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La Fantasia ovvero “la vispa Teresa”

Documentazione

  1. La registrazione audio di un brano di conversazione autentica della durata di circa 3 minuti presentata ad una classe di livello postprincipiante (più d 100 ore di studio).
  2. La registrazione audio della prima consultazione fra due studenti dopo ave ascoltato il brano soprammenzionato.
  3. La registrazione audio di un altro brano di conversazione autentica della dì rata di circa 3 minuti presentata ad una classe di livello postprincipiante (pii di 100 ore di studio).
  4. La registrazione audio della consultazione fra due studenti dopo aver ascoltato il secondo brano, menzionato in 3.

Modalità del laboratorio

  1. I partecipanti ascoltano il primo brano proposto ad una classe di livello postprincipiante.
  2. I partecipanti ascoltano la registrazione della consultazione fra due studenti a cui l’insegnante ha detto di parlare della cassetta.
  3. I partecipanti ascoltano il secondo brano, proposto ad un’altra classe, anche questa di livello postprincipiante.
  4. Informo i partecipanti che l’insegnante che aveva proposto quel brano ali sua classe ha scritto alla lavagna, prima di far consultare gli studenti, lo schema seguente:

            NO                                       

     RAZIONALITÀ                 FANTASIA

     OGGETTIVITÀ                 INVENTA QUELLO CHE NON HAI CAPITO

     SCIENTIFICITÀ

     LOGICA

     2+2=4                               2+2= ☼

       5. I partecipanti ascoltano la registrazione della consultazione di due studenti.

Prima di iniziare la discussione ci mettiamo d’accordo di non prenderò in considerazione parametri del tipo: difficoltà del brano, qualità dello studente, ecc., in quanto una discussione su tali temi ci avrebbe allontanato dal nostro tema centrale, e cioè: a cosa serve sollecitare lo studente ad usare la fantasia nell’attività di Ascolto autentico?

La prima cosa notata dai partecipanti è stata che gli studenti della prima con­sultazione (punto b) hanno parlato poco mentre gli studenti della seconda con­sultazione (punto e) hanno parlato molto. Nella prima conversazione c’era stata la fredda e scarna elencazione delle poche cose capite; nella seconda invece la quantità di parlato era copioso e il ‘clima’ della conversazione leggero e sereno. La leggerezza, appunto, è stata la cosa che maggiormente ha colpito tutti. Una leggerezza palpabile. Sembrava di vederla, quella studentessa che parlava nella registrazione, tranquilla mentre elaborava la sua storia.

A questo punto ci siamo chiesti il perché di questo comportamento così di­verso dagli altri due studenti precedentemente ascoltati. Dalle varie risposte ot­tenute abbiamo ricavato una convinzione che, di fatto, si è trasformata nel perno sostanziale della nostra discussione e cioè: lo studente sottoposto all’ascolto di un brano di lingua autentica dichiara di sapere meno di quanto in realtà sa.

Dato e accettato questo postulato, abbiamo cercato di analizzarlo (d’altron­de eravamo in un laboratorio!). Che succede dentro la testa del nostro povero studente quando ascolta un brano? Emulo della ben nota e vispa Teresa, cerca di acchiappare qualche parola con un retino fatto di esperienze passate, ricordi assonanze, similitudini con la sua lingua, connessioni logiche, invenzioni. Un gran lavorio dunque, una gran massa di dati preziosi.

Se alla fine dell’ascolto chiedessimo a questo studente che cosa ha capito, ecco che improvvisamente ci troviamo di fronte uno studente timido, insicuro, autodenigratorio, impacciato, nervoso. Le risposte più frequenti: “Niente”; “Quasi niente”; “Pochissimo”. Altro che vispa Teresa. Perché mai non tira fuori quella massa di dati preziosi incamerati durante l’ascolto? Ma è chiaro: non vuo­le fare brutta figura dicendo cose sbagliate, non vuole rischiare che l’altro stu­dente si metta a ridere per le sue fantasie.

A questo punto mi pare che il problema si stia delineando in maniera più netta: bisogna trovare la chiave adatta che permetta allo studente di aprire la sua mente, di eliminare gli ostacoli che si frappongono fra tutta quella massa di dati preziosi incagliati nella sua mente e l’altro studente. L’intuito e l’esperienza ci dicono che se lo studente adoperasse tutti i dati incamerati durante l’ascolto e li esponesse al suo collega e altrettanto facesse l’altro, la comprensione aumente­rebbe considerevolmente.

Bisogna dunque abbattere questo blocco psicologico che ammutolisce quasi il nostro studente. La proposta è questa: sollecitarlo ad usare la fantasia. La fan­tasia può essere quel “salvagente” che lo autorizzerebbe a osare di più, a” parlare di più, ad esplicitare tutte quelle supposizioni, immagini, connessioni che erano impigliate nella rete che aveva dispiegato mentre ascoltava.

Sollecitare ad usare la fantasia è la chiave che può aprire quello scrigno pieno di dati che è la mente dello studente. È uno strumento efficace perché lo studen­te capisce che non ha un compito da svolgere, un obiettivo da raggiungere. La tensione scende, può permettersi di inventare, giocare, creare. E, poiché tutto quello che dice non è mai del tutto casuale, alla fine della sua esposizione lui avrà svuotato tutto ciò che era rimasto nella sua rete dispiegata durante l’ascol­to. Non solo, ma il verbalizzare tutti quei dati ha dato luogo a nuove idee, a connessioni, invenzioni che non possono che essere d’aiuto allo studente lungo la strada di una migliore comprensione.

Invitiamo, dunque, gli studenti ad inventare, diciamogli che sono liberi di inventare, diamogli il tempo di parlare durante la consultazione. Più parlano me­glio è. Miriamo a creare un clima di leggerezza intorno a questa attività, “vincia­mo la tensione con l’immaginazione” potrebbe essere il nostro motto.

Queste considerazioni comportano delle conseguenze se vogliamo essere coe­renti noi stessi e onesti verso gli studenti: qualunque tipo di test, esercizi o simili sottoposto agli studenti dopo avergli fatto tutto il discorso sulla fantasia ha il sapore di “fregatura”. Pertanto test, fogli lavoro, esercivi vari non trovano po­sto nell’attività che abbiamo finora trattato, perché qualsiasi compito, obiettivo da raggiungere, dissolverebbe quel clima di libertà così necessario all’apertura della mente del nostro studente.