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Premessa all’Analisi conversazionale nell’insegnamento linguistico

La decisione di scegliere questo tema deriva da riflessioni sulla “rivoluzione comunicativa” degli anni settanta. Più di 30 anni dopo, chi ha partecipato a quella rivoluzione si trova in una posizione in qualche modo analoga a quella di chi ha partecipato alle lotte femministe di quegli anni. Cioè, il mondo è cambiato, però meno di quanto si sperava. E per di più, sembra ci sia ora più distrazione, meno attenzione, meno interesse ad individuare gli aspetti ancora incompleti di tale rivoluzione e a difendere ciò che è stato conquistato.

Insomma, nella fattispecie, nonostante siano stati creati tanti modi nuovi di fare grammatica, modi più coinvolgenti, più impegnativi delle facoltà cognitive dello studente, più attenti  all’empowerment dello studente, il materiale didattico e gli insegnanti tendono a limitare la richiesta di attenzione soltanto a singoli punti morfosintattici. Certo, spessissimo tale lavoro viene fatto sviscerando testi autentici e non più singole frasi inventate, e questo è un grande passo avanti. Ma la sfida lanciata da Dell Hymes (il sociolinguista americano – considerato da qualcuno il padre dell’approccio comunicativo – e che è colui che ha coniato il termine “competenza comunicativa”), secondo il quale la lingua non è fatta di frasi, bensì di testi, dovrebbe portarci ad esplorare con gli studenti non soltanto singoli fenomeni frasali contenuti nei  testi, bensì quei fenomeni che contribuiscono alla costruzione stessa del testo in esame. Ovviamente non stiamo parlando soltanto di testi scritti. Anzi, il testo canonico, quello più diffuso, quello più ricco e dotato di fenomeni da studiare è la conversazione