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Indiana Jones nel tempio maledetto (Puzzle linguistico)

(durante la lettura è consigliato l’ascolto della colonna sonora dall’omonimo film)

Avendo vissuto l’esperienza dei Puzzle linguistico (Lingua puzzle) come studente, nel corso di questo seminario, voglio cercare di dare le mie impressioni da questo punto di vista.

Premetto che nella lezione c’erano due ingredienti fondamentali: l’insegnante che sa quello che fa e perché lo fa e un buon clima di collaborazione tra tutti oltre alla curiosità necessaria per continuare nell’avventurosa ricerca. Esistendo queste condizioni, non mi sono mai sentito abbandonato nella jungla di una lingua che ben poco conosco, forte della presenza di una guida sicura e della vicinanza di compagne di spedizione ricche, come me, di spirito di avventura. Dopo il primo ascolto, la jungla mi sembra più fitta di quello che mi aspettassi e l’impresa ardua, per non dire disperata: dal registratore escono suoni indistinti e minacciosi.

Questo è forse il momento più difficile; ognuno deve dimostrare a se stesso di avere del vero coraggio, che è quello che ti permette di non farti condizionare ed anzi controllare, la paura: paura di essere lì, paura che gli altri siano meglio di te, paura di quello che potrebbe dirti l’insegnante, paura di non riuscire ad arrivare fino in fondo, paura di non essere bravo come credi, paura di fallire.

Arriva il momento della prima consultazione e mi accorgo che anche la mia compagna di viaggio arranca. Ci diamo l’un l’altro, il poco che abbiamo.

Continuiamo ad ascoltare la registrazione ed a scambiare le informazioni, anche con le altre amiche. Ne esce un vero e proprio “puzzle” che si arricchisce via via di tasselli ed il movimento tra gli arbusti ed il fogliame si fa più spedito e più sicuro. Poi la nostra capace guida ci offre il suo aiuto che si concretizza in ulteriori indicazioni. Così facendo, improvvisamente, arriva il momento in cui si dirada la vegetazione e là nella radura, in un bei pomeriggio di primavera, vediamo il tesoro. La soddisfazione di averlo trovato non fa neppure pensare a come sono arrivato lì. So, però, che è un processo magico e misterioso che aumenta la fiducia che ho in me stesso ogni volta che confronto l’ostacolo iniziale con il mio risultato. E nasce la voglia di riprovare, di partire per una nuova avventura.

Dopo l’avventura, la discussione a cui ha partecipato la guida (l’insegnante), i nostri eroi (gli studenti) e gli spettatori (un gruppo di osservatori). Come è giusto che sia, i dubbi e le perplessità maggiori sono arrivate da questi ultimi, a cominciare dal perché proporre questa attività. In effetti rispondere, come è stato, che questa è una riflessione grammaticale che gli studenti gestiscono in proprio su un brano di lingua autentica, è dire tutto se hai saggiato l’attività vivendola da studente o proponendola in classe un buon numero di volte, ed è dire niente se non ne hai avuto esperienza.

Infatti, come diceva il saggio, ogni cosa che si dice può essere contraddetta a parole, ma ogni cosa che si dimostra con l’esperienza è un fatto e può essere smentita solo da altri fatti.

Più avanti è venuto a trovarci, come già in precedenti seminari, il fantasma che prende il nome de “la soluzione” intesa come verifica alla fine di un lavoro. Le posizioni hanno toccato tutte le posizioni dal “sì, sempre” al “no, mai”.

Cercando di approfondire, più che una risposta ne è uscita una domanda. Ogni convinzione a questo proposito ha mille serie motivazioni, ma a monte è utile che io insegnante mi interroghi sul perché do o non do la soluzione: perché gli studenti si rassicurano?, perché io sono rassicurato dal vedere gli studenti rassicurati? Chi rassicura chi? Quanto gioca la mia ansia intrecciata alla loro? È il gioco degli specchi. Sappiamolo!

Nel caso in cui la motivazione sia riconducibile all’ansia mia e loro, viene a mancare uno dei presupposti di questa ed in fondo di tutte le attività proposte in questi anni nei seminari Dilit International House, che è lo spirito di avventura e di ricerca. Un avventuriero ed un ricercatore non possono avere la certezza che il loro risultato è assoluto, ma possono essere consapevoli della dignità e della serietà del loro lavoro e della voglia di continuare ad andare avanti. Se riesco a risolvere questo problema, saprò se dare o non dare la soluzione, di volta in volta.

Altro interessante tema della discussione è stato quello relativo alla scelta del brano del Puzzle linguistico (Lingua puzzle) e collegato a questo, il criterio da adottare per valutare la “progressione”. Molto si è discusso su quest’ultimo termine in quanto, se da una parte si era d’accordo che non è opportuno proporre lo stesso brano a principianti e ad avanzati, dall’altra risulta abbondantemente superata la “progressione lineare” (presente – passato prossimo – imperfetto – …).

Se consideriamo i bisogni dello studente e non il rassicurante “ordine grammaticale”, dobbiamo renderci conto che esiste una progressione, ma è nelle esigenze pratiche che vanno superate: chiedere informazioni, comprare qualcosa, cambiare un biglietto e poi litigare col padrone di casa, parlare d’amore fino a dibattere sul senso della vita. Questa è la proposta che è già da 11 anni nel Comunicare subito che si basa su vicende comunicative nelle quali lo studente deve avventurarsi ed il cui superamento determinerà il progresso linguistico e psicologico, che in ogni caso sarà individuale ed irripetibile.

Un elemento da non sottovalutare mai, come bene è emerso, è la realtà specifica di ogni collega. Se però è vero che se un principio vale, vale sempre, si tratta allora di modificare, aggiustare, ricercare come nel particolare è applicabile un principio. Non possiamo chiedere allo studente di essere Indiana Jones, se non lo siamo noi per primi.

Credo che quello che avete tra le mani, il Bollettino, possa essere una buona sede di discussione per chi, con lettere ed articoli, voglia dire la sua esperienza ed i suoi dubbi, al fine di capire di più, tutti insieme.

Alla prossima avventura!