Le frasi strapazzate
Quest’anno il lavoro da me svolto era di carattere squisitamente esercitativo. Si trattava, cioè, di presentare ad un gruppo di colleghi stranieri, peraltro di competenza linguistica molto buona, due attività di lettura: quella autentica e quella analitica.
Ognuna delle due attività ha avuto 45 minuti a disposizione per essere espletata. Fra i due tipi di lettura c’è stato un robusto “diaframma” rappresentato da più di mezz’ora d’intervallo. Questo per dire, nei fatti, che erano due attività ben distinte, che, insomma, si voltava pagina.
La Lettura autentica
Si è svolta nel seguente modo: gli “studenti” hanno avuto la possibilità di leggere il testo quattro volte. Ogni volta hanno avuto a disposizione quattro minuti. Dopo ogni lettura c’è stato un momento di socializzazione a due piuttosto lungo, intorno ai 6‑7 minuti, ed io mi sono ben guardato dall’abbreviano proprio perché attribuisco ad esso un’importanza vitale. Fra la terza e la quarta lettura ogni studente ha scelto 5 parole difficili da chiedermi, ma poi, ricostituendosi la coppia, le ipotetiche 10 parole, fatte le dovute ipotesi e inferenze, dovevano dai due studenti essere portate a tre. Nella realtà io mi sono limitato a fare un giro della classe chiedendo ad ogni coppia se c’erano problemi e da ognuna mi è stato fatto un solo quesito riguardante il vocabolario: questo va detto anche per testimoniare la buona competenza dei componenti il gruppo.
Perché 4 minuti e non più? Prima di tutto per evitare che si cominci a fare analisi grammaticale od altro già dalla prima riga, snaturando così un tipo di lettura che abbiamo chiamato “autentica”. E poi perché, solo avendo tempi stretti, si possono mettere in movimento tutte quelle abilità tipiche di una lettura autentica ben fatta. Volendo, così a braccio, presentare qualcuna di questi abilità, non possiamo non ricordare l’importanza di farsi una prima, orientativa idea del testo, cercandone le coordinate essenziali, che formano la cosiddetta cornice del testo o “frame”. Poi viene pian piano la comprensione dei sensi primari, che costituiscono la macrostruttura del testo. Di qui si riparte per elaborare i sensi indiretti e associati, spesso suggeriti dalle forme del linguaggio. Navigando oltre, ci sarà un approfondimento delle relazioni fra il testo ed il contesto storico e sociale in cui esso è collocato. Va da se che quest’ultima fase è tanto più incisiva ed efficace, quanto più ampio e profondo è il bagaglio delle conoscenze di chi legge, insomma la sua enciclopedia. Proprio questa ricchezza enciclopedica, quando c’è, permette di attivare tutta una serie di inferenze interpretative sul testo, sia da parte del singolo studente che da parte della coppia quando si socializza. Detto tra parentesi, talvolta ho notato che nel lavoro di coppia si realizzano forme si sinergia altamente produttive, perché la lettura, così come l’ascolto, è molto soggettiva e così, durante la socializzazione, c’è l’incontro di due mondi diversi, di due esperienze diverse, che esplorano collaborando ciò che hanno recepito durante la lettura veloce. É ovvio che la socializzazione va fatta dopo aver capovolto il foglio. Per questo motivo, come accennavo prima, io non fermo mai il momento della socializzazione di coppia se non dopo aver percepito la naturale estinzione dell’attività stessa.
Perché abbiamo letto quattro volte?… Mah! Perché, dato l’alto livello della classe, sembra un numero sufficientemente alto per capire il testo. Comunque, se si arrivasse a leggere più di quattro volte… beh!… niente di male, anzi!
La Lettura analitica
Sempre utilizzando il testo su cui si era svolta la Lettura autentica, è partita, dopo uno “stacco” di più di mezz’ora, la Lettura analitica. Tra le tante possibilità di allestimento ho scelto quella della coesione e coerenza testuali. In pratica ho ritagliato dal testo cinque periodi, dislocati ogni 10‑15 righe. Li ho poi “strappazzati” cambiando l’ordine delle parole o di gruppi di parole. Li ho quindi, così disordinati, riattaccati nello spazio che prima occupavano. L’attività in classe s’è svolta nel seguente modo: gli studenti hanno lavorato 15 minuti individualmente e 15 minuti in coppia, con l’obiettivo di rimettere in ordine i singoli periodi. Per farla breve, voglio dire che tutto è stato fatto, e bene, nei tempi previsti, anzi c’è stato anche un momento finale per quesiti e commenti. La classe era interessata e soddisfatta. Per il divertimento di chi legge questi Atti, è qui di seguito riprodotto il testo dell’esercitazione.
Ciò che avrei voluto aggiungere era un’ulteriore complicazione esercitativa consistente nel cambiare l’ordine dei periodi già strapazzati di modo che gli studenti potessero anche cimentarsi nel ritrovare il “filo del discorso”. Ci sarebbe stata, insomma, un’esercitazione di coesione e coerenza testuali più ingarbugliata. Ma, per rimanere nel tempo assegnatomi, ho dovuto desistere da quest’ultima “crudeltà”.
Per chiudere questo scritto, voglio ricordare che, siccome il gruppo era formato da colleghi insegnanti che partecipavano ad un seminario sulla lettura, ho ritenuto interessante scegliere un testo sull’argomento in questione facendo così un’operazione di “loop” (1). Il testo è stato estratto dall’opera La comprensione dei testi di Maurizio Della Casa, il nostro relatore ospite.
Note
(1) Il termine “loop” non è mio, ma l’ho mutuato dal testo di Tessa Woodward intitolato “Models and Metaphors in Language Teocher Training” edito per i tipi della Cambridge University Press nel 1991.
(2) Maurizio Della Casa, La comprensione dei testi, Franco Angeli, 1991
Allegato: il testo (estratto da La comprensione dei testi di Maurizio Della Casa)
1.4.2. L’interazione testo‑lettore, le aspettative
I significati non vengono semplicemente “acquisiti” dal testo, che li recherebbe compiutamente inscritti nella propria codificazione segnica, ma sono prodotti come si è visto attraverso una transazione operativa fra il testo e il lettore, in cui il primo offre i dati orientativi con cui confrontarsi, il secondo li elabora immettendo nel processo la propria cultura, i propri schemi cognitivi, le proprie attese. Non assunzione o mero trasferimento, dunque, dalla pagina scritta alla mente del lettore, ma costruzione in cui interviene in larga misura ciò che egli conosce la
Il lettore capisce solo se è in grado di mobilitare il proprio sistema di conoscenze, che riguardano non solo la lingua, ma anche e soprattutto il mondo, la realtà nei suoi vari aspetti (ciò che gli psicologi e gli studiosi di semantica chiamano generalmente enciclopedia), i testi e le loro convenzioni. L’intervento di questi quadri conoscitivi, agli effetti della comprensione, è determinante, e il possesso di un sapere articolato sui vari piani, così come la capacità di attivarne funzionalmente i contenuti in relazione alle diverse esigenze costituiscono condizioni pregiudiziali per il successo della lettura.
La comprensione va necessariamente pensata, perciò, come risultato delle dinamiche che si producono in un sistema integrato testo-lettore, in cui è quest’ultimo ad esercitare il ruolo operativo e direttivo. Possiamo cercare di precisare questo ruolo, identificando gli apporti fondamentali del lettore al sistema di cui s’è detto:
- quadri conoscitivi;
- processi operativi di elaborazione/organizzazione del senso;
- aspettative.
Per quanto riguarda i primi, si è già visto che essi riguardano vari piani, e che i loro contenuti vengono attivati in relazione agli stimoli introdotti dai dati linguistici (e, come vedremo, a ciò che si ritiene di doversi aspettare da essi), così che possa essere realizzata la proiezione da tali dati a rappresentazioni concettuali della realtà/esperienza.
Crediamo invece che essi vadano pensati come qualcosa di più organico e strutturato: diciamo come modelli organizzati del mondo o come sistemi di sapere, in cui le conoscenze sono reciprocamente relazionate, così da ordinarsi in insiemi o campi (variamente etichettati come frames (sceneggiature), cornici, schermi, ecc.: cfr. Eco 1979, Goffman, 1974, de Beaugrande‑Dressler, 1981). I quadri conoscitivi potrebbero essere assimilati, in altre parole, ad archivi “ragionati”, costituiti di tante schede a soggetto, ciascuna delle quali contiene pacchetti strutturati di conoscenze relative a situazioni, processi, settori nozionali (è facile immaginare “schede” che riguardano, poniamo, gli aerei e il volo, la casa, lo spettacolo, gli incontri di calcio, la metereologia, e così via).
Ciò che il lettore richiama, a partire dagli indici testuali, non sono perciò soltanto singoli spezzoni concettuali, ma interi schemi, grazie ai quali ciò che suggerisce il testo, oltre ad essere somaticamente riconosciuto, è situato in contesti estesi di sapere con i quali interagisce, così da esserne, in vario modo, integrato e interpretato.
I processi operativi costituiscono, evidentemente, il motore dell’intero sistema: è per loro mezzo che vengono elaborati i diversi elementi in gioco (indici testuali, conoscenze, ecc.) così che possa essere generata, come risultato, la comprensione. La nostra ipotesi è che dalla efficacia e dalla organicità con cui i processi vengono gestiti dipenda in larga misura la qualità della lettura, e che occorra perciò ipotizzare che essi siano attuati in base a strategie o piani articolati e razionali che il soggetto è venuto maturando e definendo nel corso di ripetute esperienze di lettura, e che riapplica sia cure in modo flessibile in ogni nuova occorrenza.
Non si potrebbe capire come funziona complessivamente il sistema testo‑lettore se non si tenesse conto, infine, delle aspettative con le quali il lettore si avvicina al testo e, via via, lo viene interpretando. Delle aspettative, attese 0 previsioni che vengono applicate al testo e che orientano l’azione di lettura si è parlato molto, e in varie prospettive, nella lettura psico‑linguistica e pedagogica (cfr. ad es. van Dijk‑Kintisch, 1977, Ciliberti, 1983). Sicuramente, si tratta di un aspetto di grande importanza agli effetti di un chiarimento dei meccanismi della comprensione, che va assi oltre quei livelli fonologici o lessematici ai quali spesso viene limitata l’indagine:
A nostro avviso, dovrebbe essere evitata la spiegazione semplicistica e, tutto sommato, poco utile secondo la quale “prevedere” significherebbe essere in grado di scommettere quale sarà, dopo l’evento A, l’evento B più probabile (per esempio, quale parola potrà seguire a una parola data). Il della previsione di lettura non funziona (se non in pochi casi, e generalmente al livello linguistico superficiale) nel senso di una predizione identificatoria, ma in quello al contrario di una eliminazione anticipata delle alternative improbabili, dunque di una riduzione delle possibilità.