa accade durante questa fase?
  3. È utile? O ci serve per comprare la disponibilità degli studenti a riascoltare?
  4. È migliorativa rispetto allo studio individuale? O rischia di essere una perdita di tempo?
  5. Quante volte è utile farla e quanto tempo dare per ogni consultazione?

Per condurre il laboratorio mi sono servita di una ripresa video che sarebbe bello e interessante poter accludere a questi Atti perché per alcuni versi più espli­cativa, convincente ed emozionante di un articolo. La ripresa è stata fatta duran­te una attività di Ascolto autentico in una classe che aveva già studiato per 200 ore. Il brano ascoltato fa parte della terza lezione del Comunicare meglio[1]l’atti­vità è la numero 3.

Ai partecipanti al laboratorio ho fatto ascoltare il brano una volta. Ho dato quindi loro un foglio dove è descritto lo svolgimento dell’attività (ved. foglio 1). Ho acceso quindo lo schermo TV e per 20 minuti abbiamo potuto osservare le fasi contrassegnate dall’asterisco. (Durante ogni consultazione in coppie, una sola coppia aveva i microfoni e questa coppia era ripresa in primo piano da una videocamera nascosta). Dopo, ho dato loro 5 minuti per confrontare in coppie le loro osservazioni. Ho formato poi gruppi di 3 o 4 persone diverse da quelle di prima, ho detto di voltare il foglio, di leggere la seguente domanda e discutere insieme:

DOMANDA: Serve la consultazione in coppie? A che cosa? Discutetene. Riportate qui sotto le vostre osservazioni.

Hanno avuto 14 minuti per farlo ed infine altri 14 minuti con me che ho svolto la funzione di Accordatrice, raccoglitrice, di osservazioni e commenti e a mia volta ne ho fatti.

Foglio 1

Lo svolgimento dell’attività è stato il seguente:

  1. Gli studenti ascoltano due volte il brano.
  2. Primo confronto in coppie.*
  3. Terzo ascolto.
  4. Continua il confronto nelle stesse coppie.*
  5. L’insegnante cambia le coppie.*
  6. Primo confronto nelle nuove coppie.*
  7. Quarto ascolto.
  8. Continua il confronto.*
  9. Quinto ascolto.
  10. Continua il confronto.
  11. Sesto ascolto.

Le fasi contrassegnate con l’asterisco sono quelle che vedrete.

DOMANDA: Che cosa succede durante la consultazione?
Annotate qui sotto il maggior numero di osservazioni.

…..

E stato certo troppo poco tempo per affrontare insieme in modo soddisfa­cente la ricchezza della testimonianza video, che però sono sicura essere stata così d’impatto che anche i sostenitori tiepidi della validità della consultazione in coppie, ne sono sicuramente rimasti impressionati. C’è da dire che avendo visto il video molte volte ho avuto io più modo di notare, cogliere tutte le sfuma­ture e i ‘ricchi segreti’ dello scambio tra studenti.

Le coppie visionate sono state 2. Uno studente giapponese che chiamerò Hi­roshi e uno tedesco che chiamerò Hans la prima coppia e, dopo il cambio, Hiro­shi con uno studente zairese francofono che chiamerò Yuba formeranno la seconda coppia.

All’inizio della consultazione si ha l’impressione che Hans mantenga un po’ di distanze, pensi forse di avere maggiore competenza nella comprensione e nella esposizione di ciò che ho compreso. Forse a causa di una presunta superiorità linguistica, ha un tono poco amichevole, un po’ aggressivo, strappa la parola all’altro e contrappone alla lentezza di Hiroshi nel pronunciare la sua prima bat­tuta una velocità del proprio parlato che lo rende da primo acchito un po’ anti­patico. Ammutolirebbe, insomma, più di uno studente.

Hiroshi: Allora lui è nato a Roma ma suo padre
Hans: I suoi genitori non sono di italiano. Non sono veramente.
(Hiroshi ha un’informazione più precisa e non si lascia sopraffare)
Hiroshi: Ma soltanto sua madre viene da Austria.
Hans: Si e poi
Hiroshi: Ma suo padre è nato in Italia, in Palermo.
Hans: Sì. Palermo, si.

Sembra, inizialmente, più che altro interessato ad affermare ciò che ha capi­to. Trova dall’altra parte un simpatico Hiroshi molto attivo, interessato a verifi­care nel confronto con lui se le proprie intuizione o opinioni siano più o meno corrette e, al tempo stesso, molto collaborativo e disponibile ad usare qualsiasi informazione venga da Hans per arricchire la propria griglia interpretativa, per dare un senso a quei pezzi di informazione ascoltati che sono senza collocazione.

Hans: Si. Palermo, si. Ma lei ha detto non ha neanche un drappo .. . eh? .. . qualcosa di sanguine …
Hiroshi: Ah! Si, sangue romana.
Hans: Sangue romano.
Hiroshi: Allora penso che . . . Iui ha detto . . . allora sangue romano fruisce adesso perché suo padre sposato con sua madre. Allora stranieri.
Hans: Si sì.

Hiroshi più che Hans veste i panni dell’esploratore e se Hans può aver preso informazioni di tipo fattuale, è Hiroshi che, per niente frustrato o intimidito, apre nuove strade interpretative. L’altro ne è coinvolto, si lascia prendere dal gioco, perde alcune distanze ed ercoli che giocano a fare ipotesi: un pezzo io, un pezzo tu e la storia è fatta! È “vero”? Non è “vero”? Per ora quella è la verità, la loro realtà, prodotto comune del quale sono affezionatissimi padroni e al quale tengono più di ogni altra cosa. È un prodotto più completo e coerente di ogni interpretazione del singolo studente e sia Hans che Hiroshi potranno rinunciarvi solo se riusciranno a ipotizzare qualcosa che li soddisfà di più.

Hiroshi: Uhm . . . e poi lui ha detto della sua madre . . . Allora ma . . . Non sono sicuro ma ho sentito
Hans: qualcosa con Iugoslavia, Galizia, qualcosa di Iugoslavia.
Hiroshi: (Accoglie l’informazione sulla Iugoslavia inglobandola, anche se con un onesto “forse”, nella sua storia) Ah si! Allora sua madre girava girava nell’Europa. Allora Parigi, Vienna, e poi Iugoslavia, forse. Italia.
Hans: Sì. Sì.. E sua madre era …
Hiroshi: (raggiante) Ginnastica!!
Hans: (idem) InsegnanteInsegnante di ginnastica!
Hiroshi: (l’idea piace anche a lui) Insegnante di ginnastica! Sì!!!
Hans: E questa è la situazione quando suo padre ha fatto la conoscenza …
Hiroshi: Incontrava sua madre …
Hans: Sì. Sì.
Hiroshi: Sì. Sì.
Hans: (divertito, sorride e commenta quasi a sé stesso come per dire: “Che buf­fo! Singolare!”) Durante un esercizio di ginnastico, uhm.
Hiroshi: Uhm, penso di si.

Qui abbiamo invece un esempio di scambio di informazioni che naturalmente supponiamo entrambi verificheranno nel prossimo ascolto:

Hans: Quando tu hai passato il Brenna tu vai attraversare Alto Adige direzione Firen­ze. Ma lei ha detto di Trieste. Trieste è pii’ di l’est allora un altro … qualcosa di “Stein” eh? Io non so veramente.
Hiroshi: Neanche io. Dopo lui ha detto anche di sua sorella. Non sono sicuro ma penso che sua sorella parli un po’ di tedesco ma lui …
Hans: Ma lui ha detto qualcosa con i pronomi di scrivere in tedesco: parlare un po’ ma scrivere non ancora.
Hiroshi: Si. Perché di, lei, digli domandato: “Parli tedesco?” “Non posso. Non so parlare tedesco, ma mia sorella può parlare un po’ tedesco”.
Hans: Lui ha detto?
Hiroshi: Si.
Hans: Si.
Hiroshi: Ma non sono sicuro. Allora quando parlavano della lettera fra loro e i cugini in Austria.
Hans: Uhm. Uhm.

Non so se al lettore l’esempio che ho dato di cosa significa costruire un’ipo­tesi insieme dà la stessa, forte impressione che a me, che ho potuto avere l’im­portante ausilio dell’audio. È da notare che all’inizio nessuno degli studenti ha in mente una intera storia coerente e sistematizzata. Entrambe hanno informa­zioni di tipo fattuale che si scambiano e confrontano. Questo è ciò che ci aspet­tiamo che facciano. Ma poi ecco che una parola, una vaga idea, un’impressione diventa spesso qualcosa di totalmente nuovo che lo studente crea lì, con l’altro, senza il cui specchio mi riesce difficile immaginare che possa farlo. E proprio mentre parla per informare l’altro, lo studente mette in parole ciò che ha talvolta solo intuito. Spesso è durante il parlare con l’altro che lo studente viene a sapere ciò che veramente pensa e organizza le sue intuizioni. Analizzando gli enunciati di Hiroshi si nota questo sforzo organizzativo del pensiero appena abbozzato e si nota anche un gran numero di espressioni tipiche della abilità ipotizzante: “io penso . . . “; “non sono sicuro ma . . . “; “forse . . . “; oltre a una domanda diretta: “che relazione c’è tra … e …?” che sembra essere per lui la chiave per l’esplorazione:

Hiroshi: Non sono sicuro. Ho sentito cos’ “palmporto,ghini ”
Hans: Ne. Piemont. Piemontese. Tu, tu tri
Hiroshi: Ho sentito qualcosa.
Hans: Piemonte.
Hiroshi: Piemonte, ah!
Hans: Tu conosci Piemonte?
Hiroshi: (scuote la testa) nnnn
Hans: C’è un parte, un regione d’Italia, a nord. Piemonte.
Hiroshi: Ah! Ah! Piemonte.
Hans: Piemonte… Penso di Torino. Questa parte si chiama
Hiroshi: Uhm, uhm. Ma che relazione c’è tra, allora, tra sua madre e, allora, un parte piemontana?

e ancora:

Hans: … e ha un fratello. Non so che cosa c’è con la fratello.
Hiroshi: Non ho sentito della relazione tra sua madre e … o sorella …
Hans: Sì. C’è una sorella e un fratello.

In Hans, invece, non troviamo questi elementi, bensì enunciati spesso non finiti con i quali sembra voler portare a conoscenza dell’altro ciò che ha capito ma contemporaneamente ne chiede conferma dando a quelle che dovrebbero essere affermazioni una intonazione che corrisponde ad una domanda. Evita, cioè, tutte le espressioni che Hiroshi usa per dichiarare che su quella certa informazio­ne c’è un margine di incertezza, ma al tempo stesso Hans le usa per non rinun­ciare a tessere una rete possibile:

Hans: È nato in San Giovanni in Laterano, ma dopo loro hanno parlato, parlati, dove lui è nato, sua padre, sua madre. Ma lei ha soltanto parlato della origine della fa­miglia? (tono ascendente di domanda) … o di qualche parte? (tono ascenden­te di domanda)

Questa impresa di collaborazione crea o rafforza l’elemento affettivo nella coppia. Già dall’osservazione della semplice posizione fisica si nota quanto Hi­roshi mostri anche fisicamente il suo atteggiamento collaborativo e aperto (è pro­teso verso l’altro, si dispone alla comunicazione) e quanto invece Hans nella prima parte della prima consultazione sta un po’ sulle sue.

Verso la metà della prima consultazione tra i due è già avvenuto molto a li­vello relazionale: Hans ha accettato l’impresa di collaborazione. Ha capito che Hiroshi può dargli molto di più di quello che lui aveva pensato e hanno già crea­to insieme alcune ipotesi soddisfacenti. Si è, insomma, prodotto un certo grado di affettività. L’atmosfera è rassicurante. Hans non si sente aggredito e, infatti, a questo punto sente che può permettersi più naturalezza, può permettersi mo­strare il suo “non capito”:

Hiroshi: Sì, e poi sua madre: lui ha detto sua madre ha anche un fratello e sorelle.
Hans: uhm uhm.
Hiroshi: uhm uhm (cambia posizione: si protende in avanti. Capisce che sta per avere un’informazione nuova) si … cugini o …
Hiroshi: Cugini. Chino. China.

e dopo:

Hans: … qualcosa di Stein, eh? Io non so veramente.

Quando capisce che Hiroshi sta forse dandogli una informazione che lui non aveva affatto o su cui aveva intuito soltanto qualcosa, abbandona la posizione eretta del tronco, quella un po’ rigida di chi sta sulle sue, abbassa le spalle e si sporge in avanti in posizione simmetrica a quella di Hiroshi. Resterà in questa posizione fino alla fine di questa consultazione.

Hans e Hiroshi insieme alla classe ascoltano nuovamente il brano. La secon­da consultazione, sempre tra loro, inizia con un sorriso. Hans è rilassato, abban­donato sulla sedia, si è tolto addirittura gli occhiali. L’iniziale scambio di battute è evidenza di un clima abbastanza diverso da quello iniziale:

Hans: Allora, eh?
Hiroshi: Capito di più?
Hans: Molte cose, eh?
Hiroshi: Molte!
Hans: (tono basso problematico, quasi intimo) Come si chiama questa parte?

Continuano a tessere la rete insieme e tornano sulle ipotesi già fatte per con­fermarle o modificarle un po’. Mi sembra che lo scambio sia più interattivo da parte di Hans (in fondo è lui che ha cambiato visibilmente atteggiamento). Que­sta volta Hans fa domande dirette per ottenere più informazioni mostrando di trattare l’altro a parità:

Hans: Lei ha domandato e lui ha detto “c’è meglio distare durante, durante l’inverno”.
Hiroshi: L’inverno, si.
Hans: In Austria.
Hiroshi: In Austria.
Hans: In Austria … si? O dice uguale?
Hiroshi: Non ho sentito lene.
Hans: Penso che lui preferisce stare durante l’inverno.
Hiroshi: Ah! Forse sì! E perché ho sentito qualche volta che lui ha detto “l’inverno”.

e più avanti:

Hans: .. . e sua madre ha fatto … faceva una giro in Europa.
Hiroshi: Sì, sì. Penso di sì.
Hans: O soltanto direzione Iugoslavia, in un piccolo parte … Galizia.
Hiroshi: No, no, no .. . Io credo che allora ehm . .. erano . . . ehm . . . ehm . . . qualche città. Per esempio Parigi o piccola città per esempio in Italia o Vienna.

Notiamo che Hiroshi è tornato sulla propria ipotesi iniziale, cioè ha scartato l’in­formazione relativa alla Iugoslavia che aveva precedentemente accettato da Hans. Continuano:

Hans: Ma loro facevano questo,giro insieme, sua madre e padre?
Hiroshi: Non lo so.
Hans: Dopo loro ha … incontravano.
Hiroshi: Ma… non sono sicuro sia, allora, suo padre sua madre facevano il giro insieme, sia no. Non so
Hans: E qualcosa? … Che cosa c’è con la sorella di sua madre? Lei non è bene in da situazione di corpore, di salutari.
Hiroshi: (si sporge in avanti con il corpo e la testa: è tutto nuovo) Uhm!
Hans: Situazione di corpore non è bene, eh? (Prova a spiegarsi meglio) Lui ha detto:ci fa male adesso la sorella di sua madre.
Hiroshi: Ah! Ah!
Hans: E ha un fratello.

Poco più avanti:

Hans: Sì. C’è una sorella e un fratello e ci sono di cugini che abitano dove? Tu hai ascoltato?
Hiroshi: Non so dove abitano in Austria.
Hans: Ma in Austria, sì …

Le battute sono ormai più lunghe e si snodano in modo più consequenziale l’una con l’altra. Lo scambio assume di più la forma di una conversazione che fluisce in modo naturale.

Ora l’insegnante interrompe la consultazione per cambiare le coppie. Hans e Hiroshi devono lasciarsi. Durante la loro consultazione era cresciuto sicura­mente un certo livello di solidarietà e complicità tra loro. Si lasciano allegramen­te. Tutto merito loro!! Hans lascia il posto a Yuba e va a sedersi vicino ad una nuova persona.

La nuova coppia videoripresa, Hiroshi e Yuba, ‘vivrà’ insieme due consultazioni, separate da un ascolto. Stabiliscono subito una intimità naturale: fattori culturali? Non so. Comunque si vede e si sente che hanno piacere a parlare insie­me. Hiroshi ha accentuato la sua posizione precedente. Anche Yuba ha la stessa posizione fisica: è proteso in avanti. Sono così vicini che anche se non parlassero potremmo dire che stanno comunicando partendo proprio dalla posizione dei loro corpi.

Yuba, francofono, è molto fluente in italiano ed ha anche un buon livello di “correttezza”. Si fa aiutare dalle espressioni “Come si dice?”, “Si dice così?” per avere conferma della appropriatezza o correttezza di termini che usa disin­voltamente ma di cui non è sicuro. Lo scambio è pieno, produttivo, liscio come l’olio. Le informazioni che ognuno porta continuano a comporsi in una rete che diventa l’ipotesi comune che allarga le zone esplorate accerchiando il ‘non capito’ in modo sempre più serrato. E se arriveranno alla fine della consultazio­ne senza aver trovato il nome della città che Hiroshi non ha smesso un attimo di cercare, non pare. che per questo siano meno soddisfatti. (Tanto più che nel brano di ascolto quel nome non viene menzionato!) Riporto qui ampi stralci del loro confronto:

Yuba: Si, sì, capisco. Allora. E dopo questa parte hanno parlato di cose … ancora di ginnastica. Perché ginnastica? Non ho sentito.
Hiroshi: Neanche io sentito bene ma penso che sua madre fosse una ginnastica . . .
Yuba: Ah! Ah! Quando era giovane.
Hiroshi: … insegnante: Ma non sono sicuro. Ho sentito “imperatore”.
Yuba: Eh? Imperatore?
Hiroshi: Hai sentito qualcosa?
Yuba: Come insegnante, sì. Io … Ma non ho sentito chiaramente.

Più avanti:

Hiroshi: In Austria.
Yuba: O vicino perché ho sentito parlare della confina o di confine. Non so.
Hiroshi: Confine, sì.
Yuba: Frontiera, sì.

C’è un nuovo ascolto. Poi continua il confronto:

Yuba: E poi hanno parlato di suo fratello e della sua sorella o qualcosa così …
Hiroshi: Non di suo fratello e sua sorella, ma fratello e sorella di sua madre.
Yuba: Ah! Della sua madre. Chi sono vecchi, sì? (Usa un tono interrogativo per chiedere conferma della scelta lessicale.) adesso.
Hiroshi: E poi ho sentito anche malata.
Yuba Ah ah! Eh. sì! Penso di sì perché …
Hiroshi: Forse sua sorella era malata.
Yuba: Ah, ah. Allora hanno per vivere soltanto pensione o qualcosa sì.
Hiroshi: Adesso penso che . . . Non abbiamo ascol. . . Sì, sì . . .E poi ho sentito “imperato­re” non ho sentito “insegnante”.
Yuba: Sì. Sì. S,. Ah. Ah. Quando hanno parlato di,ginnastica mi sembra che la perso­na ti faceva lezione di,ginnastica. Allora … quando era,giovane, sì? In quel … si dice così? in quello tempo l’imperatore è venuto ma dopo …
Hiroshi: Ah! I’impe… Ahahah!! L’imperatore. Sì sì. Molto probabil…mente.
Yuba: Ma perché l’imperatore è venuto non so esattamente.
Hiroshi: Allora è possibile che quello può essere stato una causa che sua madre comincia­va a girare nell’Europa.
Yuba: È possibile.
Hiroshi: Ah! È possibile. Allora sono sicuro che non avessi sentito “insegnante”.
Yuba: Non c’è insegnante, allora, ma imperatore. Cosa ancora?
Hiroshi: Ma allora. Imperatore. Siamo sicuri.
Yuba: Per questo siamo sicuri.

Qui, come pure nelle precedenti consultazioni, è molto evidente come gli studenti convivano benissimo con vari gradi di incertezza. Possono tollerare di rimanere con informazioni fattuali mancanti o non complete perché poter usare la fantasia per fare ipotesi sembra essere altamente liberatorio dall’ansia e dare un risultato gratificante. E evidente che ciò è possibile solo se l’insegnante è sta­to/a convincente nel proporre questo metodo esplorativo di indagine. Spero che chi dei partecipanti al laboratorio aveva ancora timori sulla capacità degli studen­ti di poter convivere con un certo grado di insicurezza abbia trovato nel video la dimostrazione che è possibile. Mi sembra, anzi, molto normale e naturale. Tra l’altro lo studente a cui è stato ben spiegato l’obiettivo dell’attività e le ra­gioni perché si usano certe modalità e non altre, una sicurezza ce l’ha: il poter ascoltare diverse volte. Controversie e mancanze su informazioni fattuali, cor­rettezza di una parola, possono essere verificate in successivi ascolti. L’ascoltare ancora è una sorta di “rituale”, una cornice entro la quale si possono operare libere scelte seguendo la fantasia. È il punto di riferimento fisso al quale ogni studente ritorna e dal quale riparte. Si può soprassedere momentaneamente sul problema. Un esempio: Yuba e Hiroshi discutono sulla correttezza di una paro­la: si dice “iverno” o “inverno”? Osservate:

Yuba: Allora verso la fine hanno parlato di modo di viaggiare, quale periodo dell’anno partire li: di estate di iverno, così …
Hiroshi: Inverno.
Yuba: Iverno, eh?
Hiroshi: Inverno.
Yuba: Iverno. Capisci iverno? O di estate?
Hiroshi: Iverno. Non inverno? Iverno.
Yuba: Inverno, che cos’è?
Hiroshi: Inverno, ah! L’estate, I’autunno (conta le dita). Inverno.
Yuba: Sì. Ho sentito come iverno. No?
Hiroshi: Ah! Ah! Uhm …
Yuba: Iverno.
Hiroshi: Penso inverno.
Yuba: Iverno. (Ridono insieme)
Hiroshi: O.K. Fa niente adesso. Dopo.
Yuba: Oh, sì. Dopo. Vedremo dopo.

E dopo il “dopo” (leggi “il prossimo ascolto”) il problema sarà superato:

Hiroshi: … ancora più bella, più bello nell’inverno.
Yuba: Ah, ah. Sì. Capisco adesso.

L’altro aspetto che vorrei rilevare è la grande quantità di atti comunicativi svolti dagli studenti, cioè una massa di interlingua che fa di questa attività un momento molto favorevole per l’apprendimento. Per questo penso di poter af­fermare che la consultazione in coppie è sicuramente migliorativa rispetto allo studio individuale. Per lo studente il confronto con l’altro è utile perché può avere una verifica indiretta delle sue capacità linguistiche. Si cimenta nella lingua parlata per esprimere concetti, raccontare storie che non gli appartengono. Que­sto gli impone un terreno in cui la sfida è più alta che se partisse da sé. Ma per presentare le proprie opinioni deve diventare sempre più esperto nel saperle espri­mere e sostenere. La consultazione implica la pratica dell’interlingua, il diventa­re sempre più competenti sia come producenti che riceventi. E in questa palestra lo studente migliora partendo da sé e accettando di ricevere dagli altri: si auto­corregge, riceve correzioni, insegnamenti e ne dà:

Hans si autocorregge:

. . . suoi genitori viene in, vengono . . .
… e sua madre ha fatto un … faceva …
… dopo loro ha … incontravano

Accetta che l’altro lo corregga:

Hans: Ma lui è nato a San Giovanni in Laterano, allora lei è romano.
Hiroshi: Un romano, lei? Sua madre?
Hans: Lui. Lui è romano.

Prova lui a fare qualcosa di simile ma …

Hiroshi: Quindi lui ha qualche comini in Austria o
Hans: Uhm. Uhm. Sì cugini o?
Hiroshi: Cugini. Cugino, cugina.
Hans: Con doppia ‘g” eh? È scritto eh? Perché? eh? Non con “ze” eh? Cucina eh? eh? (ride)
Hiroshi: No, non cucina: cugina.
Hans: Sì. Sì. È … figli di …
Hiroshi: Del fratello o …
Hans: sorella di sua madre.

Altro esempio è la storia stessa tra Yuba e Hiroshi su “inverno”. Altri piccoli esempi li potete ritrovare nei pezzi che ho trascritto. Un altro ancora particolar­mente significativo:

Yuba: ha parlato anche di cos? Partire perferrovie. Capisci? Ferrovie: per treno. Si dice così in italiano? Treno; treni.
Hiroshi: Ah ah!
Yuba: Per viaggiare . . .
Hiroshi: È un treno speciale?
Yuba: Non so se è speciale o …
Hiroshi: Che cosa Ridetto? tr. . . (vorrebbe che l’altro ripetesse la parola “ferrovie”)
Yuba: Per fare questo giro per fare questo viaggio.
Hiroshi: Come si chiama il treno?
Yuba: In italiano?
Hiroshi: No. Ah! in francese?
Yuba: No. No. In italiano. Treno. Si dice così.
Hiroshi: Ah! Sì. Sì. Treno.
Yuba: Treno. Sì.
Hiroshi: Ah. Ah Pensavo che avessi detto del treno speciale.
Yuba: No. Non è speciale.

Hiroshi non è riuscito a farsi ripetere la parola “ferrovie” e a sapere cos’è, ma hanno fatto una conversazione che sembra un merletto!

Entrambe le coppie analizzate sono in un rapporto simmetrico, cioè in en­trambe le coppie gli studenti hanno un livello di competenza linguistica parago­nabile. È un fattore molto importante per la buona riuscita di una consultazione in coppie. Permette allo studente di misurarsi con un suo pari e dal suo pari ave­re e dare.

Altrettanto importante naturalmente è che tutto resti nell’ambito del gioco. Serio, ma gioco. E come nel gioco la competizione è sportiva, amichevole. Niente coltelli fra i denti: non si potrebbe parlare!

[1] di Humphris, C.. Luzi Catizone, R. & Urbani, S.; Bonacci editore: Roma, 1985.